martedì 8 marzo 2016

PREGHIERA

Preghiera senza consolazione e inascoltata
La preghiera senza consolazione
Nulla è più dolce della consolazione nella preghiera. Chi è arrivato a gustare qualche volta quanto è dolce il Signore, facilmente pensa che sia valida solo la preghiera che si accompagna alle consolazioni. È un errore, perché ciò che conta non è quello che noi sperimentiamo nella preghiera, ma ciò che da essa Dio riceve, e spesso Dio riceve di più quando a noi sembra di aver ricevuto di meno.
Non è difficile pregare con fervore quando si gode della consolazione. Ma continuare a pregare nella desolazione glorifica il Signore; denota una fede solida, una ferma speranza, una carità fedele e vero amore.
Ricordiamo che, per essere esauditi, le nostre domande devono sempre avere questa condizione: la maggior gloria di Dio. Non il piacere o il dolore delle creature, ma la gloria di Dio: a questo deve essere orientato tutto. Non la mia volontà, ma quella di Dio.
Molte volte, soprattutto quando siamo nella tribolazione, importuniamo il cielo con richieste che ci sembrano buone, ma inutilmente, perché il Signore vuole il sacrificio. Vuole che il cuore, anche se al limite della disperazione, si sottometta alla dura sorte che Egli gli presenta. Vuole che gli offriamo il profumo della perfetta rassegnazione e che ripetiamo tante volte: Dio mio, non la mia, ma la tua volontà.
Se desideriamo sinceramente pregare bene, guardiamo Gesù nell’orto degli ulivi
Ci presenta tutte le condizioni esterne necessarie ad una perfetta orazione.
 Si allontana anche dagli amici più intimi, per insegnarci che è necessario separarci dagli uomini se vogliamo parlare con Dio.
 Prega in silenziosa solitudine per insegnarci che dobbiamo pregare lontano dal chiasso e dalle faccende degli uomini.
 Gesù si pone in ginocchio, con le mani giunte in atteggiamento di profondo rispetto e compostezza. Il giungere le mani indica, in certo modo, essere come schiavo legato davanti a Dio. Inginocchiarsi è farsi piccoli, umili davanti a Dio. Prostrarsi a terra è prendere la posizione della vittima che, disposta a ricevere il colpo mortale, dice: eccomi, fa’ di me quello che ti piace.
Come conservate la compostezza esteriore nella preghiera?
Considerate che questo contegno rispettoso è già preghiera. È espressione di fede e contribuisce a disporre lo spirito al raccoglimento, a suscitare e ravvivare la coscienza di stare alla presenza di Dio. Un contegno di profondo rispetto edifica gli altri e li invoglia a pregare. Dato che pregare è mendicare, l’atteggiamento umile e riverente del mendicante appoggia e sostiene la preghiera e la rende efficace per ottenere le grazie che chiede.
La preghiera di Gesù nell’orto ebbe anche tutte le condizioni interiori essenziali per essere autentica:
 la fiducia filiale espressa con il dolce nome di «Padre». Pur in un’amara sofferenza Dio non cessa di essere Padre, anche quando lascia pesare su di noi la sua mano, anche quando sembra averci abbandonato nell’oscurità e nella desolazione interiore. Chiamarlo ancora Padre in tali momenti indica una sincera fiducia.
 L’obbedienza e il perfetto abbandono alla volontà di Dio: «Si compia, Dio mio, la tua volontà anche se mi fa molto soffrire. Si compia, Dio mio, la tua divina volontà anche se non la comprendo. Si compia, Dio mio la tua divina volontà anche quando non la vedo. Si compia la tua volontà in tutto e per tutto».
Soprattutto nella sofferenza dobbiamo essere molto osservanti nell’adempimento del nostro dovere ed avere ancora più mansuetudine.
Se tutto si presenta piano, senza ostacoli, e percorriamo una strada ben delineata, in situazioni gradite che rendono semplice la vita, tra lodi e onori che addolciscono i nostri doveri, è facile essere precisi nel compimento del dovere. Ma diventa molto difficile, quando per indisposizione del corpo o dell’anima, si perde il gusto di ciò che si deve fare e il dovere è offuscato da ombre oscure. In tal caso è facile assecondare la tentazione di abbandonare tutto, soprattutto di trascurare la cura degli altri per preoccuparci solo dei nostri mali e dispensarci dagli obblighi che esige la nostra vocazione: carità, sacrificio, abnegazione e lavoro. Il Maestro ci dà l’esempio. Egli non solo si sacrifica e soffre per tutti, ma arriva a dare la vita, e lo fa senza alterarsi, nonostante la sua anima sia gravata dalla sofferenza interiore.
Nonostante la debolezza, il tremore delle gambe, e un’altissima feb­bre, tre volte torna dai suoi per avvisarli e premunirli, come buon Padre e Pastore delle loro anime.
E noi? Quando si soffre diventa difficile il compimento fedele e costante dei propri doveri, ma ancor più conservare la mansuetudine, la pazienza e la benignità. Le sofferenze del corpo e il turbamento interiore, infatti, scoraggiano l’anima, la caricano di eccitazione, la impressionano vivamente, la rendono elettrica, ferita e piagata, per cui qualsiasi rapporto con gli altri le procura forte agitazione.
Come è facile per chi ha delle responsabilità avvertire l’impulso di far pesare sugli altri gli effetti della propria amarezza, con violenti rimproveri, impazienze ed un continuo malumore.
Non è questo l’insegnamento di Gesù. Egli avvisa e rimprovera con fermezza e dolcezza i discepoli, come è suo compito, ma senza agitazione e senza parole pungenti o offensive; nonostante il loro comportamento sia totalmente contrario a quanto Egli ha loro insegnato e a mala pena scusabile. Ma il cuore mite e buono di Gesù, colmo di compassione per la loro debolezza, trova parole di scusa. Sebbene cadano per tre volte, li tratta come figli deboli e dice: «Lo spirito è pronto, ma la carne è debole».

