Matrimonio
e vita religiosa:
due vocazioni, due diaconie,un solo Spirito
È il tema sul quale abbiamo riflettuto insieme alle numerose coppie che partecipano agli incontri "formato famiglia" che si tengono al Roccolo Speranza, una domenica al mese. È stata anche l’occasione per stringerci attorno al Santo Padre, Benedetto XVI, con sentimenti di affetto e di stima: la sua rinuncia ci insegna a vivere la vita con determinazione e rettitudine, con umile risposta, come servizio, come dono ricevuto dal l’Alto.
Mentre mi accingo a scrivere questo articolo, lo Spirito del Signore ha appena affidato la sua Chiesa alle cure di un nuovo Pastore, Papa Francesco, che - come lui stesso ha detto - "è venuto dalla fine del mondo" e sta annunciando con il tratto e la parola la misericordia, la bontà, la tenerezza che toccano il cuore. Ringraziamo il Signore per questo Padre "guidato dallo Spirito" che ci sta conducendo sulle strade dell’Amore crocifisso, pronto a farsi dono, che ci invita a non scoraggiarci e a non farci rubare la speranza, che dà testimonianza di un premuroso affetto verso i poveri, gli emarginati, i bisognosi, verso ogni "altro" che la vita ci mette accanto e ci affida.
Se ci domandassimo: cosa spinge una coppia a sposarsi o una persona a mettere a servizio di tanti la propria vita? Cosa desidera un genitore per propri figli o un sacerdote, una consacrata per le persone che le sono affidate? Credo che la risposta potrebbe essere riassunta in una parola: l’Amore!
L’amore, quello vero, tanto diverso da quel sentimento spontaneo che ci svende a buon mercato fra i saldi di relazioni poco impegnate, superficiali, istintive, utilitaristiche. L’amore costa perché è prezioso e si apprende vedendo amare e facendo esperienza di essere amati. L’amore sa che il travaglio per dar vita alla relazione non è indolore. Mi chiedo se oggi, tanta fragilità giovanile e di molti (troppi!) bambini non nasca dall’estrema fragilità affettiva che si vive in famiglia e dalla mancanza di credibilità, di autorevolezza, di testimonianza di noi adulti.
Lo Spirito fecondi queste semplici riflessioni e queste povere parole umane perché illuminino il desiderio di far nuove le nostre case, le nostre relazioni, le nostre scelte, la vita di tante coppie, di tante famiglia, dei consacrati, per lasciarci condurre verso quel "di più" di bene, verso il più perfetto, verso la santità e la pienezza dell’amore che il Signore attende da noi e che solo può farci crescere in umanità.
Ognuna delle nostre vite potremmo definirla come vocazione all’amore, che si realizza pienamente nel matrimonio o nella verginità: "Sia l’uno che l’altra, nella forma loro propria, sono una concretizzazione della verità più profonda dell’uomo, del suo ‘essere a immagine di Dio’" (FC 11), dell’alleanza di Dio con il suo popolo, del fine ultimo della vita.
Vogliamo ribadire "il valore e la fiducia nella persona umana come essere educabile all’amore totale, unico, fedele e fecondo"1, sia in senso fisico che spirituale e sostenere "i nostri figli in un cammino di crescita, orientato a costruire gradualmente un vero e proprio progetto, che corrisponda sempre più alla scoperta del disegno di Dio su di loro" (OPPMF). Lo scorso anno, una famiglia mi scrisse il suo stupore nello scoprire questo grande progetto e la gioia di riconoscere il miracolo che Dio ogni giorno compie in loro2.
Nell’enciclica Redemptor hominis il Beato Giovanni Paolo II insegna che «l’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente» (RH 10).
Come qualcuno ha detto, l’amore autentico si alimenta e cresce nel dialogo, nella presenza reciproca e nella disponibilità di tempo – così tiranno nel quotidiano! – ma la presenza di tante famiglie agli incontri, come anche il vostro essere qui a leggere queste righe è segno di un desiderio grande, è segno di un amore che vuole crescere… anche grazie all’esperienza di altre famiglie. "La vocazione di ciascuno è dono e ricchezza per tutti ed è testimonianza di Chiesa" (OPPMF).
Viviamo, come sottolineano molti, in una "mentalità individualistica, che mina la scelta del dono di sé a tutti i livelli e quindi mette in crisi l’autenticità di un rapporto di coppia vissuto non per se stessi, ma nella prospettiva di un dono sincero di sé all’altro e, nella forza di questa donazione, nel servizio agli altri…"; mette in crisi anche il "per sempre", la fedeltà (OPPMF).
"…Oggi si va costituendo una dittatura – [eppure ci sentiamo tanto liberi!] – del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie" (Card. Ratzinger, 18.4.2005).
Come ci dice il salmo, saremo veramente liberi se sapremo legarci all’Amore, legarci alla Verità: solo il vivere nella Verità ci aiuterà a superare l’ambiguità nei rapporti, i sotterfugi, le cose celate all’altro, i compromessi, le gelosie, le invidie, le pretese… preludio alla "dittatura" e alla "schiavitù" delle proprie passioni.
L’amore, come ci ha insegnato Gesù, quando è autentico disturba il Maligno, interessato a spingere al male, alla divisione, alla mediocrità, alla superficialità, al proprio interesse, nell’intento di far perdere al sale il suo sapore: coppie e famiglie che vivono una vita insipida, tiepida; religiosi che si accomodano in una vita mediocre. L’amore autentico va dunque provato e purificato come oro nel crogiuolo perché appaia in tutto il suo splendore: un’operazione che come direbbe Madre Speranza non è indolore.
È sempre lei che ci insegna e ci invita a vivere il tempo della tentazione e della lotta, il travaglio interiore come tempo di grazia. Noi siamo soliti spaventarci, invece Dio vede ogni evento come un tempo favorevole. Sì, proprio quando le forze umanamente ci appaiono insufficienti, quando viviamo nella carne l’impossibili tà di seguire il cammino sul quale Gesù stesso ci ha avviati (in particolari momenti, le richieste della vita di coppia, della genitorialità, come quella della vita religiosa o della vita comunitaria sembrano diventare davvero impossibili), si apre uno "spiraglio": "tutto è possibile a Dio" (Mt 19,26). Può diventare il tempo di una rinnovata e impegnativa scelta di appartenenza totale a Cristo, al coniuge, ai figli, alla comunità, a ogni fratello e sorella che il Signore ci affida… perché il Signore è con noi proprio nel momento della prova. Potremmo dire che è la "prova della verità" di quanto crediamo al valore della nostra chiamata come gratuito dono che Dio continuamente rinnova.
Per addentrarci un po’ più nel nostro tema, sentiamo quanto scrive M. Anna Maria Cànopi, fondatrice e monaca benedettina: "Matrimonio e consacrazione verginale hanno, pur nella loro differenza, un fondamentale punto in comune: sono scelte di vita complementari che impegnano totalmente, e proprio per questo si devono fondare sulla fede e sulla fedeltà; fede per saper sempre credere, anche nell’ora della prova, al valore della propria vocazione; fedeltà per viverla con una dedizione quotidianamente rinnovata.
Se nel matrimonio la fede in Dio si deve tradurre anche in piena fiducia e apertura reciproca tra gli sposi, nella verginità consacrata sarà invece maggiormente sottolineato l’aspetto della fede pura e della «fedeltà nella notte», perché i vergini sono come sentinelle vigilanti in attesa del ritorno del Signore.
La grandezza e la bellezza di entrambe le vocazioni richiedono piena serietà e responsabilità nell’accoglierle e nel viverle, sempre considerandole un dono e un compito che viene affidato dal Signore stesso come strumento di salvezza per tutti gli altri. Vivere fedelmente e appassionatamente la propria vocazione è dunque anzitutto espressione di obbedienza a Dio e cooperazione al suo disegno salvifico, ma è anche segno di speranza e di gioia per i fratelli ancora alla ricerca del valore e del senso della vita, affinché possano essere aiutati a scoprire il loro posto nella Chiesa e nella società, per giungere tutti insieme alla definitiva unione sponsale con il Signore, nel suo Regno eterno"3.
E se iniziassimo noi? Se fossimo noi queste "famiglie di Speranza"? Se rispondessimo, con la vita di tutti i giorni: "Eccoci, Signore, manda noi…, manda me…"?
domenica 15 novembre 2015
adre Speranza e la famiglia
(Berardi Marina)
Riproponiamo alcune riflessioni sull’attenzione particolare che Madre Speranza ha avuto per la Famiglia, prima cellula della società e chiamata, per vocazione, ad essere comunità di vita e di amore. Attraverso la sua maternità e santità di vita, la Madre può dare un notevole contributo per aiutarci a riscoprire quei valori su cui si dovrebbe fondare ed ancorare ogni famiglia cristiana di cui non vogliamo solo scoprire i limiti ma anche le risorse, per gettare uno sguardo retrospettivo che illumini il presente e prepari un futuro migliore.
Dall'esperienza di un Dio personale
Gesù, fatto uomo, è venuto a condividere la nostra vita, quella di tutti i giorni, le nostre gioie, le nostre fatiche..., ha vissuto assoggettato a Maria e Giuseppe, crescendo in santità e grazia,... ha lavorato nel nascondimento e nell'umile lavoro di suo padre..., ha avvicinato famiglie nella sofferenza ed ha portato salute, pace del cuore, perdono...
Il Dio incontrato e conosciuto dalla Madre è quello che si "incarna" nella nostra in questa complessa e contraddittoria realtà, è un Dio presente nella vita di tutti i giorni, oserei dire, soprattutto di quelli feriali, quando la routine si fa pesante, quando le fatiche e i dispiaceri sembrano schiacciarci e togliere ogni spazio alla fiducia.
Anche per la Madre non sono mancate difficoltà interne ed esterne alla sua Famiglia religiosa, ma il suo atteggiamento è stato sempre quello di un profondo abbandono nelle braccia di quel Dio che aveva scoperto Padre.
«Fra tutti i sentimenti e convinzioni l'esperienza che rimane più impressa nel cuore e nella mente è il poter chiamare padre Dio in persona» (1).
Il "segreto" della sua fecondità apostolica e della sua incisività verso chiunque avvicinava anche per pochi minuti credo nasca proprio dall'aver fatto esperienza di un Dio che non era un «Padre offeso per le ingratitudini dei suoi figli» ma, al contrario, un
«Padre buono che cerca in tutti i modi la maniera di confortare, aiutare e far felici i suoi figli, che li segue e li cerca con amore instancabile, come se Lui non potesse essere felice senza di loro» (2).
Molte potrebbero essere le testimonianze di quanti hanno fatto esperienza di questo Dio che entra personalmente nella storia di ognuno, in quella situazione particolare, quel giorno... che comunica Amore, e questa volta con la A maiuscola.
Questo è il Gesù che Madre Speranza ha incontrato ed accolto. Nell'Amore Misericordioso, ella ha saputo trasformare la sua vita in un dono ai fratelli, per donare speranza, per annunciare la gioia di poter «chiamare Padre a tutto un Dio», per intercedere per la salute dei sofferenti ed il perdono dei peccatori...
In tutta la Scrittura, Dio sembra «inseguire» l'uomo con instancabile e fedele amore, con gli stessi sentimenti di uno sposo che cerca la sua sposa, con quelli di un padre e di una madre che attendono con ansia il ritorno del figlio, che desiderano il suo bene. Sì, il Dio di Madre Speranza è Colui che mostra una particolare predilezione per coloro che sono più bisognosi di amore e di misericordia:
«Lui ama tutte le anime allo stesso modo, - scrive nel 1928 - e se esiste qualche differenza è quella di amare di più quelle che, cariche di difetti, si sforzano e lottano per essere come Lui le desidera [...]; l'uomo più perverso, il più abbandonato e miserabile è amato da Lui con tenerezza immensa, è per questi un padre ed una tenera madre» (3).
Questa manifestazione di Dio sembra stridere con la nostra tendenza a crederci in diritto di essere amati per i nostri meriti, per le opere buone che talvolta compiamo... sembra stridere con una cultura dominante che rifiuta ed emargina quanti non rientrano nella cosiddetta categoria di «brave persone»... eppure proprio per queste persone Dio è padre e tenera madre.
In un mondo alla ricerca del sensazionale, il vero miracolo è proprio quello compiuto da Dio che invita ed aiuta ogni uomo a superarsi nelle sue capacità e nei suoi limiti, nell'individualismo e nelle paure... per condurlo ad un incontro personale con Lui ed in Lui con gli altri.
Questo amore è quello che ha conquistato la Madre, un amore incondizionato, senza riserve. Questo stesso amore Madre Speranza ha voluto che animasse la vita religiosa, pensata come una Famiglia, di cui ella stessa ne ha fatto esperienza. Ha voluto che tale amore animasse anche la vita e il rapporto di ogni famiglia umana, così come lo ha riproposto e raccomadato a tanti genitori e a tanti figli. Vediamolo insieme.
Una esperienza nuova di vita religiosa:
una Famiglia Religiosa, di religiosi e di religiose,
che fosse modello, aiuto e servizio a tutte le famiglie.
Le due Congregazioni fondate dalla Madre, le Ancelle e i Figli dell'Amore Misericordioso, sono state pensate da Dio come un'unica realtà, una Famiglia Religiosa.
Le Costituzioni scritte dalla Madre, fin dal 1930, contenevano già in germe questo nuovo progetto:
«Il buon Gesù mi ha detto che è giunto il momento che scriva le Costituzioni, sulle quali, più tardi, si dovranno reggere i Figli dell'Amore Misericordioso e, molto presto, la Congregazione delle Ancelle dell'Amore Misericordioso. Da tali Costituzioni debbo copiare quanto si riferisce alle Ancelle, lasciando a parte ciò che più tardi dovranno osservare i Figli del suo Amore Misericordioso» (4).
Per i suoi figli, Madre Speranza chiedeva che rimanessero fedeli a questo grande ed innovativo progetto d'amore, per essere testimoni di comunione in Lui:
«Chiedo sempre al Buon Gesù che le due Congregazioni, così come Lui le ha volute, si aiutino e si completino mutuamente, vivendo sempre unite dall'amore e dalla carità» (5).
Un Santuario a servizio della famiglia
Questo stile di vita voleva trasparisse in ogni sua attività, in ogni rapporto poiché diceva che tale testimonianza avrebbe aiutato a scoprire e a comprendere la dimensione dell'amore autentico, evangelico. Fra tutte le sue attività e Opere ha un significato particolare il Santuario all'Amore Misericordioso in Collevalenza, da dove vi parliamo: vi ha dedicato gli ultimi trent'anni della sua vita. Questo luogo che è divenuto culla della vocazione e centro di spiritualità della sua Famiglia religiosa e modello e aiuto per tante famiglie.
