sabato 19 marzo 2016

"Che vorrà il Buon Gesù da me?"

"Che vorrà il Buon Gesù da me?"
Era la domanda che Madre Speranza si poneva ogni giorno. Per avere una risposta pregava, si metteva in ascolto di Dio, soprattutto chiedeva aiuto al suo Padre Spirituale.
Nel suo Diario aveva scritto: "Il Buon Gesù mi ha detto che Lui desidera servirsi di me per compiere grandi cose".
Ma di quali cose si tratta? E in che modo? E... proprio di me che non valgo nulla vuole servirsi?
Sa soltanto che dovrà portare a termine un'opera per la cui realizzazione si sarebbe ritrovata sola, abbandonata da tutti. Intravede anche che questa opera, per l'immediato, consiste nella creazione di qualcosa a favore non delle giovani che po­tevano pagare, ma della gioventù più povera e più bisognosa. Ne parlò, oltre che con il Padre Spirituale, anche con i suoi Superiori e con il Vescovo perché si trattava di modificare le Costituzioni. Esse, infatti, secondo Madre Speranza, consen­tivano, sì, una intensa vita di contemplazione, ma non garanti­vano una piena attenzione e condivisione con i poveri. E lei sentiva, nelle profondità del suo cuore, proprio questo: un forte desiderio di unire alla vita contemplativa la cura dei più biso­gnosi. Sembrava anzi che quanto più cresceva la sua unione con Dio tanto più aumentava il suo desiderio di avvicinarsi come buon samaritano ai fratelli più bisognosi.
Tra le suore che componevano il consiglio generale, alcune le erano favorevoli, altre no. Il Vescovo da parte sua accolse con entusiasmo la proposta e chiese di fare un tentativo nel col­legio di Calle Toledo. Lì si aprì un internato e vennero accolte bambine povere. Madre Speranza, oltre ad essere economa e vicaria, si incaricava personalmente di esse.
L'esperienza fu positiva e le prospettive di sviluppo erano buone.
Ma nel Natale del 1927 avvenne un episodio straordinario e determinante che la stessa Madre Speranza racconta con ric­chezza di particolari e con il suo solito buon umore.
Un mese prima della grande festa di Natale cominciò a pen­sare che per quella circostanza non poteva esserci niente di più bello che dar da mangiare a molti poveri. Si rivolse alla Madre Superiora dicendo: "Madre io credo che sarebbe bene, durante le feste di Natale dare da mangiare a tutti i poveri che vorranno venire a questa nostra casa". Quando mancavano soltanto tre o quattro giorni tornò di nuovo dalla Superiora per chiederle la stessa cosa. "Di quanto denaro disponi per comprare ciò che è necessario per dar da mangiare a questi poveri?"- chiese la Superiora. "Ho solo 300 pesetas". "Va bene. Con questo dena­ro compri quello che può, lo metta in disparte e non prenda nulla dalla dispensa". Con 300 pesetas cosa si poteva compra­re? Non più del necessario per due o tre persone! Era già qual­cosa... un po' di carne, di olio, di frutta: ecco tutto quello che lei poteva mettere, ma a Gesù cosa sarebbe costato aggiungere il resto?
Il giorno di Natale vide arrivare fin dal mattino, come fioc­chi di neve, una quantità incredibile di poveri. La Superiora, spaventata, chiama Madre Speranza e le dice: "Venga a vedere: ... Crede che tutti questi siano veramente poveri?". "Penso di sì". "E chi li ha chiamati?'. "Io no, Madre; sarà stato il Signore!".
"Cosa pensa di fare a questo punto, Madre Speranza?"
Con una fede immensa e con una fiducia illimitata andò in cappella e così pregò: "Signore non hai forse detto: ‘Chiedete e vi sarà dato...? Non sei stato tu a mandare questi poveri?’.
"Il Signore - conclude Madre Speranza - fu così generoso che dopo aver dato con abbondanza da mangiare a tutti quei poveri, che tra uomini e donne erano più di quattrocento, avanzò carne, olio e frutta per due o tre mesi".
Il problema nacque quando si trattò di sistemare tutte quelle persone. Si decise per un loggiato che era nella casa.
Era bello, il giorno di Natale, vedere tutti quei poveri man­giare serenamente, pieni di gratitudine verso Dio e verso le suore che erano state la mano provvidente di Dio. Ma all'im­provviso arrivò una signora tutta risentita. Era una delle padrone della casa, una delle.... "Signore Cattoliche" che reg­gevano la casa. Apostrofò Madre Speranza, la colpevole di tutto, dicendo: "Chi le ha dato il permesso di far entrare tutta questa gente a sporcare la casa?". E Madre Speranza candida­mente: "No, signora, non sono venuti a sporcare la casa, ma a mangiare, perché oggi è Natale anche per loro". Si guardi bene - replicò la signora - dal portare un'altra volta tutta questa gente in casa; questo potrà farlo quando la casa sarà sua". A Madre Speranza non restò altro da fare che andare in cappella, come una povera sfrattata e mettersi in ascolto del Buon Gesù che le disse: "Speranza, dove non possono entrare i poveri, non devi entrare neanche tu. Parti subito da questa casa". "D'ac­cordo, Signore, ma dove vado?" - fu la pronta risposta di Madre Speranza. E si mise alla ricerca di un luogo per i suoi poveri.
Non fu questo l'unico contrasto con la Giunta delle "Signore Cattoliche". Altri ne seguirono e si giunse alla deci­sione di abbandonare la casa. Essa si chiuse il 29 dicembre 1928.
Il giorno stesso la Madre Generale accompagnò alcune suore in un'altra casa, trovata subito, provvidenzialmente, in Calle del Pinar.


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