Quante volte anche noi abbiamo riscontrato una simile debolezza perfino nelle persone migliori. Ciò che più mi fa soffrire e mi stupisce è vedere i miei figli cadere nei medesimi errori, debolezze e miserie, nonostante tantissime esortazioni; non è sempre facile mantenermi indulgente e benigna. Ci sono riuscita solo quando, nel mio dolore, ho fissato lo sguardo sul buon Gesù e ho visto che lui si è mostrato mite proprio quando la sua anima era più afflitta: nell’orto, nel cammino verso il Calvario e sulla croce.

Amare senza distinzioni

Amare senza distinzioni


Tante volte, anime desiderose di progredire nel cammino della propria santificazione, si chiedono quali occasioni si possono presentare per compiere atti di virtù.
Sono tutte le occasioni che ci permettono di fare il bene senza distinzioni, o meglio con preferenza per coloro che ci offendono e ci mortificano, per coloro che sono più antipatici e disgraziati.
Esercitandosi continuamente in ciò che più costa, si arriva a dominare la nostra natura e il nostro cuore impara a superare ogni resistenza.
La carità è tanto più meritoria quanto più è difficile. Meno amabile è la persona che si deve assistere, più ci si santifica amandola, con la sicurezza di amarla solo per Dio; ricordate che la condizione indispensabile per praticare la carità fraterna è saper vedere Gesù nei nostri fratelli.
La carità senza limiti richiede un lavoro duro e molte volte scoraggiante. Non dovete credere, infatti, che i beneficati riconosceranno il vostro lavoro e vi saranno grati, oh no! al contrario, essi crederanno di aver diritto a ricevere tutto quello che fate e anche molto di più. Per questo, invece di parole di gratitudine, potrebbero avere per voi rimproveri, avversione e forse anche odio, soprattutto in questi tempi calamitosi.
Madre Speranza

PENSIERI DI MADRE SPERANZA

Abbandoniamo il nostro amor proprio e l'io, e cerchiamo il buon Gesù

Care figlie, si avvicinano le feste di Natale e credo che, come sempre, vi starete preparando a ricevere nei vostri cuori il divino Bambino.

Spero che noi tutte andremo a cercarlo, senza aspettare che Egli venga a cercare noi, e così incominceremo la nostra giornata seguendo l'esempio dei santi Re Magi. Essi uscirono dalla loro patria per andare in Giudea, lasciando ricchezze e benessere; e noi usciamo da noi stesse lasciando il nostro io, l'amor proprio e il desiderio del benessere.

I Re Magi si dedicavano alla contemplazione del cielo, e Dio, che spesso negli inviti che ci rivolge si adatta alla nostra condizione, per meglio aiutarli, inviò loro una stella che li guidasse alla grotta. Essi seguirono la stella con prontezza, gioia e fedeltà, passando solo dove essa indicava, con fede, sicuri che avrebbero trovato il Neonato. In tutto questo vediamo la corrispondenza alla grazia, alla chiamata del nostro Dio, e il modo di corrispondervi.

Abbiamo noi corrisposto all'invito della grazia e della vocazione come i santi Re Magi? Cosa fanno quando la stella si nasconde? Entrano in Gerusalemme per chiedere a Erode del Re dei Giudei che deve nascere, mostrandoci così la loro perseveranza nella lotta contro gli ostacoli, al fine di incontrare quello che cercano. Uscendo da Gerusalemme rivedono la stella, perché, pur essendo essi in grado di trovare il divino Bambino in Betlemme, Dio vuole donar loro la presenza della stella in premio della loro fede e costanza.

Entrano i Re Magi nella grotta e, illuminati dalla luce soprannaturale che fa loro ravvisare nel Bambino il Dio-Uomo, lo adorano grati di averli condotti a conoscerlo. E noi, figlie mie, dopo averlo conosciuto e aver ricevuto da Lui l'immensa grazia della vocazione religiosa, quanto gli siamo grate?

Essi al divino Infante offrirono oro, incenso e mirra, che sono doni materiali, e in più l'oro dell'amore, l'incenso della devozione e la mirra della mortificazione. E noi, Ancelle del suo Amore Misericordioso, cosa gli offriremo?

Figlie mie, io vi invito tutte ad unirvi spiritualmente a me, per offrire a Gesù il nostro amore, il nostro corpo, la nostra volontà e tutto il nostro essere.

Pregate, figlie mie, perché questa vostra madre compia sempre la volontà di Gesù.

Ricevete tutte un forte abbraccio.