Nel servizio al Santuario, la Madre insisteva ai suoi figli sulla necessità di essere testimoni dello spirito di famiglia per i tanti pellegrini e le tante famiglie che qui giungono. Desiderava che l'accoglienza dei padri al Santuario e delle suore alla Casa del Pellegrino, fosse espressione dell'accoglienza e dell'anelito di Dio Padre di abbracciare ogni uomo.
«Il luogo dove si cacciavano gli uccelli... doveva trasformarsi, secondo l'Amore Misericordioso, in un luogo per cacciare le anime... ed i Figli e le Ancelle dell'Amore Misericordioso con l'amore, la carità ed il sacrificio saranno il richiamo per queste anime, come un tempo quegli uccelli ne attiravano molti altri con il loro cinguettio» (6).
La Madre, si diceva, era una donna con i piedi per terra, attenta a valorizzare le piccole cose quotidiane per creare uno spirito di famiglia. L'Ingegnere che ha seguito i lavori del Complesso di Collevalenza, ricorda un piccolissimo dettaglio apparentemente insignificante che però credo riveli lo spirito con cui la Madre voleva venissero accolti i pellegrini:
«La Madre non volle mai creare, all'interno della sua opera, una conduzione di ristoro sul genere self-service, né nella Casa del Pellegrino, né nel sottopiazza.. Ella non ha mai inteso di infliggere ai pellegrini la privazione dall'essere serviti con affetto dalle suore. Non ha voluto neppure le tovaglie e i tovaglioli di carta, dovevano essere di stoffa, perché almeno qui sentissero il conforto come di essere in famiglia, una grande famiglia in Cristo» (7).
Il motivo ultimo è sempre Lui, l'Amore Misericordioso: lo cerca e lo scopre in ogni persona e in ogni avvenimento. Il Santuario dell'Amore Misericordioso, secondo la Madre, è stato voluto dal Signore come Centro di irradiazione di questa spiritualità così attuale per i nostri tempi, come centro di accoglienza dove tutti quelli che vengono possano, non solo ascoltare e capire il messaggio, ma fare esperienza dell'Amore incredibile del Padre. Perchè l'amore che si vive in una famiglia è ...un "riflesso" dell'Amore di Dio
Potremmo definire la famiglia: ...un "riflesso" dell'Amore di Dio. Quando Dio parla dell'amore perfetto lo esprime paragonandolo a quello di uno sposo per la sua sposa, di un padre e di una madre ad indicare che, l'amore che unisce i membri di una famiglia, per Lui è un "riflesso" del suo amore per l'uomo.
Nel discorso dell'Angelus del 5 dicembre scorso, il Papa sottolineava che la famiglia è la speciale strada del Signore perché prima ed insostituibile comunità d'amore, perché luogo privilegiato dove fare esperienza di pace (8).
Nel 1980 il Papa scriveva nella Dives in Misericordia:
«L'uomo contemporaneo si interroga spesso, con profonda ansia, circa la soluzione delle terribili tensioni, che si sono accumulate sul mondo e si intrecciano in mezzo agli uomini» (9).
In Cristifidelis laici, anni più tardi, il Papa tornava a ribadire che «...l'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia» (10).
Famiglie cristiane e morali
L'amore incondizionato e senza riserva di Cristo per l'uomo dovrebbe essere anche quello che circola all'interno di ogni famiglia, tra i coniugi, tra genitori e figli, ecc. Anche Madre Speranza è stata chiamata dal Signore a formare gli uomini di domani con delle basi solide, con dei principi saldi per impedire che, rimanendo nell'ignoranza, divenissero facile preda di dottrine ideologiche fuorvianti.
Nel nucleo familiare il vero amore dovrebbe esprimersi nel desiderio di essere vicino l'un l'altro, di donarsi, di dimenticarsi per il bene di chi il Signore ci ha messo accanto, sull'esempio di Lui che ha dato la vita per i suoi amici.
I discorsi di Madre Speranza sulla famiglia non sono nè molti nè articolati né studiati, non ha scritto nulla a tavolino. Sono invece frutto di una conoscenza diretta e concreta, di una grande condivisione con tutte quelle persone che il Signore, ogni giorno, le inviava.
E' la partecipazione ai loro problemi, il pagare di persona, la contemplazione, che la mette in grado di trasmettere, con una sola e semplice espressione, la carica affettiva e trasformante insita nelle sue parole.
In particolare, c'è una espressione che nella Madre ricorre come una costante, come un invito pressante: chiedete al Signore..., il Signore vi doni di formare una famiglia... cristiana e morale. Lo ripeteva ai pellegrini che riceveva, alle ragazze che lavoravano nel laboratorio di Collevalenza, agli abitanti di questo paese... a quanti incontrava.
1) ...il Signore vi doni di formare una famiglia cristiana
«Il Signore vi doni di formare una famiglia cristiana»... non era una semplice esortazione. Un giorno, parlando alle ragazze del laboratorio di maglieria in Collevalenza, così si esprimeva:
«Siete giovani che dite di esser venute per essere maglieriste ed io non dico che non sia vero, però, aggiungo che dovete imparare ad essere buone, oneste e a fare un po' di attenzione per dare al Signore quanto vi chiede.
Dovete avere un orecchio nel laboratorio e con l'altro ascoltare il Signore, dicendo: "Signore, che vuoi che io faccia? Che desideri da me? Desidero formare una famiglia cristiana e morale, Tu che pensi?". Vi dovete consigliare con Lui, eh! non farlo di testa vostra; "Signore, credo che ho questa inclinazione, mi sembra di sentire questo desiderio di formare una famiglia, farò bene o male? Signore, aiutami per essere ciò che Tu desideri che io sia".
No una maglierista, questo è un fatto meccanico che si impara in quattro giorni; imparate ad essere giovani capaci di dare al Signore quello che vi chiede e ad essere luce nel paese dove vivete; giovani capaci di attrarre le anime al Signore e di illuminare le persone che si avvicinano a voi» (11).
Siamo nel 1965, quando ancora forse non si parlava diffusamente del matrimonio come vocazione, come risposta ad una chiamata, ad un progetto, unico ed irripetibile, pensato da Dio per me, per la mia vita e per quella della persona che ha pensato di pormi accanto.
Anche un testimone di quegli anni sottolinea come Madre Speranza avesse una precisa scala di valori, dove al primo posto c'era il bene della persona, al di là di ogni calcolo opportunistico o di guadagno, sebbene esortasse a rendere il massimo anche per mettere a frutto i talenti che ogni persona aveva gratuitamente ricevuto da Dio:
«La Madre, per curare la formazione promozionale delle ragazze in una forma più valida, passò dai corsi ad una vera e propria organizzazione a carattere di lavoro dipendente. Quando l'Ispettore regionale del lavoro le fece notare che con questo sistema ci avrebbe rimesso, la Madre rispose che invece ci avrebbe guadagnato, perché avrebbe in primo luogo tolto tante ragazze dalla strada, avrebbe messo loro in mano un mestiere che avesse loro consentito di lavorare a casa propria accudendo i figli e il marito, ed avrebbero inoltre avuto una formazione cristiana e morale».
Per la Madre formare una famiglia cristiana significava essenzialmente amare Gesù, rifarsi alla sua vita, al suo esempio, e questo lo indicava come l'elemento essenziale per fondare la casa sulla roccia:
«Quando viene qualche giovane a chiedere consiglio e mi dice che desidera formare una famiglia, la prima cosa che gli dico è questa: che stia attento nel vedere che la giovane che sceglie per formare la sua famiglia sia molto religiosa, e che ami molto Gesù; che sia della sua stessa educazione,... però, soprattutto che ami molto Gesù perché se ama il Signore formerà una famiglia cristiana e morale» (12).
La visione cristiana del matrimonio, l'essere ancorati a Cristo, non libera nessuna coppia dalle difficoltà, dalle crisi coniugali e familiari, ma aiuta e motiva un impegno serio per superarle, anche attraverso uno spirito di sacrificio e di offerta.
2) ...il Signore vi doni di formare una famiglia morale
«Il Signore vi doni di formare una famiglia morale»... Un rapporto vero, autentico, presuppone che ci siano alla base delle regole che liberamente si rispettano, delle scelte illuminate da un ideale, fondate su dei volori, che ci siano, in ultima analisi, dei principi su cui ancorare e per cui spendere la propria esistenza di coppia e di famiglia cristiana, come l'indissolubilità del matrimonio, la reciproca fedeltà, il rispetto, l'apertura alla vita, la disponibilità al progetto di Dio...
Nell'ultima enciclica, Veritatis Splendor, il Papa fa consistere l'atteggiamento morale nell'apertura dell'uomo all'Altro, con la A maiuscola, ma anche al coniuge, ai figli, ad ogni fratello... Sull'invito di Gesù al giovane ricco si articola l'intera enciclica: «Va, vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo; poi, vieni e seguimi» (13).
Vivere una vita morale non è, come ci ricorda il Papa nella Familiaris Consortio, qualcosa di opzionale, ma diventa il compito e l'impegno specifico di ogni coppia. Le scelte morali non sono disincarnate dal nostro vivere quotidiano, ma si calano proprio nei rapporti spiccioli di ogni giorno. L'amore, suggeriva la Madre, va alimentato, conquistato giorno per giorno.
Sapendo che non bastano i grandi ideali e conoscendo la debolezza e l'incostanza della natura umana, Madre Speranza pregava:
«Non permettere mai che pretenda conoscere da Te grandi cose e di operarne poche per Te. Fa, Gesù mio, che io viva sempre unita a Te e non abbia altra volontà che la tua» (14).
Una persona che fu molto vicina alla Madre per lunghi anni ricorda che «poche parole bastavano per trasmettere tanta luce, tanta pace e tanta fede». Venne a trovarlo a Collevalenza un suo familiare alla vigilia delle nozze.
«Avendo conferito con la Madre, afferma il testimone, rimasi impressionatissimo di ciò che gli aveva detto e ad una mia domanda di che cosa gli avesse parlato la Madre, rispose che gli aveva detto di fare un matrimonio cristiano e morale. Queste stesse parole io le avevo intese come ripetute dalla Madre a tutte le persone con responsabilità familiari, parole semplici, parole molto comuni che però producevano degli effetti mirabili e straordinari in chi le sentiva, segno che erano accompagnate da una forza spirituale dovuta alla preghiera, alla sofferenza e al calore materno di chi le pronunciava».
Così esortava una giovane coppia appena sposata:
«"Santificatevi, figli miei; io pregherò perché vi santifichiate". Ed aggiunse, rivolta alla sposa: "Tu sii vera madre per il tuo sposo, - e allo sposo - tu sii vero padre per la tua sposa"».
La misura più grande dell'amore: una vita donata per gli altri.
Questo forse è il «testamento» che Madre Speranza ha ereditato da Cristo, Amore Misericordioso. Per chi conosce qualcosa della sua vita, sarà forse noto l'atteggiamento che ella scelse per sé e che visse fino agli ultimi giorni: di essere un chiccho di grano che marcisce per portare frutto, una patata che dà vita a tante altre patate... una vittima, sull'esempio dell'Amore Misericordioso, per la salvezza di tanti fratelli.
Era solita dire che «la scienza dell'amore si apprende nel dolore».
Ella, che ha condiviso il dolore fino alle estreme conseguenze, che ha abbracciato la croce nei momenti di grandi sofferenze morali e fisiche... poteva invitare, esortare anche altri fratelli a fare altrettanto.
Nel giorno del suo compleanno, 30 settembre 1959, parlò ad un gruppo di malati venuti al Santuario; da allora sono passati trentacinque anni e ciò che la Madre disse in quel tempo è tanto vero ed attuale anche per i nostri giorni:
«Quando vedo un'anima che soffre, una creatura che non si può muovere, che non è in grado di far nulla a causa dell'infermità, che ha solamente libero il cuore per dire: "Signore, desidero amarti", sento gelosia e soffro poiché vorrei essere come loro.
Coraggio, figli miei; coraggio, figli miei! Soffrite con gioia e lodate il Signore. Intercedete per la pace; pregate per le famiglie che soffrono, pregate per tante madri che soffrono vedendo i loro figli che non si possono muovere, pregate, infine, perché la devozione dell'Amore Misericordioso si estenda nel mondo intero ed affinché nelle famiglie regni l'amore e la pace autentica, che proviene da Nostro Signore. Auguri, figli miei, auguri! Fate tesoro della prova, figli miei! (...)
Io sono la "portinaia" del Signore e voi dovete chiedere che presenti bene al Signore, ogni giorno, tutte le necessità che gli altri mi confidano e che possa ottenere da Lui tutto quello di cui le famiglie hanno bisogno. Pregate perché sia una portinaia fedele al Signore e che compia sempre quello che Lui vuole. (...) Voi che soffrite, figli miei, dite al Signore in questo modo: "Signore, aiuta la Madre", non perché mi dia più salute, ma affinché possa compiere sempre la sua divina volontà.
Non desidero altra cosa che fare la volontà del Signore, essere la sua portinaia per presentargli tutte le necessità che le famiglie mi confidano e poter ottenere da Lui le grazie che più necessitano. (...)
Soffrono molto, non per l'infermità come voi, ma per le cose e gli avvenimenti che succedono nella vita... Voi non ignorate lo squilibrio e la pazzia che regna oggi, chi tira di qua, chi tira di là e i matrimoni oggi sono una disgrazia... le famiglie un disastro... (...)
Poco tempo fa, un bambino mi disse che voleva parlare da solo con me. Gli chiesi: "Che ti succede, figlio mio?". "Madre, in casa mia, mio papà esce di casa, mia mamma sta sempre aggiustandosi... Io sono andato a casa con i voti degli esami e ho detto a mia mamma: 'Mamma, guarda la mia pagella!' Mi ha risposto: 'Lasciami ora che mi sto sistemando...'. L'ho detto a mio padre e mi ha ribattuto: 'Lasciami ora che devo uscire...' Allora l'ho messa al collo del cane, dicendogli: 'Tienila tu, che nessuno in questa casa vuole sapere nulla della mia pagella!'. Avete capito? Dovette metterla al cane perché la mamma doveva aggiustarsi, il papà doveva uscire ed il bambino da una parte all'altra con la sua pagella... A me questo ha causato una grande sofferenza. (...) Ecco come sono le famiglie di oggi, un disastro, ed i bambini soffrono...
Voi, chiamati dal Signore ad essere vittime di espiazione con l'infermità, pregate perché il Signore conceda unione alle famiglie, doni loro pace e le aiuti ad essere cristiane e morali.
Pregate il Signore per questo e per questa povera "portinaia", perché sempre possa copiere la Sua volontà» (15).