MARIA MEDIATRICE


Madre Speranza e la devozione alla Madonna, mediatrice di tutte le grazie
Il Padre Arintero (1860-1928), domenicano, diffuse con la parola e con gli scritti la devozione a Maria Mediatrice, considerando questo titolo mariano come la base del suo apostolato spirituale e mistico. Anche lui contribuì moltissimo alla diffusione di una Immagine di Maria Mediatrice che è stata assunta per completo anche dalla stessa Madre Speranza: la immagine di Maria Mediatrice che diffonde Madre Speranza è copia perfetta di quella già diffusa anche da Padre Arintero.
Per lo spazio di vari anni anche la Madre collaborò con Padre Arintero (fino al giorno della sua morte che avvenne nel 1928) nella diffusione della devozione all’Amore Misericordioso e a Maria Mediatrice.
Quando nel 1930 fondò la Congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso, nelle Costituzioni Madre Speranza aveva posto come protettrice la Madonna con il titolo di Nostra Signora della Mercede1.
Successivamente, nell’anno 1958, in una domanda del 20 novembre, al Santo Padre Giovanni XXIII2, a seguito del 3° Capitolo generale della Congregazione, a petizione unanime di tutte le Madri Capitolari, chiese che potessero essere modificati tre Articoli delle Costituzioni e il primo riguardava proprio il Titolo con cui invocare la Vergine santissima protettrice della Congregazione, il titolo di "Santissima Vergine Maria Mediatrice".
La Sacra Congregazione per i Religiosi (SCRIS), in data 10 febbraio 1961, con Foglio Prot. N° 17162/58. V.121, accolse pienamente la richiesta.3
Madre Speranza stessa ha fatto rifare varie riproduzioni di questa Immagine di Maria Mediatrice: un quadro di metri 6x3, ora in Basilica a Collevalenza, dal pittore Elis Romagnoli e una statua in marmo di Carrara di metri 3 di altezza, posta il 2 dicembre 1960 sul piazzale delle Piscine.
Ha composto anche una preghiera4 a Maria Mediatrice, che recita così:
SUPPLICA
alla nostra Madre Maria Mediatrice
Madre mia, Voi che state continuamente con le braccia aperte implorando dal Vostro Divin Figlio la Sua Misericordia e Compassione per ogni bisognoso, ottenetemi da lui la grazia che nel 1960 trionfi nel mondo intero il Suo amore e la Sua misericordia invece dei castighi di cui tanto e dovunque si parla.
Fate, Madre mia, che tutti riceviamo la grazia di conoscere il Vostro Divin Figlio non come giudice che attende di darci il castigo, ma come padre pieno di amore e misericordia verso tutti noi; chiedeteGli che mi dia il Suo santo amore, il santo timore e la Sua santa grazia, e che giammai commetta il peccato mortale. ChiedeteGli che mi tolga la vita prima che arrivi ad offenderLo.
Ottenetemi, Madre mia, la grande grazia di avere verso il buon Gesù l'amore e la fiducia che hanno avuto le anime sante, e che aumenti in me la fede, la speranza e la carità, e Voi, Madre mia, insegnatemi a far sempre la Sua Divina Volontà.
Benedite i poveri agonizzanti e chiedete al Vostro Divin Figlio che li perdoni, e li liberi dal tormento dell'inferno. Intercedete, Madre mia, presso il Vostro Divin Figlio, perché si plachi la Sua ira, la Sua giustizia e il Suo rigore, e perché liberi il mondo intero dal grande castigo che tutti abbiamo meritato.
Pregate, Madre mia, per la nostra amata Patria e liberatela dai mali che la minacciano. Sconvolgete i piani dei suoi nemici, che sono i nemici di Gesù.
Vi chiedo infine, Madre mia, di spandere sulle nostre anime i raggi luminosi della misericordia del buon Gesù e di essere vicino a me in tutti i pericoli della mia vita. Così sia.
(Tre Ave Maria e Gloria Patri.) Diciembre 1959
Con approvazione ecclesiastica + Alfonso Mª De Sanctis – Todi