Il 15 settembre 1967, parlando alle sue figlie della Comunità di Collevalenza, impegnate in un intenso lavoro di maglieria, nonostante fosse un periodo caratterizzato da notevoli preoccupazioni economiche, la Madre trasmetteva che il suo unico anelito era vederle vivere proiettate al raggiungimento di beni più grandi:
«Su questa collina ho sognato sempre di avere anime che si consacrino al Signore, capaci di vivere come colombe e in spirito di espiazione per le anime; anime che possano essere provate, che sappiano accettare di essere accusate di una cosa che non hanno commesso, perché tutto offrirebbero al Signore (...). Anime impegnate nella loro santificazione e disposte a fare da "parafulmini".
Questa casa la vedevo in mezzo alla campagna, come il "parafulmine" delle famiglie e delle persone che qui verranno...
Vi vedevo così, "figlie parafulmini" delle famiglie e di tutte le anime che qui verranno, sempre disposte a riparare davanti all'Amore e alla Misericordia del Signore, perché tutti quelli che qui vengono tristi e sconfortati, non se ne vadano senza sperimentare la consolazione del Signore. (...)
Per questo vengo a dirvi, figlie mie, che con il vostro lavoro e la vostra vita siate "parafulmini" della giustizia del Signore; siamo molte e se ci uniamo in questo ideale, ... il Signore si mostrerebbe contento» (16).
Anche oggi si è molto tentanti di fermasi all'orizzonte terreno, di rincorrere un guadagno, un benessere, una illusoria tranquillità... Quindi in un periodo tra i più difficili, ella spronava a cogliere in quella quotidianeità a volte pesante e monotona una dimensione di gran lunga più importante. La Madre esortava le figlie a trasformarsi in «parafulmini», a mettere una precisa intenzione nella loro offerta, nella loro vita.
Un augurio
Quanto abbiamo tentato di dire è sicuramente solo un piccolo accenno ad un aspetto tanto importante e significativo nella vita e nella missione della Madre. Basterebbe solamente guardare alla sua vita quotidiana per coglierne le molteplici sfumature, espressioni di un amore e di una attenzione tutta particolare alle esigenze fisiche, morali e spirituali delle famiglie.
La Madre che intuiva e conosceva molto bene i bisogni del cuore umano, era solita salutare augurando salute e pace. Possiamo concludere con queste due ultime espressioni, rivolte da lei ad alcuni pellegrini negli anni 1965 e 1966:
«...che vi dia la pace. Che conceda figli a chi non li ha, pace alle famiglie che non ce l'hanno e lavoro a coloro che non lo trovano» (17). «Pregherò perché il Signore vi dia salute, vi illumini e benedica le vostre famiglie» (18).
(Berardi Marina)
Riproponiamo alcune riflessioni sull’attenzione particolare che Madre Speranza ha avuto per la Famiglia, prima cellula della società e chiamata, per vocazione, ad essere comunità di vita e di amore. Attraverso la sua maternità e santità di vita, la Madre può dare un notevole contributo per aiutarci a riscoprire quei valori su cui si dovrebbe fondare ed ancorare ogni famiglia cristiana di cui non vogliamo solo scoprire i limiti ma anche le risorse, per gettare uno sguardo retrospettivo che illumini il presente e prepari un futuro migliore.
Dall'esperienza di un Dio personale
Gesù, fatto uomo, è venuto a condividere la nostra vita, quella di tutti i giorni, le nostre gioie, le nostre fatiche..., ha vissuto assoggettato a Maria e Giuseppe, crescendo in santità e grazia,... ha lavorato nel nascondimento e nell'umile lavoro di suo padre..., ha avvicinato famiglie nella sofferenza ed ha portato salute, pace del cuore, perdono...
Il Dio incontrato e conosciuto dalla Madre è quello che si "incarna" nella nostra in questa complessa e contraddittoria realtà, è un Dio presente nella vita di tutti i giorni, oserei dire, soprattutto di quelli feriali, quando la routine si fa pesante, quando le fatiche e i dispiaceri sembrano schiacciarci e togliere ogni spazio alla fiducia.
Anche per la Madre non sono mancate difficoltà interne ed esterne alla sua Famiglia religiosa, ma il suo atteggiamento è stato sempre quello di un profondo abbandono nelle braccia di quel Dio che aveva scoperto Padre.
«Fra tutti i sentimenti e convinzioni l'esperienza che rimane più impressa nel cuore e nella mente è il poter chiamare padre Dio in persona» (1).
Il "segreto" della sua fecondità apostolica e della sua incisività verso chiunque avvicinava anche per pochi minuti credo nasca proprio dall'aver fatto esperienza di un Dio che non era un «Padre offeso per le ingratitudini dei suoi figli» ma, al contrario, un
«Padre buono che cerca in tutti i modi la maniera di confortare, aiutare e far felici i suoi figli, che li segue e li cerca con amore instancabile, come se Lui non potesse essere felice senza di loro» (2).
Molte potrebbero essere le testimonianze di quanti hanno fatto esperienza di questo Dio che entra personalmente nella storia di ognuno, in quella situazione particolare, quel giorno... che comunica Amore, e questa volta con la A maiuscola.
Questo è il Gesù che Madre Speranza ha incontrato ed accolto. Nell'Amore Misericordioso, ella ha saputo trasformare la sua vita in un dono ai fratelli, per donare speranza, per annunciare la gioia di poter «chiamare Padre a tutto un Dio», per intercedere per la salute dei sofferenti ed il perdono dei peccatori...
In tutta la Scrittura, Dio sembra «inseguire» l'uomo con instancabile e fedele amore, con gli stessi sentimenti di uno sposo che cerca la sua sposa, con quelli di un padre e di una madre che attendono con ansia il ritorno del figlio, che desiderano il suo bene. Sì, il Dio di Madre Speranza è Colui che mostra una particolare predilezione per coloro che sono più bisognosi di amore e di misericordia:
«Lui ama tutte le anime allo stesso modo, - scrive nel 1928 - e se esiste qualche differenza è quella di amare di più quelle che, cariche di difetti, si sforzano e lottano per essere come Lui le desidera [...]; l'uomo più perverso, il più abbandonato e miserabile è amato da Lui con tenerezza immensa, è per questi un padre ed una tenera madre» (3).
Questa manifestazione di Dio sembra stridere con la nostra tendenza a crederci in diritto di essere amati per i nostri meriti, per le opere buone che talvolta compiamo... sembra stridere con una cultura dominante che rifiuta ed emargina quanti non rientrano nella cosiddetta categoria di «brave persone»... eppure proprio per queste persone Dio è padre e tenera madre.
In un mondo alla ricerca del sensazionale, il vero miracolo è proprio quello compiuto da Dio che invita ed aiuta ogni uomo a superarsi nelle sue capacità e nei suoi limiti, nell'individualismo e nelle paure... per condurlo ad un incontro personale con Lui ed in Lui con gli altri.
Questo amore è quello che ha conquistato la Madre, un amore incondizionato, senza riserve. Questo stesso amore Madre Speranza ha voluto che animasse la vita religiosa, pensata come una Famiglia, di cui ella stessa ne ha fatto esperienza. Ha voluto che tale amore animasse anche la vita e il rapporto di ogni famiglia umana, così come lo ha riproposto e raccomadato a tanti genitori e a tanti figli. Vediamolo insieme.
Una esperienza nuova di vita religiosa:
una Famiglia Religiosa, di religiosi e di religiose,
che fosse modello, aiuto e servizio a tutte le famiglie.
Le due Congregazioni fondate dalla Madre, le Ancelle e i Figli dell'Amore Misericordioso, sono state pensate da Dio come un'unica realtà, una Famiglia Religiosa.
Le Costituzioni scritte dalla Madre, fin dal 1930, contenevano già in germe questo nuovo progetto:
«Il buon Gesù mi ha detto che è giunto il momento che scriva le Costituzioni, sulle quali, più tardi, si dovranno reggere i Figli dell'Amore Misericordioso e, molto presto, la Congregazione delle Ancelle dell'Amore Misericordioso. Da tali Costituzioni debbo copiare quanto si riferisce alle Ancelle, lasciando a parte ciò che più tardi dovranno osservare i Figli del suo Amore Misericordioso» (4).
Per i suoi figli, Madre Speranza chiedeva che rimanessero fedeli a questo grande ed innovativo progetto d'amore, per essere testimoni di comunione in Lui:
«Chiedo sempre al Buon Gesù che le due Congregazioni, così come Lui le ha volute, si aiutino e si completino mutuamente, vivendo sempre unite dall'amore e dalla carità» (5).
Un Santuario a servizio della famiglia
Questo stile di vita voleva trasparisse in ogni sua attività, in ogni rapporto poiché diceva che tale testimonianza avrebbe aiutato a scoprire e a comprendere la dimensione dell'amore autentico, evangelico. Fra tutte le sue attività e Opere ha un significato particolare il Santuario all'Amore Misericordioso in Collevalenza, da dove vi parliamo: vi ha dedicato gli ultimi trent'anni della sua vita. Questo luogo che è divenuto culla della vocazione e centro di spiritualità della sua Famiglia religiosa e modello e aiuto per tante famiglie.
Nel servizio al Santuario, la Madre insisteva ai suoi figli sulla necessità di essere testimoni dello spirito di famiglia per i tanti pellegrini e le tante famiglie che qui giungono. Desiderava che l'accoglienza dei padri al Santuario e delle suore alla Casa del Pellegrino, fosse espressione dell'accoglienza e dell'anelito di Dio Padre di abbracciare ogni uomo.
«Il luogo dove si cacciavano gli uccelli... doveva trasformarsi, secondo l'Amore Misericordioso, in un luogo per cacciare le anime... ed i Figli e le Ancelle dell'Amore Misericordioso con l'amore, la carità ed il sacrificio saranno il richiamo per queste anime, come un tempo quegli uccelli ne attiravano molti altri con il loro cinguettio» (6).
La Madre, si diceva, era una donna con i piedi per terra, attenta a valorizzare le piccole cose quotidiane per creare uno spirito di famiglia. L'Ingegnere che ha seguito i lavori del Complesso di Collevalenza, ricorda un piccolissimo dettaglio apparentemente insignificante che però credo riveli lo spirito con cui la Madre voleva venissero accolti i pellegrini:
«La Madre non volle mai creare, all'interno della sua opera, una conduzione di ristoro sul genere self-service, né nella Casa del Pellegrino, né nel sottopiazza.. Ella non ha mai inteso di infliggere ai pellegrini la privazione dall'essere serviti con affetto dalle suore. Non ha voluto neppure le tovaglie e i tovaglioli di carta, dovevano essere di stoffa, perché almeno qui sentissero il conforto come di essere in famiglia, una grande famiglia in Cristo» (7).
Il motivo ultimo è sempre Lui, l'Amore Misericordioso: lo cerca e lo scopre in ogni persona e in ogni avvenimento. Il Santuario dell'Amore Misericordioso, secondo la Madre, è stato voluto dal Signore come Centro di irradiazione di questa spiritualità così attuale per i nostri tempi, come centro di accoglienza dove tutti quelli che vengono possano, non solo ascoltare e capire il messaggio, ma fare esperienza dell'Amore incredibile del Padre. Perchè l'amore che si vive in una famiglia è ...un "riflesso" dell'Amore di Dio
Potremmo definire la famiglia: ...un "riflesso" dell'Amore di Dio. Quando Dio parla dell'amore perfetto lo esprime paragonandolo a quello di uno sposo per la sua sposa, di un padre e di una madre ad indicare che, l'amore che unisce i membri di una famiglia, per Lui è un "riflesso" del suo amore per l'uomo.
Nel discorso dell'Angelus del 5 dicembre scorso, il Papa sottolineava che la famiglia è la speciale strada del Signore perché prima ed insostituibile comunità d'amore, perché luogo privilegiato dove fare esperienza di pace (8).
Nel 1980 il Papa scriveva nella Dives in Misericordia:
«L'uomo contemporaneo si interroga spesso, con profonda ansia, circa la soluzione delle terribili tensioni, che si sono accumulate sul mondo e si intrecciano in mezzo agli uomini» (9).
In Cristifidelis laici, anni più tardi, il Papa tornava a ribadire che «...l'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia» (10).
Famiglie cristiane e morali
L'amore incondizionato e senza riserva di Cristo per l'uomo dovrebbe essere anche quello che circola all'interno di ogni famiglia, tra i coniugi, tra genitori e figli, ecc. Anche Madre Speranza è stata chiamata dal Signore a formare gli uomini di domani con delle basi solide, con dei principi saldi per impedire che, rimanendo nell'ignoranza, divenissero facile preda di dottrine ideologiche fuorvianti.
Nel nucleo familiare il vero amore dovrebbe esprimersi nel desiderio di essere vicino l'un l'altro, di donarsi, di dimenticarsi per il bene di chi il Signore ci ha messo accanto, sull'esempio di Lui che ha dato la vita per i suoi amici.
I discorsi di Madre Speranza sulla famiglia non sono nè molti nè articolati né studiati, non ha scritto nulla a tavolino. Sono invece frutto di una conoscenza diretta e concreta, di una grande condivisione con tutte quelle persone che il Signore, ogni giorno, le inviava.
E' la partecipazione ai loro problemi, il pagare di persona, la contemplazione, che la mette in grado di trasmettere, con una sola e semplice espressione, la carica affettiva e trasformante insita nelle sue parole.
In particolare, c'è una espressione che nella Madre ricorre come una costante, come un invito pressante: chiedete al Signore..., il Signore vi doni di formare una famiglia... cristiana e morale. Lo ripeteva ai pellegrini che riceveva, alle ragazze che lavoravano nel laboratorio di Collevalenza, agli abitanti di questo paese... a quanti incontrava.
1) ...il Signore vi doni di formare una famiglia cristiana
«Il Signore vi doni di formare una famiglia cristiana»... non era una semplice esortazione. Un giorno, parlando alle ragazze del laboratorio di maglieria in Collevalenza, così si esprimeva:
«Siete giovani che dite di esser venute per essere maglieriste ed io non dico che non sia vero, però, aggiungo che dovete imparare ad essere buone, oneste e a fare un po' di attenzione per dare al Signore quanto vi chiede.
Dovete avere un orecchio nel laboratorio e con l'altro ascoltare il Signore, dicendo: "Signore, che vuoi che io faccia? Che desideri da me? Desidero formare una famiglia cristiana e morale, Tu che pensi?". Vi dovete consigliare con Lui, eh! non farlo di testa vostra; "Signore, credo che ho questa inclinazione, mi sembra di sentire questo desiderio di formare una famiglia, farò bene o male? Signore, aiutami per essere ciò che Tu desideri che io sia".
No una maglierista, questo è un fatto meccanico che si impara in quattro giorni; imparate ad essere giovani capaci di dare al Signore quello che vi chiede e ad essere luce nel paese dove vivete; giovani capaci di attrarre le anime al Signore e di illuminare le persone che si avvicinano a voi» (11).
Siamo nel 1965, quando ancora forse non si parlava diffusamente del matrimonio come vocazione, come risposta ad una chiamata, ad un progetto, unico ed irripetibile, pensato da Dio per me, per la mia vita e per quella della persona che ha pensato di pormi accanto.
Anche un testimone di quegli anni sottolinea come Madre Speranza avesse una precisa scala di valori, dove al primo posto c'era il bene della persona, al di là di ogni calcolo opportunistico o di guadagno, sebbene esortasse a rendere il massimo anche per mettere a frutto i talenti che ogni persona aveva gratuitamente ricevuto da Dio:
«La Madre, per curare la formazione promozionale delle ragazze in una forma più valida, passò dai corsi ad una vera e propria organizzazione a carattere di lavoro dipendente. Quando l'Ispettore regionale del lavoro le fece notare che con questo sistema ci avrebbe rimesso, la Madre rispose che invece ci avrebbe guadagnato, perché avrebbe in primo luogo tolto tante ragazze dalla strada, avrebbe messo loro in mano un mestiere che avesse loro consentito di lavorare a casa propria accudendo i figli e il marito, ed avrebbero inoltre avuto una formazione cristiana e morale».
Per la Madre formare una famiglia cristiana significava essenzialmente amare Gesù, rifarsi alla sua vita, al suo esempio, e questo lo indicava come l'elemento essenziale per fondare la casa sulla roccia:
«Quando viene qualche giovane a chiedere consiglio e mi dice che desidera formare una famiglia, la prima cosa che gli dico è questa: che stia attento nel vedere che la giovane che sceglie per formare la sua famiglia sia molto religiosa, e che ami molto Gesù; che sia della sua stessa educazione,... però, soprattutto che ami molto Gesù perché se ama il Signore formerà una famiglia cristiana e morale» (12).
La visione cristiana del matrimonio, l'essere ancorati a Cristo, non libera nessuna coppia dalle difficoltà, dalle crisi coniugali e familiari, ma aiuta e motiva un impegno serio per superarle, anche attraverso uno spirito di sacrificio e di offerta.
2) ...il Signore vi doni di formare una famiglia morale
«Il Signore vi doni di formare una famiglia morale»... Un rapporto vero, autentico, presuppone che ci siano alla base delle regole che liberamente si rispettano, delle scelte illuminate da un ideale, fondate su dei volori, che ci siano, in ultima analisi, dei principi su cui ancorare e per cui spendere la propria esistenza di coppia e di famiglia cristiana, come l'indissolubilità del matrimonio, la reciproca fedeltà, il rispetto, l'apertura alla vita, la disponibilità al progetto di Dio...
Nell'ultima enciclica, Veritatis Splendor, il Papa fa consistere l'atteggiamento morale nell'apertura dell'uomo all'Altro, con la A maiuscola, ma anche al coniuge, ai figli, ad ogni fratello... Sull'invito di Gesù al giovane ricco si articola l'intera enciclica: «Va, vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo; poi, vieni e seguimi» (13).
Vivere una vita morale non è, come ci ricorda il Papa nella Familiaris Consortio, qualcosa di opzionale, ma diventa il compito e l'impegno specifico di ogni coppia. Le scelte morali non sono disincarnate dal nostro vivere quotidiano, ma si calano proprio nei rapporti spiccioli di ogni giorno. L'amore, suggeriva la Madre, va alimentato, conquistato giorno per giorno.
Sapendo che non bastano i grandi ideali e conoscendo la debolezza e l'incostanza della natura umana, Madre Speranza pregava:
«Non permettere mai che pretenda conoscere da Te grandi cose e di operarne poche per Te. Fa, Gesù mio, che io viva sempre unita a Te e non abbia altra volontà che la tua» (14).
Una persona che fu molto vicina alla Madre per lunghi anni ricorda che «poche parole bastavano per trasmettere tanta luce, tanta pace e tanta fede». Venne a trovarlo a Collevalenza un suo familiare alla vigilia delle nozze.
«Avendo conferito con la Madre, afferma il testimone, rimasi impressionatissimo di ciò che gli aveva detto e ad una mia domanda di che cosa gli avesse parlato la Madre, rispose che gli aveva detto di fare un matrimonio cristiano e morale. Queste stesse parole io le avevo intese come ripetute dalla Madre a tutte le persone con responsabilità familiari, parole semplici, parole molto comuni che però producevano degli effetti mirabili e straordinari in chi le sentiva, segno che erano accompagnate da una forza spirituale dovuta alla preghiera, alla sofferenza e al calore materno di chi le pronunciava».
Così esortava una giovane coppia appena sposata:
«"Santificatevi, figli miei; io pregherò perché vi santifichiate". Ed aggiunse, rivolta alla sposa: "Tu sii vera madre per il tuo sposo, - e allo sposo - tu sii vero padre per la tua sposa"».
La misura più grande dell'amore: una vita donata per gli altri.
Questo forse è il «testamento» che Madre Speranza ha ereditato da Cristo, Amore Misericordioso. Per chi conosce qualcosa della sua vita, sarà forse noto l'atteggiamento che ella scelse per sé e che visse fino agli ultimi giorni: di essere un chiccho di grano che marcisce per portare frutto, una patata che dà vita a tante altre patate... una vittima, sull'esempio dell'Amore Misericordioso, per la salvezza di tanti fratelli.
Era solita dire che «la scienza dell'amore si apprende nel dolore».
Ella, che ha condiviso il dolore fino alle estreme conseguenze, che ha abbracciato la croce nei momenti di grandi sofferenze morali e fisiche... poteva invitare, esortare anche altri fratelli a fare altrettanto.
Nel giorno del suo compleanno, 30 settembre 1959, parlò ad un gruppo di malati venuti al Santuario; da allora sono passati trentacinque anni e ciò che la Madre disse in quel tempo è tanto vero ed attuale anche per i nostri giorni:
«Quando vedo un'anima che soffre, una creatura che non si può muovere, che non è in grado di far nulla a causa dell'infermità, che ha solamente libero il cuore per dire: "Signore, desidero amarti", sento gelosia e soffro poiché vorrei essere come loro.
Coraggio, figli miei; coraggio, figli miei! Soffrite con gioia e lodate il Signore. Intercedete per la pace; pregate per le famiglie che soffrono, pregate per tante madri che soffrono vedendo i loro figli che non si possono muovere, pregate, infine, perché la devozione dell'Amore Misericordioso si estenda nel mondo intero ed affinché nelle famiglie regni l'amore e la pace autentica, che proviene da Nostro Signore. Auguri, figli miei, auguri! Fate tesoro della prova, figli miei! (...)
Io sono la "portinaia" del Signore e voi dovete chiedere che presenti bene al Signore, ogni giorno, tutte le necessità che gli altri mi confidano e che possa ottenere da Lui tutto quello di cui le famiglie hanno bisogno. Pregate perché sia una portinaia fedele al Signore e che compia sempre quello che Lui vuole. (...) Voi che soffrite, figli miei, dite al Signore in questo modo: "Signore, aiuta la Madre", non perché mi dia più salute, ma affinché possa compiere sempre la sua divina volontà.
Non desidero altra cosa che fare la volontà del Signore, essere la sua portinaia per presentargli tutte le necessità che le famiglie mi confidano e poter ottenere da Lui le grazie che più necessitano. (...)
Soffrono molto, non per l'infermità come voi, ma per le cose e gli avvenimenti che succedono nella vita... Voi non ignorate lo squilibrio e la pazzia che regna oggi, chi tira di qua, chi tira di là e i matrimoni oggi sono una disgrazia... le famiglie un disastro... (...)
Poco tempo fa, un bambino mi disse che voleva parlare da solo con me. Gli chiesi: "Che ti succede, figlio mio?". "Madre, in casa mia, mio papà esce di casa, mia mamma sta sempre aggiustandosi... Io sono andato a casa con i voti degli esami e ho detto a mia mamma: 'Mamma, guarda la mia pagella!' Mi ha risposto: 'Lasciami ora che mi sto sistemando...'. L'ho detto a mio padre e mi ha ribattuto: 'Lasciami ora che devo uscire...' Allora l'ho messa al collo del cane, dicendogli: 'Tienila tu, che nessuno in questa casa vuole sapere nulla della mia pagella!'. Avete capito? Dovette metterla al cane perché la mamma doveva aggiustarsi, il papà doveva uscire ed il bambino da una parte all'altra con la sua pagella... A me questo ha causato una grande sofferenza. (...) Ecco come sono le famiglie di oggi, un disastro, ed i bambini soffrono...
Voi, chiamati dal Signore ad essere vittime di espiazione con l'infermità, pregate perché il Signore conceda unione alle famiglie, doni loro pace e le aiuti ad essere cristiane e morali.
Pregate il Signore per questo e per questa povera "portinaia", perché sempre possa copiere la Sua volontà» (15).
Il 15 settembre 1967, parlando alle sue figlie della Comunità di Collevalenza, impegnate in un intenso lavoro di maglieria, nonostante fosse un periodo caratterizzato da notevoli preoccupazioni economiche, la Madre trasmetteva che il suo unico anelito era vederle vivere proiettate al raggiungimento di beni più grandi:
«Su questa collina ho sognato sempre di avere anime che si consacrino al Signore, capaci di vivere come colombe e in spirito di espiazione per le anime; anime che possano essere provate, che sappiano accettare di essere accusate di una cosa che non hanno commesso, perché tutto offrirebbero al Signore (...). Anime impegnate nella loro santificazione e disposte a fare da "parafulmini".
Questa casa la vedevo in mezzo alla campagna, come il "parafulmine" delle famiglie e delle persone che qui verranno...
Vi vedevo così, "figlie parafulmini" delle famiglie e di tutte le anime che qui verranno, sempre disposte a riparare davanti all'Amore e alla Misericordia del Signore, perché tutti quelli che qui vengono tristi e sconfortati, non se ne vadano senza sperimentare la consolazione del Signore. (...)
Per questo vengo a dirvi, figlie mie, che con il vostro lavoro e la vostra vita siate "parafulmini" della giustizia del Signore; siamo molte e se ci uniamo in questo ideale, ... il Signore si mostrerebbe contento» (16).
Anche oggi si è molto tentanti di fermasi all'orizzonte terreno, di rincorrere un guadagno, un benessere, una illusoria tranquillità... Quindi in un periodo tra i più difficili, ella spronava a cogliere in quella quotidianeità a volte pesante e monotona una dimensione di gran lunga più importante. La Madre esortava le figlie a trasformarsi in «parafulmini», a mettere una precisa intenzione nella loro offerta, nella loro vita.
Un augurio
Quanto abbiamo tentato di dire è sicuramente solo un piccolo accenno ad un aspetto tanto importante e significativo nella vita e nella missione della Madre. Basterebbe solamente guardare alla sua vita quotidiana per coglierne le molteplici sfumature, espressioni di un amore e di una attenzione tutta particolare alle esigenze fisiche, morali e spirituali delle famiglie.
La Madre che intuiva e conosceva molto bene i bisogni del cuore umano, era solita salutare augurando salute e pace. Possiamo concludere con queste due ultime espressioni, rivolte da lei ad alcuni pellegrini negli anni 1965 e 1966:
«...che vi dia la pace. Che conceda figli a chi non li ha, pace alle famiglie che non ce l'hanno e lavoro a coloro che non lo trovano» (17). «Pregherò perché il Signore vi dia salute, vi illumini e benedica le vostre famiglie» (18).
L’anima sui passi di Madre Speranza
(Suor Rifugio Lanese eam)
L’AMORE SPONSALE VERSO IL SIGNORE
«A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!...
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora» (Mt 25,6.13)
Anche grazie alle sue esperienze mistiche, Madre Speranza ha compreso chiaramente che la consacrazione religiosa costituisce un vero patto sponsale con il Signore: un patto che possiede un sapore biblico; che coinvolge la persona tutta intera; che esige slancio amoroso e immolazione permanente; e che si apra poi ad una maternità (o paternità) di natura spirituale nei confronti del prossimo.
«Gesù mio, tienimi vicino, molto vicino a Te... Fa’ del mio cuore la tua dimora perpetua; e non permettere che vi entri giammai l’amore per nessuna creatura... Illumina i miei sensi con la luce della tua carità; e sii solo Tu a incamminarmi e istruirmi nei sentimenti più intimi del tuo Cuore. Degnati di avvolgere il mio spirito nel tuo così fortemente, che io rimanga sepolta in Te e così mi veda libera da me stessa. E vestimi della purezza della tua innocentissima vita». (6)
«Padre mio, come vorrei spiegare quella delizia d’amore che si sente nell’anima al contatto con il Buon Gesù! Però lo vedo impossibile, perché non si tratta di un movimento delle labbra, ma di un inno del cuore. Non è un semplice rumore di parole, ma salti di felicità, dove – secondo Lui – si uniscono non le voci, ma le volontà. Egli mi dice inoltre che la delizia dell’amore mai si potrà spiegare, né mai si potrà udire al di fuori di sé, perché è una melodia percepita solo da chi la canta e da colui al quale viene cantata. E’ – secondo Lui – un canto nuziale che esprime i casti e deliziosi abbracci di due anime, con l’unione dei sentimenti e la mutua corrispondenza degli affetti. Che forte è tutto ciò, Padre mio! E quanta felicità si incontra in questo mistero! Amiamo il nostro Dio con tutta l’anima, affinché il nostro Dio si consegni alla nostra anima con grande veemenza!». (7)
«Figlie mie, chi potrà mai spiegare la dolce intimità, l’espressiva tenerezza e l’ ardente carità che unisce l’anima casta con il suo Dio? "Vieni – le dice Gesù –, ti porrò l’anello dell’alleanza, ti coronerò di onore, ti rivestirò di gloria e ti farò gioire delle mie comunicazioni ineffabili di pace e di consolazione». (8)
«Figlie mie, la verginità consacrata possiede il merito e l’eccellenza del martirio. Con essa noi offriamo in sacrificio al Buon Gesù non solo il corpo ma anche il cuore. L’anima che sceglie per sempre questa condizione di vita dice al suo Dio: "Tu, Signore, sei il mio tesoro; in Te ho posto il mio amore e Tu mi basti; non ho bisogno d’altro per appagare il mio cuore"... La persona che sceglie Gesù come Sposo non è padrona di offrire il proprio affetto a nessuna creatura terrena, dato che deve vivere tutta per Colui che è già tutto per lei. Così essa è martire dell’Amore Divino; è ostia viva e gradita agli occhi del suo Dio». (9)
«Teniamo presente che il cuore è la fonte degli affetti spontanei, ma la volontà è la fonte degli affetti deliberati. Ora, gli uni e gli altri debbono essere purificati nel fuoco della carità, sapendo che chi dice carità dice amore, ma chi dice amore non sempre dice carità. Noi non dobbiamo né possiamo amare il prossimo per noi stessi, perché ciò sarebbe un amore egoista; e neppure per se stesso; dobbiamo invece amarlo nella misura in cui ci conduce alla gloria di Gesù». (10)
IL MATRIMONIO SACRAMENTO E SPONSALITA’ CON DIO
Non solo l’anima consacrata può ambire alla sponsalità con Dio ma ogni anima. L’amore che Dio ci offre è di tipo sponsale. Lui vuole accoglierci tutti nell’alveo del suo amore trinitario e perciò ci vuole accogliere nella sua intimità. Che altro è il Paradiso se non la comunione con Dio?