Maria mediatrice di tutte le grazie nel pensiero di Madre Speranza
Alcune frasi della "Supplica" ci aiutano a comprendere il Significato che la Madre probabilmente dà al concetto di "mediazione" che ritrova nella Vergine santissima. Le frasi che sottolineo sono queste:
  1. Madre mia, Voi che state continuamente con le braccia aperte implorando dal Vostro Divin Figlio la Sua Misericordia e Compassione per ogni bisognoso…
  2. Fate, Madre mia, che tutti riceviamo la grazia di conoscere il Vostro Divin Figlio non come giudice che attende di darci il castigo, ma come padre pieno di amore e misericordia verso tutti noi…
  3. Ottenetemi, Madre mia, la grande grazia di avere verso il buon Gesù l'amore e la fiducia che hanno avuto le anime sante,…
  4. e Voi, Madre mia, insegnatemi a far sempre la Sua Divina Volontà.
Madre Speranza non ha scritto molte pagine sulla Madonna ma le poche cose che ha scritto hanno un grande peso. «La persona che ama la Vergine santissima non deve aver timore di nessuna cosa - ripeteva convinta - Fra tutte le cose belle di cui è possibile godere qui sulla terra, la più grande è quella di vivere uniti a Maria; Essa ci prepara per la felicità suprema che consiste in vivere in Dio». Sorprende questa affermazione della Madre, espressa quando nella sua vita già aveva fatto esperienza di cose molto belle e straordinarie: estasi, esperienze mistiche della Passione di Gesù, bilocazioni, ecc.; «fra tutte…la più grande è vivere uniti a Maria…». D’altra parte in molti santi è presente il concetto che «nessuno si salva se non per mezzo di Maria».
Perché? Che cosa vuol farci capire? A me sembra di poterlo intendere così.
Un tempo era molto diffusa una immaginetta che rappresentava il Sacro Cuore mentre sta bussando, ad una porta semiaperta, perché desidera entrare; esprimeva un concetto biblico molto bello (cfr. Ct 5,2): noi crediamo in un Dio che – ripete Madre Speranza – "vuole che tutti gli uomini, suoi figli, siano felici e cerca la loro felicità con tutti i mezzi, come se Lui non potesse essere felice senza di loro".
Quindi un Dio che non ha bisogno di essere "supplicato" per essere buono, misericordioso, paterno, materno, ma un Dio che "fin dalla eternità" ha amato con tenerezza e che offre all’uomo la Sua gioia e la Sua pace, ma non la impone a nessuno: solo chi apre la porta del cuore, chi crea certe condizioni necessarie, la riceve con abbondanza.
Madre Speranza, nei suoi scritti, sottolinea due atteggiamenti della Madonna:
  • Abbandono e disponibilità a Dio.
  • Attenzione e premura per gli altri
Questi due atteggiamenti aprono le porte a quel Dio «ricco di misericordia» e Gli consentono di elargire l’abbondanza di quella Sua Grazia che già Lui stesso vuol donare agli uomini. dei quali «cerca la felicità con tutti i mezzi,».
E’ più che certo che anche per la Madre Gesù è l’unico Mediatore e che non manchi proprio nulla alla mediazione di Gesù. Ma sembra significativo che la Madre, quando parla della Madonna, la presenti sempre abbinando il duplice concetto di MEDIATRICE e di MODELLO. La Madonna è la creatura che ha creato in sé le condizioni ideali per le quali la misericordia di Dio può liberamente operare ed essere accolta.
Madre Speranza vede che tutte le grazie passano per la Madonna perché essa è la creatura che ha saputo spalancare le porte della sua anima al Signore; per questo la ripropone come modello e lo ripropone come conseguenza naturale del carisma e della dottrina dell’Amore Misericordioso
Il vangelo di Giovanni5 ci racconta come è avvenuto il primo segno miracoloso compiuto da Gesù, alle nozze di Cana, per intercessione di Maria santissima, anche Lei presente, nonostante che Gesù avesse precisato "non è giunta la mia ora…". Proviamo a meditare questo episodio.
L'atteggiamento di abbandono e disponibilità e la collaborazione più piena al piano di Dio è l'atteggiamento della Madonna e con il quale si ripresenta a noi come modello e come mediatrice.
Questo episodio è il primo della vita pubblica di Gesù, è il momento dell'apertura alla vita pubblica. Questo momento è stato aperto dalla Madonna.
Alcune considerazioni:
  1. Viene detto che a questa festa viene invitato Gesù con la Madonna e gli apostoli e in questo contesto della vita comune è presente la Madonna e la sua presenza rende presente anche Gesù. Ci troviamo in un contesto abituale e normale: tutti i cristiani si trovano inseriti in situazioni normali e comuni, in mezzo ad altre persone che fanno le cose che fanno tutti.
  2. Dopo aver detto che è stata invitata a questa festa, il Vangelo dice che, essendo venuto a mancare il vino, la Madonna dice a Gesù: " non hanno più vino".
  3. La figura della Madonna la cogliamo subito come la presenza di una creatura che è lì alla festa, non per una gratificazione sua, ma è lì attenta ai bisogni degli altri. Come la Madonna, anche l'atteggiamento del cristiano impegnato deve essere quello dell'attenzione agli altri.
  4. Il cristiano impegnato entra nella vita degli altri con questa caratteristica di attenzione per cercare il bene degli altri. Non è pensabile un cristiano che va per gozzovigliare; egli, pur godendo insieme agli altri, è attento per capire i bisogni degli altri. Amare gli altri e dare la vita per loro, godere per la felicità degli altri: questo è il Vangelo, di cui il cristiano è chiamato a viverne la radicalità.
  5. L'atteggiamento del cristiano che vive in mezzo agli altri nella società, nella famiglia e dovunque non deve essere quello di aspettarsi dagli altri il buon esempio, il conforto, il servizio, la stima, l'affetto, ma la sua presenza è per offrire il meglio di sé agli altri.
  6. Quando la Madonna capisce che c'è bisogno di un suo intervento, si rende disponibile subito, ma si rende disponibile a fare cosa? a collaborare con Gesù, perché la Madonna è chiamata a collaborare, come ogni cristiano, perché è Gesù che salva il mondo, non siamo noi. I modi con cui Dio chiede la collaborazione possono apparire davvero strani (la malattia, la croce); c’è da imparare dal modo di agire della Madonna anche come vivere questa collaborazione con Dio.
  7. Il muoversi della Madonna è solo trovare il modo di sollecitare Dio ad aiutare gli sposi in quella situazione imbarazzante.
  8. La risposta di Gesù, lasciamola agli esegeti; la cosa che fa impressione è che quando Gesù si sente stimolato a fare qualcosa dice che Lui è lì per fare la volontà del Padre suo, per il quale è venuto al mondo, e non era giunta, dice, la sua ora; nei disegni del Padre non era previsto fare un miracolo quel giorno. Questa risposta fa pensare non poco, perché vediamo che, di fatto, chi deve cambiare i tempi, rispetto al primo miracolo di Gesù, è proprio il Padre Eterno.
  9. Il significato più commovente della nostra vita cristiana è pensare che Dio dà a tutti la grazia per salvarsi, ma se c'è chi prega e si sacrifica, Dio dà un'abbondanza maggiore di grazia: questa è la forza del cristiano. Ricordiamo ciò che ebbe a dire la Madonna a Fatima.
  10. Questo intervento, fatto di premura, di delicatezza, non ha lasciato insensibile il cuore di Dio che ha visto l'attenzione premurosa della Madonna.
    Facendo le cose semplici di ogni giorno con gioia e amore possiamo avere la possibilità di aiutare per salvare qualche anima in più. Con un mio dolore fisico o morale non dichiarato, ma vissuto nel silenzio posso aiutare Gesù nella salvezza delle anime.
  11. L'atteggiamento della Madonna (che non è remissivo e basta, ma che è fatto di fiducia) ci dice la sua convinzione rispetto a Dio, che Lei sapeva non sarebbe rimasto indifferente di fronte a un piccolo problema della gente. E allora il comando ai servitori: "fate tutto quello che vi dirà"diventa appunto l’espressione della fiducia della Madonna.
    I nostri atteggiamenti non sempre sono così e non sempre esprimono il senso di fiducia in Dio; magari, anzi, all'interno delle nostre realtà, di fronte alle situazioni, forziamo, imponiamo il nostro punto di vista, ci ribelliamo. Non dovremmo mai perdere di vista che le cose che stanno a cuore a me lo stanno molto di più a Gesù; prima che a me.
  12. Dopo il comando della Madonna, Giovanni prosegue dicendo: "vi erano lì...."Che cosa sarà passato, ci si chiede, nel cuore della Madonna, perché certamente il modo di fare di Gesù è proprio strano e poi era la prima volta che faceva un miracolo. La Madonna lascia che questo intervento Dio lo attui attraverso comportamenti che potrebbero apparire ridicoli e illogici.
  13. Questo atteggiamento può dire molte cose alla nostra vita.
    Se certi problemi della vita non sono vissuti con spirito di fede sono motivo di forti tensioni. La Madonna, nell’evento delle nozze di Cana, dà esempio di una totale disponibilità (accettando anche che Gesù intervenga in un modo ridicolo, quale quello di far portare anfore piene d'acqua...), perché ha fiducia che Gesù risolverà quel problema che avrebbe fatto fare una brutta figura agli sposi.
  14. La disponibilità, la collaborazione producono meraviglia e stupore, così come gli invitati rimangono stupiti e anche i Santi destano stupore, proprio perché sono convinti che chi conduce la storia del mondo è Dio e Dio stupisce sempre. "Se tu avessi tanta fede quanto un granellino di senape...!".
Il cristiano, sull’esempio della Madonna, deve essere testimone di questa fiducia e abbandono in Dio. Solo così l’agire del singolo e delle comunità produrrebbe stupore nei deboli e nei non credenti.