L’anima, qualsiasi vocazione abbia ricevuto su questa terra, se ha compiuto i passi precedenti, se si è purificata, se si è completamente data a Dio, se s’incontra con Lui nella preghiera del cuore e s’incontra ancora con Lui nel mistero dei fratelli, può cominciare a parlare di matrimonio spirituale.
Nel matrimonio i due hanno un unico progetto di vita, ognuno ha rinunciato ai suoi progetti personali per far proprio il progetto coniugale, armonicamente accolto e consacrato.
L’anima che ha rinunciato ai suoi progetti per impegnarsi nel progetto divino che Gesù le ha rivelato, tende alla perfezione dell’amore per Dio, anche passando attraverso il coniuge e i figli.
L’anima impegnata, secondo la sua vocazione nel matrimonio terreno, vede la relazione col coniuge saldamente inserita in quella di Dio: il coniuge è amato col cuore stesso di Dio, è amato come ama Dio che non ci ama perché siamo amabili ma perché Lui è Amore. L’anima decodifica l’amore spirituale che Dio ha per il coniuge, declinandolo nei gesti d’amore di cui il coniuge ha bisogno.
Altrettanto si dica per i figli, questi sono figli di Dio prima che essere figli suoi e perciò li tratta con amore delicato, attento, premuroso, cercando di custodire la loro innocenza finché piccoli, avviandoli a vivere onestamente, da veri cristiani man mano che crescono. Cerca di farli crescere in età, sapienza e grazia come la Madonna ha fatto crescere Gesù. La maternità e paternità è un compito che la coppia ha ricevuto da Dio e perciò è chiamata ad assolverlo con la massima attenzione, come si conviene a ciò che appartiene a Dio.
La giornata di una coppia santa viene vissuta come una liturgia: Il sorgere di ogni nuovo giorno inizia nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e quindi ci si inserisce fin dal primo istante nel mistero trinitario, sintonizzandosi al ritmo del giorno che nasce dopo ogni notte, e della notte che giunge puntuale a scandire il tempo del lavoro e del riposo. Si lascia avvolgere al mattino dalla luce calda del sole, che arriva come una carezza di Dio a darci il buongiorno e dall’ombra quieta della sera che concilia l’incontro confidenziale con Dio e poi si abbandona tra le sue braccia che, come una "Tenera Madre" spegne le luci del giorno e stende come una coperta sui suoi figli, stanchi dalle fatiche del giorno.
L’anima amante come dà il bacio del buongiorno e della buonanotte ai familiari, lo dà anche a Dio, chiedendogli magari perdono se pensa di averlo trascurato.
L’anima ha bisogno di relazioni come il corpo. Il rapporto con Dio nella fede è la relazione con il Vivente e quindi tratta con Lui come con il più caro amico, come con lo sposo al quale non si nasconde niente. Forte della sua esperienza, ha una grande fiducia in Lui che l’ha tirata fuori anche dalla notte buia, quando aveva l’impressione di gridare verso un cielo vuoto, l’ha sostenuta quando tutti, vedendo l’anima raminga, come la sposa del Cantico dei cantici e pensavano che sarebbe tornata verso il nulla. Così non è stato perché in realtà Lui si era solo ritirato, per vedere se l’amata l’avrebbe cercato e vedendola angosciata l’ha riempita di meriti e di grazie di predilezione che l’hanno irrobustita spiritualmente, mentre Egli ha avuto la prova che l’amata è tutta per sé.
Adesso, allenata al dolore dell’assenza, confortata dalla certezza della presenza, l’anima non chiede più attestati d’amore, sa che Lui è l’Amore e l’ama perdutamente, questo le basta.
Il fervore sensibile, se c’è è dono e ringrazia, ma se non c’è non cambia niente, la relazione con Dio continua e Lui, sia pure senza travolgerla in un amore appassionato, continua a stupirla con mille attenzioni che la colmano di meraviglia.
La fede pian piano è divenuta certezza e ora tutto quello che si vuole è fare la volontà dell’Amato.
Questo amore non divide la coppia ma la unisce sempre più, perché l’anima che si dona a Dio pian piano si perfeziona nell’amore e impara ad amare come Gesù, magari di amore di compiacenza, quando l’amore è corrisposto, di amore di attesa, quando si spera che l’altro/a pian piano imparerà a sua volta ad amare, di amore sofferente quando l’amore è crocifiggente, come lo sa rendere l’egoismo non controllato.
Questo ha vissuto la Madre Speranza, questo ha insegnato ai suoi figli. La vita con Gesù è canto d’amore sempre, la scena di questo mondo passa anche con il suo carico di gioie e di dolore che, se vissuto in ambito redentivo, cioè se valorizzato unendolo a quello dell’innocente Redentore, diventa addirittura desiderabile.
«Stiano attenti i Religiosi a non ingannarsi dicendo che, in fondo, la perfezione consiste nella purezza interiore del cuore; poiché, se questo è vero, è altrettanto vero che la purezza interiore non la si ottiene senza la mortificazione dei sensi e il controllo del corpo, atteggiamenti che fanno da riparo alla purezza interiore: un po’ come la frutta che non arriva a maturazione senza la buccia». (11)
«Il non mortificarsi è più faticoso che il mortificarsi, dato che per mezzo della mortificazione si sottomette l’istinto alla ragione e alla volontà e queste al nostro Dio... La mortificazione va accompagnata dall’orazione: perché la prima senza la seconda cade nella superbia; e la seconda senza la prima non è costante... I mezzi per praticare la mortificazione sono: 1) passivi: accettando tutte le occasioni che ci si presentano, senza cercarle; 2) attivi: cercando tutte le occasioni possibili, nel rispetto della Legge divina e delle nostre Costituzioni». (12)
«Alcune mortificazioni sono per noi molto necessarie non soltanto per avanzare nella perfezione, ma anche per raggiungere la salvezza, dato che senza di loro ci esponiamo a cadere in peccato mortale. Non ci dimentichiamo che in noi esiste una lotta incessante; e che non possiamo mantenerci fedeli al Signore se non rinunciamo all’amore disordinato verso noi stessi, verso gli onori e verso i piaceri. Se vogliamo raggiungere la perfezione che il Buon Gesù desidera da noi, dobbiamo abbracciare la croce; e reprimere il desiderio degli onori per mezzo dell’ umiltà e il desiderio dei piaceri per mezzo della mortificazione o penitenza». (13)
«Se vogliamo veramente arrivare al grado di santità che il Signore ci chiede, dobbiamo castigare il nostro corpo e i nostri sensi senza alcuna compassione. Consideriamo infatti che un corpo ben mortificato è un servitore molto utile; un corpo non mortificato invece è un nemico molto pericoloso, che tende sempre ad asservire lo spirito e non viceversa. E il pericolo maggiore è che esso sta con noi sempre e ovunque; e che i suoi sensi sono altrettante porte aperte...». (14)
«La Madre non era affatto scrupolosa e ci diceva le cose con estrema chiarezza; però era anche personalmente casta negli sguardi, nelle parole e in tutto il suo comportamento. Nonostante la sua grande virtù, faceva uso di tante penitenze corporali, al punto che il suo corpo era completamente rovinato... Lei faceva uso continuo di cilici e discipline, che fabbricava da se stessa». (15)
«Un giorno, vedendo la Madre camminare a fatica (mentre era) appoggiata alla mia mano, le domandai se soffrisse molto. E lei mi rispose: "Questo corpo – di mio uso – è capitato male con me, figlio mio"». (16)
La Madre trattava il corpo come uno strumento di santificazione, perché noi, finché viviamo su questa terra, abbiamo l’anima che vivifica un corpo, perciò ci esprimiamo attraverso il corpo, parliamo attraverso il corpo, guardiamo, agiamo attraverso il corpo ma chi vive veramente è l’anima perciò, come dice la Madre, il corpo è un servitore non troppo docile, piuttosto esigente e se non lo dominiamo, se non gli imponiamo di compiere il suo dovere, facilmente si lascia prendere dalla pigrizia, dal più piacevole, dal più comodo, insomma da servo diventa il nostro padrone e noi diventiamo i suoi schiavi. Si inverte l’ordine degli addenti ma la somma non è la stessa perché se lo rendiamo docile alla nostra volontà e la nostra volontà è docile a quella di Dio, ci aiuta a santificarci, se invece noi ci sottomettiamo ai suoi capricci ci fa perdere tempo prezioso nel migliore dei casi, ci fa compiere azioni delle quali in seguito dovremo pentirci, non ci fa progredire nel perfezionamento di noi stessi e quindi ci allontana dalla perfezione a cui siamo chiamati, se vogliamo accogliere la grande proposta di Dio che è l’immortalità nella gloria ma che si ottiene utilizzando tutto il tempo che Dio ci ha concesso, perfezionandoci nell’amore.
La Madre non era nemica del sano divertimento: gli incontri ricreativi con lei erano piacevoli perché aveva anche il giusto umorismo, le feste si dovevano distinguere non solo in chiesa ma anche al refettorio, ai suoi figli ha dato una regola equilibrata che prevede un giusto rapporto – preghiera, lavoro, riposo – se poi era arrivata non solo ad accettare la sofferenza e santificarla, ma anche a desiderarla, era perché, alla scuola di Gesù, aveva capito la sua preziosità per la salvezza delle anime e quindi la chiedeva per poter aiutare tanti figli prodighi a tornare alla casa del Padre, tante pecorelle smarrite all’ovile di Cristo. Lei diceva che un’anima sposa di Cristo crocifisso non può che desiderare di vivere con Lui sulla stessa croce.
A rendere meno sgradito il sacrificio è il fine che l’anima si prefigge.
Anche lo sportivo che vuole raggiungere i suoi obiettivi si sottopone ad una severa disciplina, ma lo fa per raggiungere il povero podio che desidera.
Il traguardo che si prefigge l’anima è molto più ambizioso e per questo può esigere molto sacrificio perché molto dà.
La Madre Speranza diceva che per intraprendere il sentiero della santità, bisogna salire tre gradini:
"Per giungere alla santità l’anima deve salire tre gradini, cioè tre gradi di pietà:
L’anima deve chiudere la porta al peccato mortale. L’anima che ancora è schiava del peccato mortale non può superare questo primo scalone.
L’anima deve chiudere la porta al peccato veniale.
L’anima si spoglia dei suoi gusti, desideri, volontà e tende, in tutte le sue azioni di una certa importanza, di procurare la maggior gloria di Dio.
Saliamo questi tre gradini e l’anima, avendo preso ormai l’abitudine a rinunciare a se stessa e a sacrificarsi per procurare sempre la gloria di Dio, entra già nel cammino di santità nel quale vuole inoltrarsi, senza badare a difficoltà e spine che può incontrare nel cammino; tutto è piccolo per l’anima generosa, che fissa lo sguardo su Gesù e non ha altro desiderio che di sacrificarsi per la sua maggior gloria.
Solo dopo aver superato i tre gradini: allontanamento dal peccato mortale, dal peccato veniale e dalle imperfezioni si può cominciare a parlare di rapporto di intimità con Dio, di vera passione per Lui e anche di matrimonio spirituale, se l’anima ha rinunciato ad ogni suo progetto e ha assunto ormai come proprio il progetto di Dio; ed ha anche una grande passione per i fratelli, che desidera avvicinare al Cuore Misericordioso di Gesù.
VERIFICA PERSONALE
Ti sembra di aver superato il gradino del peccato mortale?
Verifica con attenzione come vivi tutti i comandamenti e i sacramenti.
Ti sembra di aver superato il gradino del peccato veniale deliberato?
Verifica se ti concedi ancora piccole bugie, critiche, incostanza nella preghiera, poca sensibilità misericordiosa verso i poveri di beni e anche verso i poveri spirituali…
Ti sembra di aver salito il gradino dell’attenzione delicata verso Dio e verso i fratelli?
Verifica se la tua conoscenza di Dio e del suo amore è abbastanza cresciuta, se riesci a capire il suo modo di amare in maniera incondizionata tutti i suoi figli, privilegiando in questo amore i più poveri, i più emarginati, i più perduti, per poterli redimere nel suo Amore Misericordioso.
Se i sentimenti di Gesù cominciano ad essere i tuoi sentimenti, puoi dire che la tua vita si sta orientando verso la vera intimità con Lui.
Se in famiglia riesci a dare ai tuoi familiari un amore puro, facendo filtrare nel tuo cuore l’amore di Dio, puoi dire di non essere lontano dal Regno di Dio.
Se non riesci a farlo sempre ma ci provi con costanza, non ti scoraggiare, persevera.
(Suor Rifugio Lanese eam)
L’AMORE SPONSALE VERSO IL SIGNORE
«A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!...
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora» (Mt 25,6.13)
Anche grazie alle sue esperienze mistiche, Madre Speranza ha compreso chiaramente che la consacrazione religiosa costituisce un vero patto sponsale con il Signore: un patto che possiede un sapore biblico; che coinvolge la persona tutta intera; che esige slancio amoroso e immolazione permanente; e che si apra poi ad una maternità (o paternità) di natura spirituale nei confronti del prossimo.
«Gesù mio, tienimi vicino, molto vicino a Te... Fa’ del mio cuore la tua dimora perpetua; e non permettere che vi entri giammai l’amore per nessuna creatura... Illumina i miei sensi con la luce della tua carità; e sii solo Tu a incamminarmi e istruirmi nei sentimenti più intimi del tuo Cuore. Degnati di avvolgere il mio spirito nel tuo così fortemente, che io rimanga sepolta in Te e così mi veda libera da me stessa. E vestimi della purezza della tua innocentissima vita». (6)
«Padre mio, come vorrei spiegare quella delizia d’amore che si sente nell’anima al contatto con il Buon Gesù! Però lo vedo impossibile, perché non si tratta di un movimento delle labbra, ma di un inno del cuore. Non è un semplice rumore di parole, ma salti di felicità, dove – secondo Lui – si uniscono non le voci, ma le volontà. Egli mi dice inoltre che la delizia dell’amore mai si potrà spiegare, né mai si potrà udire al di fuori di sé, perché è una melodia percepita solo da chi la canta e da colui al quale viene cantata. E’ – secondo Lui – un canto nuziale che esprime i casti e deliziosi abbracci di due anime, con l’unione dei sentimenti e la mutua corrispondenza degli affetti. Che forte è tutto ciò, Padre mio! E quanta felicità si incontra in questo mistero! Amiamo il nostro Dio con tutta l’anima, affinché il nostro Dio si consegni alla nostra anima con grande veemenza!». (7)
«Figlie mie, chi potrà mai spiegare la dolce intimità, l’espressiva tenerezza e l’ ardente carità che unisce l’anima casta con il suo Dio? "Vieni – le dice Gesù –, ti porrò l’anello dell’alleanza, ti coronerò di onore, ti rivestirò di gloria e ti farò gioire delle mie comunicazioni ineffabili di pace e di consolazione». (8)
«Figlie mie, la verginità consacrata possiede il merito e l’eccellenza del martirio. Con essa noi offriamo in sacrificio al Buon Gesù non solo il corpo ma anche il cuore. L’anima che sceglie per sempre questa condizione di vita dice al suo Dio: "Tu, Signore, sei il mio tesoro; in Te ho posto il mio amore e Tu mi basti; non ho bisogno d’altro per appagare il mio cuore"... La persona che sceglie Gesù come Sposo non è padrona di offrire il proprio affetto a nessuna creatura terrena, dato che deve vivere tutta per Colui che è già tutto per lei. Così essa è martire dell’Amore Divino; è ostia viva e gradita agli occhi del suo Dio». (9)
«Teniamo presente che il cuore è la fonte degli affetti spontanei, ma la volontà è la fonte degli affetti deliberati. Ora, gli uni e gli altri debbono essere purificati nel fuoco della carità, sapendo che chi dice carità dice amore, ma chi dice amore non sempre dice carità. Noi non dobbiamo né possiamo amare il prossimo per noi stessi, perché ciò sarebbe un amore egoista; e neppure per se stesso; dobbiamo invece amarlo nella misura in cui ci conduce alla gloria di Gesù». (10)
IL MATRIMONIO SACRAMENTO E SPONSALITA’ CON DIO
Non solo l’anima consacrata può ambire alla sponsalità con Dio ma ogni anima. L’amore che Dio ci offre è di tipo sponsale. Lui vuole accoglierci tutti nell’alveo del suo amore trinitario e perciò ci vuole accogliere nella sua intimità. Che altro è il Paradiso se non la comunione con Dio?
L’anima, qualsiasi vocazione abbia ricevuto su questa terra, se ha compiuto i passi precedenti, se si è purificata, se si è completamente data a Dio, se s’incontra con Lui nella preghiera del cuore e s’incontra ancora con Lui nel mistero dei fratelli, può cominciare a parlare di matrimonio spirituale.
Nel matrimonio i due hanno un unico progetto di vita, ognuno ha rinunciato ai suoi progetti personali per far proprio il progetto coniugale, armonicamente accolto e consacrato.
L’anima che ha rinunciato ai suoi progetti per impegnarsi nel progetto divino che Gesù le ha rivelato, tende alla perfezione dell’amore per Dio, anche passando attraverso il coniuge e i figli.
L’anima impegnata, secondo la sua vocazione nel matrimonio terreno, vede la relazione col coniuge saldamente inserita in quella di Dio: il coniuge è amato col cuore stesso di Dio, è amato come ama Dio che non ci ama perché siamo amabili ma perché Lui è Amore. L’anima decodifica l’amore spirituale che Dio ha per il coniuge, declinandolo nei gesti d’amore di cui il coniuge ha bisogno.
Altrettanto si dica per i figli, questi sono figli di Dio prima che essere figli suoi e perciò li tratta con amore delicato, attento, premuroso, cercando di custodire la loro innocenza finché piccoli, avviandoli a vivere onestamente, da veri cristiani man mano che crescono. Cerca di farli crescere in età, sapienza e grazia come la Madonna ha fatto crescere Gesù. La maternità e paternità è un compito che la coppia ha ricevuto da Dio e perciò è chiamata ad assolverlo con la massima attenzione, come si conviene a ciò che appartiene a Dio.
La giornata di una coppia santa viene vissuta come una liturgia: Il sorgere di ogni nuovo giorno inizia nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e quindi ci si inserisce fin dal primo istante nel mistero trinitario, sintonizzandosi al ritmo del giorno che nasce dopo ogni notte, e della notte che giunge puntuale a scandire il tempo del lavoro e del riposo. Si lascia avvolgere al mattino dalla luce calda del sole, che arriva come una carezza di Dio a darci il buongiorno e dall’ombra quieta della sera che concilia l’incontro confidenziale con Dio e poi si abbandona tra le sue braccia che, come una "Tenera Madre" spegne le luci del giorno e stende come una coperta sui suoi figli, stanchi dalle fatiche del giorno.
L’anima amante come dà il bacio del buongiorno e della buonanotte ai familiari, lo dà anche a Dio, chiedendogli magari perdono se pensa di averlo trascurato.
L’anima ha bisogno di relazioni come il corpo. Il rapporto con Dio nella fede è la relazione con il Vivente e quindi tratta con Lui come con il più caro amico, come con lo sposo al quale non si nasconde niente. Forte della sua esperienza, ha una grande fiducia in Lui che l’ha tirata fuori anche dalla notte buia, quando aveva l’impressione di gridare verso un cielo vuoto, l’ha sostenuta quando tutti, vedendo l’anima raminga, come la sposa del Cantico dei cantici e pensavano che sarebbe tornata verso il nulla. Così non è stato perché in realtà Lui si era solo ritirato, per vedere se l’amata l’avrebbe cercato e vedendola angosciata l’ha riempita di meriti e di grazie di predilezione che l’hanno irrobustita spiritualmente, mentre Egli ha avuto la prova che l’amata è tutta per sé.
Adesso, allenata al dolore dell’assenza, confortata dalla certezza della presenza, l’anima non chiede più attestati d’amore, sa che Lui è l’Amore e l’ama perdutamente, questo le basta.
Il fervore sensibile, se c’è è dono e ringrazia, ma se non c’è non cambia niente, la relazione con Dio continua e Lui, sia pure senza travolgerla in un amore appassionato, continua a stupirla con mille attenzioni che la colmano di meraviglia.
La fede pian piano è divenuta certezza e ora tutto quello che si vuole è fare la volontà dell’Amato.
Questo amore non divide la coppia ma la unisce sempre più, perché l’anima che si dona a Dio pian piano si perfeziona nell’amore e impara ad amare come Gesù, magari di amore di compiacenza, quando l’amore è corrisposto, di amore di attesa, quando si spera che l’altro/a pian piano imparerà a sua volta ad amare, di amore sofferente quando l’amore è crocifiggente, come lo sa rendere l’egoismo non controllato.
Questo ha vissuto la Madre Speranza, questo ha insegnato ai suoi figli. La vita con Gesù è canto d’amore sempre, la scena di questo mondo passa anche con il suo carico di gioie e di dolore che, se vissuto in ambito redentivo, cioè se valorizzato unendolo a quello dell’innocente Redentore, diventa addirittura desiderabile.
«Stiano attenti i Religiosi a non ingannarsi dicendo che, in fondo, la perfezione consiste nella purezza interiore del cuore; poiché, se questo è vero, è altrettanto vero che la purezza interiore non la si ottiene senza la mortificazione dei sensi e il controllo del corpo, atteggiamenti che fanno da riparo alla purezza interiore: un po’ come la frutta che non arriva a maturazione senza la buccia». (11)
«Il non mortificarsi è più faticoso che il mortificarsi, dato che per mezzo della mortificazione si sottomette l’istinto alla ragione e alla volontà e queste al nostro Dio... La mortificazione va accompagnata dall’orazione: perché la prima senza la seconda cade nella superbia; e la seconda senza la prima non è costante... I mezzi per praticare la mortificazione sono: 1) passivi: accettando tutte le occasioni che ci si presentano, senza cercarle; 2) attivi: cercando tutte le occasioni possibili, nel rispetto della Legge divina e delle nostre Costituzioni». (12)
«Alcune mortificazioni sono per noi molto necessarie non soltanto per avanzare nella perfezione, ma anche per raggiungere la salvezza, dato che senza di loro ci esponiamo a cadere in peccato mortale. Non ci dimentichiamo che in noi esiste una lotta incessante; e che non possiamo mantenerci fedeli al Signore se non rinunciamo all’amore disordinato verso noi stessi, verso gli onori e verso i piaceri. Se vogliamo raggiungere la perfezione che il Buon Gesù desidera da noi, dobbiamo abbracciare la croce; e reprimere il desiderio degli onori per mezzo dell’ umiltà e il desiderio dei piaceri per mezzo della mortificazione o penitenza». (13)
«Se vogliamo veramente arrivare al grado di santità che il Signore ci chiede, dobbiamo castigare il nostro corpo e i nostri sensi senza alcuna compassione. Consideriamo infatti che un corpo ben mortificato è un servitore molto utile; un corpo non mortificato invece è un nemico molto pericoloso, che tende sempre ad asservire lo spirito e non viceversa. E il pericolo maggiore è che esso sta con noi sempre e ovunque; e che i suoi sensi sono altrettante porte aperte...». (14)
«La Madre non era affatto scrupolosa e ci diceva le cose con estrema chiarezza; però era anche personalmente casta negli sguardi, nelle parole e in tutto il suo comportamento. Nonostante la sua grande virtù, faceva uso di tante penitenze corporali, al punto che il suo corpo era completamente rovinato... Lei faceva uso continuo di cilici e discipline, che fabbricava da se stessa». (15)
«Un giorno, vedendo la Madre camminare a fatica (mentre era) appoggiata alla mia mano, le domandai se soffrisse molto. E lei mi rispose: "Questo corpo – di mio uso – è capitato male con me, figlio mio"». (16)
La Madre trattava il corpo come uno strumento di santificazione, perché noi, finché viviamo su questa terra, abbiamo l’anima che vivifica un corpo, perciò ci esprimiamo attraverso il corpo, parliamo attraverso il corpo, guardiamo, agiamo attraverso il corpo ma chi vive veramente è l’anima perciò, come dice la Madre, il corpo è un servitore non troppo docile, piuttosto esigente e se non lo dominiamo, se non gli imponiamo di compiere il suo dovere, facilmente si lascia prendere dalla pigrizia, dal più piacevole, dal più comodo, insomma da servo diventa il nostro padrone e noi diventiamo i suoi schiavi. Si inverte l’ordine degli addenti ma la somma non è la stessa perché se lo rendiamo docile alla nostra volontà e la nostra volontà è docile a quella di Dio, ci aiuta a santificarci, se invece noi ci sottomettiamo ai suoi capricci ci fa perdere tempo prezioso nel migliore dei casi, ci fa compiere azioni delle quali in seguito dovremo pentirci, non ci fa progredire nel perfezionamento di noi stessi e quindi ci allontana dalla perfezione a cui siamo chiamati, se vogliamo accogliere la grande proposta di Dio che è l’immortalità nella gloria ma che si ottiene utilizzando tutto il tempo che Dio ci ha concesso, perfezionandoci nell’amore.
La Madre non era nemica del sano divertimento: gli incontri ricreativi con lei erano piacevoli perché aveva anche il giusto umorismo, le feste si dovevano distinguere non solo in chiesa ma anche al refettorio, ai suoi figli ha dato una regola equilibrata che prevede un giusto rapporto – preghiera, lavoro, riposo – se poi era arrivata non solo ad accettare la sofferenza e santificarla, ma anche a desiderarla, era perché, alla scuola di Gesù, aveva capito la sua preziosità per la salvezza delle anime e quindi la chiedeva per poter aiutare tanti figli prodighi a tornare alla casa del Padre, tante pecorelle smarrite all’ovile di Cristo. Lei diceva che un’anima sposa di Cristo crocifisso non può che desiderare di vivere con Lui sulla stessa croce.
A rendere meno sgradito il sacrificio è il fine che l’anima si prefigge.
Anche lo sportivo che vuole raggiungere i suoi obiettivi si sottopone ad una severa disciplina, ma lo fa per raggiungere il povero podio che desidera.
Il traguardo che si prefigge l’anima è molto più ambizioso e per questo può esigere molto sacrificio perché molto dà.
La Madre Speranza diceva che per intraprendere il sentiero della santità, bisogna salire tre gradini:
"Per giungere alla santità l’anima deve salire tre gradini, cioè tre gradi di pietà:
L’anima deve chiudere la porta al peccato mortale. L’anima che ancora è schiava del peccato mortale non può superare questo primo scalone.
L’anima deve chiudere la porta al peccato veniale.
L’anima si spoglia dei suoi gusti, desideri, volontà e tende, in tutte le sue azioni di una certa importanza, di procurare la maggior gloria di Dio.
Saliamo questi tre gradini e l’anima, avendo preso ormai l’abitudine a rinunciare a se stessa e a sacrificarsi per procurare sempre la gloria di Dio, entra già nel cammino di santità nel quale vuole inoltrarsi, senza badare a difficoltà e spine che può incontrare nel cammino; tutto è piccolo per l’anima generosa, che fissa lo sguardo su Gesù e non ha altro desiderio che di sacrificarsi per la sua maggior gloria.
Solo dopo aver superato i tre gradini: allontanamento dal peccato mortale, dal peccato veniale e dalle imperfezioni si può cominciare a parlare di rapporto di intimità con Dio, di vera passione per Lui e anche di matrimonio spirituale, se l’anima ha rinunciato ad ogni suo progetto e ha assunto ormai come proprio il progetto di Dio; ed ha anche una grande passione per i fratelli, che desidera avvicinare al Cuore Misericordioso di Gesù.
VERIFICA PERSONALE
Ti sembra di aver superato il gradino del peccato mortale?
Verifica con attenzione come vivi tutti i comandamenti e i sacramenti.
Ti sembra di aver superato il gradino del peccato veniale deliberato?
Verifica se ti concedi ancora piccole bugie, critiche, incostanza nella preghiera, poca sensibilità misericordiosa verso i poveri di beni e anche verso i poveri spirituali…
Ti sembra di aver salito il gradino dell’attenzione delicata verso Dio e verso i fratelli?