LA VERGINE MARIA, MADRE MEDIATRICE
Il crocefisso dell’Amore Misericordioso
Il grande Crocefisso in legno policromo opera dell'artista Cullot Valera. Nell'anno 1955 Madre Speranza realizzò la Cappella dell'Amore Misericordioso e il 30 settembre 1959 l'allora Vescovo di Todi Mons. Alfonso Maria De Sanctis decretava canonicamente il riconoscimento del Santuario. Il Crocefisso accoglie con le Sue grandi braccia spalancate, guarda serenamente ed esorta alla confidenza e alla fiducia. Parla di amore il rosso del prezioso rivestimento dell'abside: si tratta di padouck, un legno tropicale dalla calda tonalità. Il Crocifisso è una scultura lignea policroma, opera dell'artista Cullot Valera. È l'immagine che rappresenta Gesù Amore Misericordioso. La croce ricorda il sacrificio del calvario; l'ostia bianca il quotidiano rinnovamento di quel sacrificio sull'altare. Numerose fiammelle rendono l'atmosfera satura di misticismo.
Il Crocifisso è una scultura lignea policroma, opera dell’artista Cullot Valera. È l’immagine che rappresenta Gesù Amore Misericordioso. La croce ricorda il sacrificio del calvario; l’ostia bianca il quotidiano rinnovamento di quel sacrificio sull’altare. La croce è issata su un globo, il mondo, che sorregge anche una corona regale e un libro aperto, il vangelo. Sul libro c’è scritto: «Amatevi gli uni gli altri come Io vi ho amato» e sul cuscino che regge la corona c’è scritto: «Sei, o Cristo, il Re della gloria». Gesù, l’Amore Misericordioso, vuol regnare sul mondo portandovi l’amore. È caratteristica l’espressione del volto che trasfonde tanta serenità pur in mezzo a dolore e sofferenze. Rappresenta Gesù ancora vivente in croce, con lo sguardo al cielo, come in atto di supplica al Padre: «Padre perdonali». Sul petto si scorge il cuore, rosso e sormontato da una scritta: Charitas.
Lo scultore spagnolo Cullot Valera nel 1930 ebbe l'incarico di scolpire un Crocifisso nel quale fosse evidente non tanto lo strazio della croce quanto l'amore che ha portato Gesù sulla croce per annientare i nostri peccati col suo sangue.
Per esprimere questo, Gesù è rappresentato:
  1. ancora vivente; col corpo non straziato né accasciato ma dritto, in atteggiamento di vittima volontaria; col volto che trasfonde tanta serenità pur in mezzo a dolori e sofferenze; con lo sguardo rivolto al cielo mentre dice al Padre: «Perdonali, perché non sanno quello che fanno»; col cuore dipinto sul petto con la scritta Charitas (Amore).
  2. L'ostia dietro alla croce è l'Eucaristia dei nostri altari sui quali ogni giorno il Signore rinnova il sacrificio della croce e dà a noi in cibo se stesso, segno di un amore portato fino all'incredibile.
  3. II globo su cui poggia la croce sta a indicare l'universalità dell'amore salvifico di Dio; Cristo infatti è morto per salvare il mondo intero.
  4. La corona regale sopra il globo ricorda che Cristo è un Re che regna dalla croce perché, attirandoci tutti a Sé con la sua morte e risurrezione, ha fatto di noi il popolo dei figli di Dio, il regno dell'amore e dell'immortalità.
  5. II libro sul lato sinistro è il Vangelo, aperto alla pagina ove si legge: «Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato». La pratica del comandamento nuovo`è il segno dell'appartenenza al regno di Dio: «Da questo vi riconosceranno che siete miei seguaci».

Cristo, manifestazione dell'amore del Padre, è amore misericordioso, perché è l'amore di Dio che si incontra con la miseria dell'uomo. «Cristo, appunto come Crocifisso, è il Verbo che non passa, è colui che sta alla porta e bussa al cuore di ogni uomo, senza coartarne la libertà, ma cercando di trarre da questa stessa libertà l'amore, che è non soltanto atto di solidarietà con il sofferente Figlio dell'uomo, ma anche, in certo modo, "misericordia" manifestata da ognuno di noi al figlio dell'Eterno Padre» (DM, cap. V, p. 34).
Dio ha progressivamente educato il suo popolo a passare dai sacrifici cruenti e materiali al sacrificio di oblazione spirituale che, in Gesù, culmina nella sua totale disponibilità al più grande sacrificio che è l'offerta di se stesso per la salvezza degli uomini.
Il sacrificio del cristiano s'inserisce nel sacrificio di Cristo. «Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rom 12, 1-2).
E Madre Speranza commenta: «... quando un'anima religiosa, mossa dalla carità e dallo zelo per le anime, si offre a Gesù quale vittima propiziatoria, Egli accetta la sua offerta, benedice il suo zelo e con grande interesse chiede la sua mediazione, e la stimola a chiedergli con confidenza la salvezza dei poveri peccatori» (El pan 2, 97).

Questo messaggio spirituale dai complessi risvolti teologici è stato plasticamente espresso da Madre Speranza, non senza una precisa illuminazione, nel Crocifisso dell'Amore Misericordioso, opera pregevole dello scultore spagnolo Lorenzo Coullot Valera.
Il Cristo vi è raffigurato non tanto nello spasimo del supplizio o nel pallore della morte, quanto nella regale serenità di Colui che, innalzato da terra, attira tutti a sé con la forza del perdono. Lo sguardo infatti è rivolto al cielo, in atteggiamento supplice: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno!» (Lc 23,34). L'immagine inoltre è corredata da vari simboli che pongono la Croce in stretta relazione con la signoria universale del Cristo, vero Re della gloria; con il Comandamento nuovo dell'amore, frutto della misericordia ricevuta; e con l'Eucarestia segno e strumento della perfetta comunione con il Padre e con i fratelli.

La centralità attribuita al Crocifisso serve a far comprendere che l'Amore Divino è misericordioso per il fatto stesso che si è offerto e immolato per noi non quando eravamo meritevoli di qualcosa, ma mentre eravamo ancora peccatori (cf Rm 5,8), vincendo così l'abbondanza del nostro peccato con la sovrabbondanza della sua grazia (cf Rm 5,20). Questa connotazione misericordiosa che il Padre ha manifestato in pienezza nel Figlio crocifisso, perdura nel tempo ed è valida per ogni uomo, fosse pure il «più perverso, il più abbandonato e miserabile». Infatti, le diverse forme di miseria che affliggono la vita dell'uomo (miseria materiale, fisica e morale) non limitano la misericordia ma la attraggono, così come la malattia non scaccia il medico, ma lo interpella e lo coinvolge.
Amate tutto ciò che si incontra lungo il cammino, anche le cose meno belle perché sono proprio queste che ci insegnano la strada…e se lungo il cammino si incontrano persone dona loro un sorriso perché anche se non se ne rende conto gli migliora la giornata, e se lungo il cammino si intravede uno spiraglio di luce fa che sia esso la tua guida… E se si incontrano gli insetti fermati ad osservarli perché anche se al primo impatto possono farci senso poi ti accorgi di come sono belli e di come è affascinante la natura… Quando salirai lungo un sentiero pieno di pietre, fermati e alzandole vedrai che sotto si incontrano altri insetti… E quando sarai arrivato in cima sarai maturato e non dimenticarti di guardare indietro perché se ora sei in alto e sei cresciuto lo devi anche al tuo percorso. . Ecco ora ammira lo splendore della natura, ascolta i suoi profumi, le sue carezze, i suoi colori e tutto ciò che ti regala… Perché questa è la vita….. Ecco grande famiglia il mio nuovo pensiero sulla vita…. E credo che a tutto ce un perché .. se io non avessi nulla credo che non avrei imparato la lezione e mi sarei persa tutto questo…. Quindi a volte fermatevi, non andate sempre di corsa ….grazie per avermi dedicato un secondo del vostro tempo….
Ci saranno dei giorni in cui non vedrai alcun motivo per andare avanti. Va bene. Ci saranno dei giorni in cui persino il pensiero di alzarti dal letto ti farà venire voglia di piangere. Va bene anche questo. Ci saranno dei giorni in cui non ti ricorderai nemmeno come si fa a piangere, o a sorridere, o a vivere, in cui la stanchezza ti peserà sulle palpebre e sulle ossa fino a schiacciarti. Ne avrai ogni ragione. Ma ricordati sempre che ciò che senti non dura per sempre. Che è tutto temporaneo. Che qualcuno, prima di te, ha provato quello che provi tu adesso, ed è sopravvissuto. Le foglie cadono ogni autunno, e soltanto perché non sei un sempreverde – soltanto perché anche tu sfiorisci, mentre altri riescono a non farlo – non vuol dire che tu sia sbagliato e che sia tutto finito. Va bene cadere. Va bene. Quando arriveranno quei giorni, ricorda le cose per cui vale la pena andare avanti, qualsiasi piccola cosa – il prossimo film in uscita, un amico che ti invita a uscire, il libro che non hai ancora letto. Ricorda che tutto prima o poi finisce, che il sipario prima o poi deve sempre calare su tutto. Lascialo calare sulle amicizie finite, sugli amori passati, sulla tristezza che ti stringe la gola, sulle cattiverie che ti hanno detto, sui tuoi sbagli, sui rimpianti, sulle parole che non avresti dovuto pronunciare, su tutte quelle piccole cose che ti pesano sulle spalle come macigni. Lascialo cadere su tutto, tranne che su di te. Mai su di te. Perché non lo meriti. Perché meriti di più di un sipario chiuso, di un copione finito in tragedia. Perché meriti di stare bene, e ti prometto, ti prometto che succederà e sarai felice di non aver deciso di lasciarti andare. Ti prometto che un giorno ti sveglierai e andrà tutto bene. Fino ad allora, tieni duro. Alzati dal letto quando sembra impossibile. Esci quando vorresti rinchiuderti dentro. Apprezza le cose belle quando vorresti solo piangere. È una bella vita, in fin dei conti, te lo giuro. È una bella vita. E tu la meriti.
Ho deciso di scrivere un’ altra storia stamattina, un po’ diversa da quella precedente perché molte cose sono cambiate. In questo tempo ho pensato e ripensato a tanti perché, ma come sapete i perché rimangono tali….
All’inizio del mio percorso mi sentivo come un operaio che, pietra dopo pietra, costruisce davanti a sé la strada che dovrà percorrere. Soltanto molto più in là mi sono accorta che la strada era già stata fatta, qualcun’ altro l’ha tracciata per me, e a me non resta che andare avanti…Allora intuisco che le cose non dipendono da me soltanto.
È un momento pericoloso,durante il quale non è raro scivolare in un fatalismo claustrofobico. Per vedere il destino in tutta la sua realtà credo che devo lasciar passare ancora molti anni,quando la strada alle mie spalle sarà più lunga di quella che ho davanti…A volte mi chiedo che forse ho sbagliato a prendere strada,forse ho imboccato qualche deviazione, o qualcun’ altra non l’ avrò vista, quelle strade che ho trascurato non saprò mai dove mi avrebbero condotto, se in un posto migliore o peggiore…Beh la vita procede pressappoco allo stesso modo del gioco dell’oca …  Mah pensandoci bene, il mio destino fino ad ora non è stato poi così male. Certo, sto combattendo la mia battaglia, anche dura, ma vi dirò che questa battaglia per me è stato un miracolo…. Tutto avviene perché deve avvenire…niente arriva per caso….Non sono folle, pazza, masochista, è la pura verità..
Attraverso questa battaglia ho capito il vero significato della vita, ho iniziato ad apprezzare anche le cose più piccole, ad ammirare i colori, tutti i colori dal più chiaro al più scuro, ho dato il giusto significato alla parola vivere. Ho trovato la forza nella fede, ho  avuto il dono di conoscere Madre Speranza, ho dato più importanza alle persone che mi stanno vicino. Ho capito chi veramente mi vuole bene, o chi invece non sa neanche il significato del termine voler bene.
Attraverso la mia battaglia sto insegnando a capire il vero significato della vita a chi mi sta accanto, gli sto insegnando ad essere positivi, a vedere nel positivo anche quando ci troviamo in un tunnel, sto imparando alla mia unica ragione di vita a non essere pessimista e a godersi la vita senza pensare al domani come un’intralcio ma bensì come speranza…
Ma soprattutto ho trovato una grande famiglia: L’ARCOBALENO DELLA SPERANZA: una famiglia vera, grande, con un unico obiettivo: Vincere soprattutto per chi non ce l ha fatta…
Da come potete vedere, se io avessi intrapreso un’ altra strada non sarei rinata, non avrei conosciuto la vera me, non avrei imparato tutto questo, non avrei conosciuto voi..Ma soprattutto non avrei mai
IMPARATO A SORRIDERE….. E A REGALARE SORRISI….PERCHÉ REGALANDO SORRISI SI REGALA LA SPERANZA…!!!!
baci Serena