Verifica se la tua conoscenza di Dio e del suo amore è abbastanza cresciuta, se riesci a capire il suo modo di amare in maniera incondizionata tutti i suoi figli, privilegiando in questo amore i più poveri, i più emarginati, i più perduti, per poterli redimere nel suo Amore Misericordioso.
Se i sentimenti di Gesù cominciano ad essere i tuoi sentimenti, puoi dire che la tua vita si sta orientando verso la vera intimità con Lui.
Se in famiglia riesci a dare ai tuoi familiari un amore puro, facendo filtrare nel tuo cuore l’amore di Dio, puoi dire di non essere lontano dal Regno di Dio.
Se non riesci a farlo sempre ma ci provi con costanza, non ti scoraggiare, persevera.
L’anima sui passi di Madre Speranza
(Suor Rifugio Lanese eam)
DELICATEZZA DI COSCIENZA
Il Signore più di una volta ha invitato la Madre alla dolcezza, ad usare modi delicati anche nel correggere le suore. Nelle esortazioni ci diceva che dal momento in cui ci siamo consegnati a Gesù, siamo tenute a migliorare anche il nostro modo di comportarci, evitando parole grossolane, risate sguaiate, incedere troppo disinvolto improprio di religiose che sempre devono edificare il popolo di Dio anche con il comportamento modesto, raccolto, ecc… criveva, infatti, nelle costituzioni:
"Senza una fede viva e soprannaturale, è molto difficile la pratica della vera carità. Pertanto ogni religiosa veda in ogni consorella un’anima suggellata con l’immagine di Gesù e nobilitata con l’altissima dignità di sua sposa.
Le religiose formano una famiglia distinta e perciò debbono evitare nelle parole, modi, sentimenti, tutto ciò che è grossolano e volgare; siano amabili nel tratto, compiacendosi mutuamente in quello che non sia offesa di Gesù, usando buone forme al chiedere o negare qualcosa, lo stesso che al comandare; nessuna chiami un’altra per motti o soprannomi, né dia del "tu".
La carità interpreta favorevolmente le azioni, le guarda con occhi semplici e retti, scusando l’intenzione, quando non può giustificare l’azione; soffre disprezzi, offesa, non mormora, non reagisce.
Formando tutte le suore una Famiglia, si soccorreranno mutuamente nelle necessità, si consolino nelle tristezze e si rallegrino del bene. Quando alcuna conosca di aver offesa, rattristata o mortificata un’altra, sia pronta a riparare, a darle soddisfazione completa, chiedendo umilmente perdono.
Le suore evitino diligentemente i giudizi temerari, i sussurri, i pettegolezzi; giammai si deve ascoltare ciò che si dice contro il prossimo, molto meno comunicare quello che contro di esso si è udito, poiché questo è seminare zizzania nel campo della Religione che deve essere campo di pace, di vero amore. Vigilino i superiori con santo zelo contro questa peste della comunità".
(Costituzioni delle EAM).
GESU’ CI FA PERSONE DISTINTE
Ovviamente il cammino alla sequela di Gesù è una scuola di ingentilimento della persona. Infatti, seguendo Gesù la persona si raffina, diventa più attenta, più delicata, meno grossolana; dà senso a quello che fa, non agisce "a casaccio", riesce pian piano a valorizzare tutto quello che fa, non parla per dar fiato alla bocca, ma fa passare le sue parole per la mente e per il cuore, perché non feriscano nessuno, ma fa tutto nella semplicità di chi esprime semplicemente se stessa, perché Dio l’ha cambiata nell’intimo. Ognuno può dare solo quello che ha: chi ha purificato il cuore, attraverso un cammino di attenzione a Gesù nella sua presenza mistica o nel mistero che il fratello racchiude, non ha bisogno di assumere atteggiamenti virtuosi, è virtuoso ed esprime semplicemente se stesso nella sua verità e nella sua libertà.
Veramente Gesù fa opera si promozione umana, innalza l’uomo ad una dignità che il mondo arrogante, volgare, grossolano, trasgressivo, ironico, cinico, burlone e a volte cattivo, non sa dare, perché non conosce la finezza della persona nobile.
La Madre ci dice che siamo una famiglia distinta non per natali ma perché Gesù ci ha inseriti nella sua intimità e come tali dobbiamo avere educazione, gentilezza, tratto cortese, signorilità, perché se le famiglie nobili educavano così i loro rampolli ai modi cortesi, a maggior ragione noi che per la misericordia divina siamo state chiamate ad essere spose del Re dei re.
"È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo". (Ef 4:11-13)
"Il nucleo centrale della nostra formazione in rapporto al carisma consiste nel formarci un cuore capace di tenerezza e di accoglienza misericordiosa verso tutti e in modo particolarissimo verso chi è più bisognosa.
Dobbiamo imparare a non giudicare nessuno assumendo un atteggiamento di ascolto, di rispetto, di profonda stima di fronte a quanto c’è in ogni uomo, per quanto egli stesso, nell’intimo del suo spirito, ha elaborato riguardo ai problemi personali più profondi ed importanti.
L’educazione alle virtù umane e cristiane è orientata a questa crescita nella carità misericordiosa, che diventa il principio unificante e il criterio abituale di verifica di tutto il nostro essere ed agire.
Dobbiamo raggiungere una sensibilità capace di intuire, con fede e con saggezza di cuore, le situazioni di maggiore bisogno, in modo da essere sempre più pronte nell’intervenire con disponibilità gratuita e fedele. (Costituzioni EAM N° 78)
DOMINIO DELLE PASSIONI
Mansuetudine, cortesia sincera, gentilezza sono le caratteristiche di un cuore delicato, di una coscienza vigile, di una carità misericordiosa.
Queste caratteristiche possono essere acquisite con l’impegno a diventare simili a Gesù, perfetto come Dio e come uomo, per il dominio che esercitava anche sulle sue passioni.
"Non dobbiamo farci illusioni di poter camminare per lungo tempo nella perfezione senza commettere nessun peccato che ritardi il nostro progresso spirituale; ciò è impossibile a meno che Dio ci conceda, per uno speciale privilegio, la fortuna di poter evitare tutti i peccati veniali. Ciò che sta in nostro potere, sempre aiutati dal Buon Gesù, è l’essere molto attenti per diminuire i peccati veniali deliberati ed anche diminuire il numero delle mancanze di fragilità, ma per questo è assai necessario che preghiamo e che alimentiamo in noi il vivo desiderio d perseverare nella nostra vocazione e di crescere sempre più nella santità, sempre per la maggior gloria di Dio.
Con molta frequenza si sente dire, perfino da persone religiose, che le passioni sono cattive e che pertanto si devono estirpare. Se ben riflettiamo, vedremo che non è così giacché niente di ciò che Dio ha posto nella natura umana è cattivo.
Pensiamo che il Buon Gesù ebbe passioni e molto ben ordinate; Egli amò non solo con la volontà, ma anche con il cuore; pianse per Lazzaro e per Gerusalemme ingrata; si lasciò prendere da santa ira con i venditori del Tempio; soffrì timore, tristezza ed avvilimento; ma ebbe sempre quelle passioni sottomesse al dominio della volontà e le subordinava al suo Padre.
Però quando le passioni sono disordinate producono gli effetti più perniciosi ed è necessario mortificarle e disciplinarle. Le passioni disordinate accecano l’anima perché tendono al proprio difetto con impeto, senza consultare la ragione, lasciandosi guidare solo dall’affetto o dal piacere e in questo sta l’elemento perturbatore, che inclina a giudicare falsamente e ad oscurare la retta ragione. L’appetito sensitivo è cieco per natura e sarebbe cieca l’anima che si lasciasse guidare da esso, invece di lasciarsi dirigere dal dovere.
Teniamo ben presente che quando l’anima cede alle passioni, si unisce alle creature, perde la sua dignità, contrae la malizia loro e le loro bruttezze ed invece di essere fedele immagine di Dio, diventa l’immagine delle cose alle quali si è affezionata.
Se davvero desideriamo camminare nella perfezione, dobbiamo essere molto attenti con le nostre passioni e non dimenticarci che basta un solo desiderio disordinato per rendere la nostra anima sudicia e brutta, fino al punto che in alcuna maniera può andare d’accordo con Dio fino a che non si purifichi, ed essendo così quale sarà la bruttezza dell’anima che abitualmente di trova del tutto disordinata nelle proprie passioni ed affidata ai propri capricci? Certamente quest’anima sarà molto lontana dalla purezza di Dio.
Persuadiamoci che se veramente desideriamo arrivare all’unione con Dio è necessario che mortifichiamo le nostre passioni, perché l’unione perfetta suppone che in noi non ci sia nessuna cosa contraria alla volontà di Dio, alcun attaccamento volontario alle creature o a noi stessi, perché dal momento in cui ci lasciamo prendere deliberatamente da qualche passione non ci sarà più unione perfetta fra la nostra volontà e quella di Dio.
Ci è addirittura impossibile avanzare nella perfezione senza dominare le nostre passioni e per questo dobbiamo contare sull’aiuto di Dio, chiesto nell’orazione, soffrire per amore del Buon Gesù, vivere e morire insieme a Lui. (Madre Speranza – El pan 16, 24-33)
In realtà la santità raffina tutto l’essere, dà il dominio di sé, libera progressivamente dagli appetiti della carne e dello spirito, unifica la persona intorno ad un unico fulcro che sazia il cuore e l’anima: Gesù. E’ un lavoro facile a dirsi ma non facile a realizzarsi perché richiede vigilanza, attenzione, cura anche delle piccole cose, una forte complicità con Dio.
Dio ama da Dio, Dio non ragiona come noi, il Cuore di Dio è incontenibile. Madre Speranza che chiese a Gesù l’esperienza del cambio del cuore, dovette ridarglielo perché l’amore era così totale che la portava alla morte. Ma solo avvicinandoci a questo Cuore riusciremo a guardare gli altri con venerazione e allora daremo il meglio di noi stessi nel rapporto con loro.
INNESTO NEL SUBLIME
Ma questo cuore così sublime non può essere innestato in una natura non lavorata. Per questo è necessaria la formazione umana sempre alla scuola di Gesù. Chi pretende di bruciare le tappe e vuole arrivare alla contemplazione senza aver messo ordine nella sua vita, senza purificare il cuore, senza il dovuto distacco dalle creature, senza liberarsi dalle dipendenze di un io invadente, rischia grosse delusioni.
E’ bene perciò che ogni anima abbia una guida spirituale che l’aiuti a capire ciò che si muove nel suo mondo interiore e le trappole a cui la propria natura la espone.
MEZZI DELLA GRAZIA: LA CONFESSIONE
La confessione e direzione spirituale sono mezzi della grazia che Gesù ha messo a nostra disposizione per non correre rischi.
"Tutti sappiamo che quando l’anima che aspira alla perfezione ha avuto la disgrazia di offendere Dio, commettendo in un momento di debolezza qualche peccato mortale, deve accusarsi di esso o di essi con tutta sincerità e chiaramente, senza dissimulazione, e deve manifestare con tutta chiarezza, umiltà e sinceramente il numero e la specie, indicando le cause delle cadute, chiedendo con vera ansia i consigli necessari.
E’ assolutamente necessario avere contrizione profonda, proposito fermo di evitare in seguito non solo i peccati in se stessi ma anche le occasioni e le cause che ci hanno condotto all’abisso; dobbiamo avere grande confidenza nel perdono e come il figlio prodigo lanciarci fra le braccia del nostro Padre buono, chiedendogli che ci perdoni, e, sicuri sempre del suo perdono, chiedergli che rivesta di nuovo la nostra povera anima con la sua grazia e ci conceda di non tornare ad offenderlo più e che nella nostra anima sia sempre vivo il sentimento ed il dolore di aver offeso Dio.
Per quanto riguarda le mancanze veniali, tutti sappiamo che sono di due specie: quelle che commettiamo con proposito deliberato, sapendo che offendiamo Dio, preferendo momentaneamente il nostro piacere alla sua Divina Volontà e quelle che commettiamo impensatamente per leggerezza, fragilità, mancanza di vigilanza o di forza, delle quali ci pentiamo subito, con la ferma volontà di non tornare a commetterle. Le prime sono un serio ostacolo per camminare nella perfezione, soprattutto quando sono frequenti e ci siamo attaccati ad esse, come per esempio se siamo propensi a fare giudizi temerari, se abbiamo nel nostro cuore qualche rancore, se nutriamo affetti naturali, sensibili o se siamo attaccati al proprio giudizio e volontà, ecc. Tutte queste cose sono legami che ci attaccano alla terra e non ci lasciano volare verso l’amore di Dio e così dobbiamo procurare con grande impegno di correggerci da questa specie di mancanze, costi quel che costi.
Credo che per questo la cosa migliore è separare le nostre mancanze per specie e per categorie ed intraprendere per ordine l’ammenda, cominciando con le mancanze contro la carità, poi con quelle di umiltà, mansuetudine, obbedienza, compimento dei nostri doveri, distrazioni nella preghiera, ecc, accusandoci sinceramente di tutte le mancanze che ci siamo accorti di aver commesso, specialmente di quelle che più ci umiliano, delle cause che ci hanno fatto cadere in tali mancanze e fare fermo proposito sopra le cause con ferma determinazione di evitarle.
Se faremo così, possiamo essere certi che ogni confessione sarà per noi un passo in avanti verso la perfezione e più ancora, se ci disponiamo ad un santo pentimento ed alla pena di aver offeso Dio. Infatti, il peccato, per quanto sia lieve, è sempre un’offesa che facciamo a Lui, una resistenza alla sua Divina Volontà, un’ingratitudine al Buon Gesù, Nostro Redentore e benefattore più grande e degno di essere amato. Tale ingratitudine gli dispiace molto più di quando viene da anime da Lui elette, costringendolo con ciò a volgersi verso di noi e dirci con voce triste ed appenata: "Se il mio nemico mi avesse offeso deliberatamente lo avrei sopportato, però tu mi hai offeso, anima teneramente amata, per la quale non ho segreti e a cui ero strettamente unito!
Piangiamo pieni di confusione e vergogna, pensando che, con i nostri peccati abbiamo amareggiato ancora di più il calice del Buon Gesù e dall’abisso della nostra miseria chiediamogli umilmente perdono e il suo aiuto per non tornare ad offenderlo né a disgustarlo. (Madre Speranza- El pan 16, 62-67)
GRADUALITA’
Chi pretende di bruciare le tappe e vuole arrivare alla contemplazione senza aver messo ordine nella sua vita, senza purificare il cuore, senza il dovuto distacco dalle creature, senza liberarsi dalla dipendenza dall’io… rischia grosse delusioni. Dio può operare prodigi nelle sue creature: estasi, bilocazioni, lettura dei cuori, miracoli, ma tutto questo solo in chi ha consegnato completamente a Lui la sua vita, altrimenti c’è da dubitare.