MAI SMETTERE DI SORRIDERE

A volte ci chiediamo spesso che cos’ è la Vita, ma nessuno di noi si è mai soffermato a dare un giusto significato, un degno significato alla giusta parola…
Io, circa due anni fa, ero una persona completamente diversa, correvo sempre, non pensavo mai al presente ma sempre al futuro, lavoravo continuamente senza trovare il tempo per riflettere, senza trovare il tempo per guardarmi intorno e ammirare questo bellissimo scenario che solo il Signore poteva creare…. Ero felice per le piccole cose, ma mi mancava qualcosa…. Dentro di me non ero felice, mancava quel poco… Che ben presto è arrivato… Grazie alla mia battaglia, alla mia malattia ho capito ciò che mi mancava… Mi mancava la vera me, che per 33 anni ha dormito sonni profondi…la vera me che oggi è qui a raccontarvi, ma soprattutto a farvi capire che se vogliamo possiamo cambiare, possiamo cercare di diventare più umili, possiamo imparare ad amare le piccole cose, possiamo imparare a pregare….Indietro non si può tornare, per cambiare, ma avanti per recuperare si può basta che ci crediamo…
La vita per me è un dono speciale, la vita è la magia, ma vivere è ancora più bello. A volte bisogna pensare a chi non ha nulla, non ha nemmeno un tetto, dobbiamo pensare a chi si è perso, a chi ha perso il proprio io… Ieri sono venuta da Suor Rifugio, dopo aver fatto terapia, ma avevo una forza dentro, e non sentivo dolore. E sapete perché? Perché ho portato i viveri per i poveri, che ho raccolto tra le persone che hanno partecipato, ed ero felice, perché per la prima volta ho fatto qualcosa di buono per gli altri… Questo per me è un miracolo e dietro a questo miracolo sono sicura che c’ è lo zampino della mia adorata Madre Speranza…
Credeteci e vedrete che vi sentirete meglio… Mai smettere di sorridere e di sperare….
Serena

SUPPLICA alla nostra Madre Maria Mediatrice


Madre mia, Voi che state continuamente con le braccia aperte implorando dal Vostro Divin Figlio la Sua Misericordia e Compassione per ogni bisognoso, ottenetemi da lui la grazia che nel 1960 trionfi nel mondo intero il Suo amore e la Sua misericordia invece dei castighi di cui tanto e dovunque si parla.
Fate, Madre mia, che tutti riceviamo la grazia di conoscere il Vostro Divin Figlio non come giudice che attende di darci il castigo, ma come padre pieno di amore e misericordia verso tutti noi; chiedeteGli che mi dia il Suo santo amore, il santo timore e la Sua santa grazia, e che giammai commetta il peccato mortale. ChiedeteGli che mi tolga la vita prima che arrivi ad offenderLo.
Ottenetemi, Madre mia, la grande grazia di avere verso il buon Gesù l'amore e la fiducia che hanno avuto le anime sante, e che aumenti in me la fede, la speranza e la carità, e Voi, Madre mia, insegnatemi a far sempre la Sua Divina Volontà.
Benedite i poveri agonizzanti e chiedete al Vostro Divin Figlio che li perdoni, e li liberi dal tormento dell'inferno. Intercedete, Madre mia, presso il Vostro Divin Figlio, perché si plachi la Sua ira, la Sua giustizia e il Suo rigore, e perché liberi il mondo intero dal grande castigo che tutti abbiamo meritato.
Pregate, Madre mia, per la nostra amata Patria e liberatela dai mali che la minacciano. Sconvolgete i piani dei suoi nemici, che sono i nemici di Gesù.
Vi chiedo infine, Madre mia, di spandere sulle nostre anime i raggi luminosi della misericordia del buon Gesù e di essere vicino a me in tutti i pericoli della mia vita. Così sia.

Dal Vangelo secondo Giovanni 5, 1-3. 5-16


Era un giorno di festa per Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Vi è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzeta, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». E sull'istante quell'uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all'uomo guarito: «E' sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio».
Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina». Gli chiesero allora: «Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo.
Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio». Quell'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato

MEDITA
Quanti anni hai? E da quanti sei paralizzato in quel peccato? Sì quello che riappare ogni volta e sembra invincibile. Un giudizio? L'ira? L'avarizia? La vanagloria? Forse sei schiavo della sessualità? Per il paralitico del vangelo erano "trentotto anni", una vita paralizzata sul ciglio della vita, deposta alla "porta delle pecore" come sulla soglia degli inferi, confusa nella sofferenza di storpi, ciechi, zoppi. E "un sabato" che non era festa per quell'uomo schiacciato sul giaciglio dell'impotenza, scivolando nella morte insieme alle pecore destinate alla macellazione. Ma non è soave l'odore di quelle membra sacrificate, piuttosto fumo acre di carni strappate al destino di pace e felicità, rattrappite come le nostre, vorresti muoverle e non ti rispondono, desideri amare e ne sei incapace. La paralisi ci ha reso irrilevanti; distesi sul "lettuccio" dei nostri giorni grigi, tiepidi e sterili, siamo come una mano di vernice trasparente e inodore spalmata su qualche parete, chi può accorgersi di noi? Quante giornate trafelate per correre dietro a mille cose, e poi la cena, e i bimbi a letto che non vogliono dormire, e arriva lui, nervoso, neanche ti guarda, si getta sulla cena e poi sprofonda sul sofà. Quante volte ci siamo trovati sul bordo di quella "piscina", accatastando desideri e progetti come legna da ardere tra le fiamme della delusione. E il cinismo a farti la corte, perché non cedere alle sue lusinghe? in fondo è l'unico con cui ci intendiamo. E questa solitudine acida che corrode ogni speranza: "La vita dell'uomo si svolge laggiù, tra le case, nei campi. Davanti al fuoco e in un letto. E ogni giorno che spunta ti mette davanti la stessa fatica e le stesse mancanze. E' un fastidio alla fine, Melete. C'è una burrasca che rinnova le campagne - nè la morte nè i grandi dolori scoraggiano. Ma la fatica interminabile, lo sforzo di star vivi d'ora in ora, la notizia del male degli altri, del male meschino, fastidioso come le mosche d'estate - quest'è il vivere che taglia le gambe. Melete" (Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò). Siamo soli, con la fatica di parlare e discutere ancora una volta con chi non ci ha mai aiutato perché non poteva essendo debole come noi... E il fastidio di non riuscire mai ad immergersi nell'occasione giusta. Proprio nel momento in cui "l'angelo agita le acque", quando la predicazione, la preghiera, un'ispirazione sembrano "smuovere" l'apatia dei giorni, la routine mesta del matrimonio, l'abitudine ai silenzi con figli e colleghi, "qualcun altro arriva prima", con una menzogna, un'illusione, la paura e il peso del passato, e niente, non ce la facciamo, e le acque tornano alle stesse mancanze. Ma c'è questo tempo che ci consegna l'annuncio della svolta: digiuno, elemosina, preghiera, ovvero fame, povertà e speranze, la Quaresima ci proietta la clip della nostra vita, sino a questo istante. Giusto "trentotto anni", o cinquanta, o diciotto; non un giorno in più, non un anno in meno. Oggi, perché è qui che la clip ha un sussulto, un volto di luce e una parola. Qualcuno ti ha "visto", si è accorto e si preoccupa di te perché "sa che stai così da molto tempo": "Vuoi guarire?". Sei paralitico, ma non è per questo che sei nato; l'incapacità di avvicinarti all'altro e donarti a lui è una malattia, si può guarire.
Gesù guarisce un paralitico alla piscina di Bethesda. Codex Egberti
Benedetta domanda che libera la speranza dalle catene del cinismo! Così oggi Gesù ti dichiara il suo amore, innescando in te il desiderio di Lui ormai seccato come le tue membra. Di colpo si illumina tutto il passato, e non era quello che il demonio ci ha raccontato. Se il paralitico avesse avuto "qualcuno ad immergerlo", non avrebbe incontrato il Signore. Non avrebbe ascoltato la sua voce. Si sarebbe immerso, forse sarebbe guarito, avrebbe trovato lavoro, una casa, un fidanzato, un bel matrimonio, un po' di salute, uno stipendio adeguato, non avrebbe perso il padre da piccolo, niente violenze, avrebbe studiato e si sarebbe laureato, sarebbe un pochino più bello e presentabile, la sua famiglia non sarebbe stata così povera, non avrebbe subito l'ombra del fratello maggiore. Non sarebbe stato crocifisso trentotto anni. Non avrebbe conosciuto il Signore. E non sarebbe stato felice. La Croce, il lettuccio dove hai disteso sino ad ora la tua vita, proprio tutta la tua storia che ti è sembrata così grigia ed inutile, con le frustrazioni, la solitudine, il fastidio e la fatica di vivere, tutto è stato per incontrare Lui, la "porta" attraverso la quale entrare e trovare il pascolo della vita eterna. Il lettuccio roso dai tarli del giudizio, dell'invidia, della concupiscenza e di ogni peccato è il talamo preparato alla misericordia di Dio. Il fallimento umano, infatti, è il corteggiamento di Gesù: per vincere orgoglio e resistenze, riconoscere che siamo paralitici perché abbiamo creduto al demonio che ci ha schiacciati nella paura, e lasciarci amare da Lui. E' Gesù la piscina dove non è necessario che qualcuno ci immerga; le sue ferite sono per te, nessuno può passarti avanti. "Alzati, risorgi, prendi il tuo lettuccio e cammina": è qui la novità, il segreto, la rivoluzione. Gesù ci guarisce per "incominciare a camminare" in una vita nuova, in un percorso di conversione quotidiano per "non peccare più", aggrappati nella comunione della Chiesa alla Parola e ai sacramenti. Chi ha conosciuto la gratuità dell'amore di Dio sa che tornare a dar credito al demonio e peccare, sarebbe l'accadere di "qualcosa di peggio" della paralisi, ovvero precipitare all'inferno. Per questo Gesù ci invia nella storia facendo ogni istante memoria del suo amore, per non dimenticare da dove ci ha tratto. I cristiani non elaborano il passato come fosse un lutto, anzi, vivono il presente come il frutto della misericordia di Dio che ha irrorato misteriosamente ogni istante sino ad oggi, e "prendendo il lettuccio" dove hanno sperimentato la Gloria della sua vittoria sul peccato. La vita diviene così una missione, per testimoniare l'amore gratuito di Cristo a chiunque è chiuso nell'orgoglio e crede che la salvezza sia un peccato, e che per questo tenterà di strapparci alla Grazia per schiacciarci con i moralismi; ad annunciare a tutti che Cristo ha compiuto il "sabato" e ogni iota della Legge deposto con noi nella tomba per farci risorgere e così imparare a camminare nella fatica e nel fastidio di vivere, portando la Croce che tutti rifiutano. Forse saremo soli, senza nessuno che si accorga di noi per aiutarci, perché, senza esigere e aspettarci nulla, saremo noi ad immergere ogni paralitico che ci è accanto, nella misericordia di Cristo incarnata in noi.