Dio può dare a tutti piccole manifestazioni della Sua presenza per incoraggiare l’anima a camminare, ma questo non deve inorgoglirci e pensare di aver raggiunto chissà quale grado di perfezione e di avere tutta la verità in tasca per sé e per gli altri: le piccole luci sono gli aiuti della grazia che Dio concede a chi ritiene ne abbia bisogno, ma piccoli fenomeni pseudo mistici li può ottenere anche il demonio per ingannarci e portarci alla superbia, quindi alla rovina.
L’anima saggia punta alla purificazione del cuore sempre più completa e mai raggiunta pienamente finché siamo quaggiù.
"TUTTO PER AMORE"
Il "Tutto per amore" di Madre Speranza ci fa valorizzare il quotidiano in tutte le sue sfumature: fatiche, piccole gioie, piccoli o grandi dolori, preoccupazioni, imprevisti, contatti con persone moleste, può darsi anche cattive nel corso della giornata non mancheranno; se l’anima sa trasformarli in atti d’amore umile, paziente, gentile, servizievole, misericordioso, la sua giornata sarà santa e tante giornate sante fanno la vita santa. Per questo è necessario educarci alla virtù.
"In un cuore che non ha pietà non ci può essere vera virtù. Il cuore dell’uomo può essere il tabernacolo di Dio o la città del diavolo.
Dobbiamo lottare per vincere la battaglia. Il cuore dell’anima religiosa deve essere il cuore di un martire, in esso vuole entrare Dio e il nemico e bisogna fare entrare Dio e allontanare il nemico. Bisogna lottare. Ci sono persone che non lottano dicendo: "Siccome io ho questo carattere…". La virtù dell’educazione nel mondo consiste nel mortificarsi per presentarsi bene, le virtù cristiana invece consiste nel mortificarsi per servire sempre meglio il Signore.
Il mondo critica i cristiani incoerenti, la virtù deve supplire all’educazione: se ho voglia di dare uno schiaffo, mi mortifico e non lo faccio, in questo caso ho fatto un atto di virtù e di buona educazione.
Alla presenza di Gesù dobbiamo essere educati, cioè mortificati perfino quando siamo soli in camera. Il nostro corpo deve essere sempre composto, perché è il tabernacolo di Dio.
Il Buon Pastore vuole pecore nobili ed educate. Copiamo il nostro modello, Gesù, nessuno più educato di lui, scompaiano le maniere brusche. Quando veniamo feriti, chiediamoci: "Ci hanno maltrattato come a Gesù? No? Allora non offendiamoci. Diciamo a Gesù: "Gesù, ecco qui la pecora indisciplinata, che dopo tanti anni di camino si trova ancora così ribelle: Benedici questa povera pecora e tienila ancora nel tuo ovile".
(Suor Rifugio Lanese eam)
DELICATEZZA DI COSCIENZA
Il Signore più di una volta ha invitato la Madre alla dolcezza, ad usare modi delicati anche nel correggere le suore. Nelle esortazioni ci diceva che dal momento in cui ci siamo consegnati a Gesù, siamo tenute a migliorare anche il nostro modo di comportarci, evitando parole grossolane, risate sguaiate, incedere troppo disinvolto improprio di religiose che sempre devono edificare il popolo di Dio anche con il comportamento modesto, raccolto, ecc… criveva, infatti, nelle costituzioni:
"Senza una fede viva e soprannaturale, è molto difficile la pratica della vera carità. Pertanto ogni religiosa veda in ogni consorella un’anima suggellata con l’immagine di Gesù e nobilitata con l’altissima dignità di sua sposa.
Le religiose formano una famiglia distinta e perciò debbono evitare nelle parole, modi, sentimenti, tutto ciò che è grossolano e volgare; siano amabili nel tratto, compiacendosi mutuamente in quello che non sia offesa di Gesù, usando buone forme al chiedere o negare qualcosa, lo stesso che al comandare; nessuna chiami un’altra per motti o soprannomi, né dia del "tu".
La carità interpreta favorevolmente le azioni, le guarda con occhi semplici e retti, scusando l’intenzione, quando non può giustificare l’azione; soffre disprezzi, offesa, non mormora, non reagisce.
Formando tutte le suore una Famiglia, si soccorreranno mutuamente nelle necessità, si consolino nelle tristezze e si rallegrino del bene. Quando alcuna conosca di aver offesa, rattristata o mortificata un’altra, sia pronta a riparare, a darle soddisfazione completa, chiedendo umilmente perdono.
Le suore evitino diligentemente i giudizi temerari, i sussurri, i pettegolezzi; giammai si deve ascoltare ciò che si dice contro il prossimo, molto meno comunicare quello che contro di esso si è udito, poiché questo è seminare zizzania nel campo della Religione che deve essere campo di pace, di vero amore. Vigilino i superiori con santo zelo contro questa peste della comunità".
(Costituzioni delle EAM).
GESU’ CI FA PERSONE DISTINTE
Ovviamente il cammino alla sequela di Gesù è una scuola di ingentilimento della persona. Infatti, seguendo Gesù la persona si raffina, diventa più attenta, più delicata, meno grossolana; dà senso a quello che fa, non agisce "a casaccio", riesce pian piano a valorizzare tutto quello che fa, non parla per dar fiato alla bocca, ma fa passare le sue parole per la mente e per il cuore, perché non feriscano nessuno, ma fa tutto nella semplicità di chi esprime semplicemente se stessa, perché Dio l’ha cambiata nell’intimo. Ognuno può dare solo quello che ha: chi ha purificato il cuore, attraverso un cammino di attenzione a Gesù nella sua presenza mistica o nel mistero che il fratello racchiude, non ha bisogno di assumere atteggiamenti virtuosi, è virtuoso ed esprime semplicemente se stesso nella sua verità e nella sua libertà.
Veramente Gesù fa opera si promozione umana, innalza l’uomo ad una dignità che il mondo arrogante, volgare, grossolano, trasgressivo, ironico, cinico, burlone e a volte cattivo, non sa dare, perché non conosce la finezza della persona nobile.
La Madre ci dice che siamo una famiglia distinta non per natali ma perché Gesù ci ha inseriti nella sua intimità e come tali dobbiamo avere educazione, gentilezza, tratto cortese, signorilità, perché se le famiglie nobili educavano così i loro rampolli ai modi cortesi, a maggior ragione noi che per la misericordia divina siamo state chiamate ad essere spose del Re dei re.
"È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo". (Ef 4:11-13)
"Il nucleo centrale della nostra formazione in rapporto al carisma consiste nel formarci un cuore capace di tenerezza e di accoglienza misericordiosa verso tutti e in modo particolarissimo verso chi è più bisognosa.
Dobbiamo imparare a non giudicare nessuno assumendo un atteggiamento di ascolto, di rispetto, di profonda stima di fronte a quanto c’è in ogni uomo, per quanto egli stesso, nell’intimo del suo spirito, ha elaborato riguardo ai problemi personali più profondi ed importanti.
L’educazione alle virtù umane e cristiane è orientata a questa crescita nella carità misericordiosa, che diventa il principio unificante e il criterio abituale di verifica di tutto il nostro essere ed agire.
Dobbiamo raggiungere una sensibilità capace di intuire, con fede e con saggezza di cuore, le situazioni di maggiore bisogno, in modo da essere sempre più pronte nell’intervenire con disponibilità gratuita e fedele. (Costituzioni EAM N° 78)
DOMINIO DELLE PASSIONI
Mansuetudine, cortesia sincera, gentilezza sono le caratteristiche di un cuore delicato, di una coscienza vigile, di una carità misericordiosa.
Queste caratteristiche possono essere acquisite con l’impegno a diventare simili a Gesù, perfetto come Dio e come uomo, per il dominio che esercitava anche sulle sue passioni.
"Non dobbiamo farci illusioni di poter camminare per lungo tempo nella perfezione senza commettere nessun peccato che ritardi il nostro progresso spirituale; ciò è impossibile a meno che Dio ci conceda, per uno speciale privilegio, la fortuna di poter evitare tutti i peccati veniali. Ciò che sta in nostro potere, sempre aiutati dal Buon Gesù, è l’essere molto attenti per diminuire i peccati veniali deliberati ed anche diminuire il numero delle mancanze di fragilità, ma per questo è assai necessario che preghiamo e che alimentiamo in noi il vivo desiderio d perseverare nella nostra vocazione e di crescere sempre più nella santità, sempre per la maggior gloria di Dio.
Con molta frequenza si sente dire, perfino da persone religiose, che le passioni sono cattive e che pertanto si devono estirpare. Se ben riflettiamo, vedremo che non è così giacché niente di ciò che Dio ha posto nella natura umana è cattivo.
Pensiamo che il Buon Gesù ebbe passioni e molto ben ordinate; Egli amò non solo con la volontà, ma anche con il cuore; pianse per Lazzaro e per Gerusalemme ingrata; si lasciò prendere da santa ira con i venditori del Tempio; soffrì timore, tristezza ed avvilimento; ma ebbe sempre quelle passioni sottomesse al dominio della volontà e le subordinava al suo Padre.
Però quando le passioni sono disordinate producono gli effetti più perniciosi ed è necessario mortificarle e disciplinarle. Le passioni disordinate accecano l’anima perché tendono al proprio difetto con impeto, senza consultare la ragione, lasciandosi guidare solo dall’affetto o dal piacere e in questo sta l’elemento perturbatore, che inclina a giudicare falsamente e ad oscurare la retta ragione. L’appetito sensitivo è cieco per natura e sarebbe cieca l’anima che si lasciasse guidare da esso, invece di lasciarsi dirigere dal dovere.
Teniamo ben presente che quando l’anima cede alle passioni, si unisce alle creature, perde la sua dignità, contrae la malizia loro e le loro bruttezze ed invece di essere fedele immagine di Dio, diventa l’immagine delle cose alle quali si è affezionata.
Se davvero desideriamo camminare nella perfezione, dobbiamo essere molto attenti con le nostre passioni e non dimenticarci che basta un solo desiderio disordinato per rendere la nostra anima sudicia e brutta, fino al punto che in alcuna maniera può andare d’accordo con Dio fino a che non si purifichi, ed essendo così quale sarà la bruttezza dell’anima che abitualmente di trova del tutto disordinata nelle proprie passioni ed affidata ai propri capricci? Certamente quest’anima sarà molto lontana dalla purezza di Dio.
Persuadiamoci che se veramente desideriamo arrivare all’unione con Dio è necessario che mortifichiamo le nostre passioni, perché l’unione perfetta suppone che in noi non ci sia nessuna cosa contraria alla volontà di Dio, alcun attaccamento volontario alle creature o a noi stessi, perché dal momento in cui ci lasciamo prendere deliberatamente da qualche passione non ci sarà più unione perfetta fra la nostra volontà e quella di Dio.
Ci è addirittura impossibile avanzare nella perfezione senza dominare le nostre passioni e per questo dobbiamo contare sull’aiuto di Dio, chiesto nell’orazione, soffrire per amore del Buon Gesù, vivere e morire insieme a Lui. (Madre Speranza – El pan 16, 24-33)
In realtà la santità raffina tutto l’essere, dà il dominio di sé, libera progressivamente dagli appetiti della carne e dello spirito, unifica la persona intorno ad un unico fulcro che sazia il cuore e l’anima: Gesù. E’ un lavoro facile a dirsi ma non facile a realizzarsi perché richiede vigilanza, attenzione, cura anche delle piccole cose, una forte complicità con Dio.
Dio ama da Dio, Dio non ragiona come noi, il Cuore di Dio è incontenibile. Madre Speranza che chiese a Gesù l’esperienza del cambio del cuore, dovette ridarglielo perché l’amore era così totale che la portava alla morte. Ma solo avvicinandoci a questo Cuore riusciremo a guardare gli altri con venerazione e allora daremo il meglio di noi stessi nel rapporto con loro.
INNESTO NEL SUBLIME
Ma questo cuore così sublime non può essere innestato in una natura non lavorata. Per questo è necessaria la formazione umana sempre alla scuola di Gesù. Chi pretende di bruciare le tappe e vuole arrivare alla contemplazione senza aver messo ordine nella sua vita, senza purificare il cuore, senza il dovuto distacco dalle creature, senza liberarsi dalle dipendenze di un io invadente, rischia grosse delusioni.
E’ bene perciò che ogni anima abbia una guida spirituale che l’aiuti a capire ciò che si muove nel suo mondo interiore e le trappole a cui la propria natura la espone.
MEZZI DELLA GRAZIA: LA CONFESSIONE
La confessione e direzione spirituale sono mezzi della grazia che Gesù ha messo a nostra disposizione per non correre rischi.
"Tutti sappiamo che quando l’anima che aspira alla perfezione ha avuto la disgrazia di offendere Dio, commettendo in un momento di debolezza qualche peccato mortale, deve accusarsi di esso o di essi con tutta sincerità e chiaramente, senza dissimulazione, e deve manifestare con tutta chiarezza, umiltà e sinceramente il numero e la specie, indicando le cause delle cadute, chiedendo con vera ansia i consigli necessari.
E’ assolutamente necessario avere contrizione profonda, proposito fermo di evitare in seguito non solo i peccati in se stessi ma anche le occasioni e le cause che ci hanno condotto all’abisso; dobbiamo avere grande confidenza nel perdono e come il figlio prodigo lanciarci fra le braccia del nostro Padre buono, chiedendogli che ci perdoni, e, sicuri sempre del suo perdono, chiedergli che rivesta di nuovo la nostra povera anima con la sua grazia e ci conceda di non tornare ad offenderlo più e che nella nostra anima sia sempre vivo il sentimento ed il dolore di aver offeso Dio.
Per quanto riguarda le mancanze veniali, tutti sappiamo che sono di due specie: quelle che commettiamo con proposito deliberato, sapendo che offendiamo Dio, preferendo momentaneamente il nostro piacere alla sua Divina Volontà e quelle che commettiamo impensatamente per leggerezza, fragilità, mancanza di vigilanza o di forza, delle quali ci pentiamo subito, con la ferma volontà di non tornare a commetterle. Le prime sono un serio ostacolo per camminare nella perfezione, soprattutto quando sono frequenti e ci siamo attaccati ad esse, come per esempio se siamo propensi a fare giudizi temerari, se abbiamo nel nostro cuore qualche rancore, se nutriamo affetti naturali, sensibili o se siamo attaccati al proprio giudizio e volontà, ecc. Tutte queste cose sono legami che ci attaccano alla terra e non ci lasciano volare verso l’amore di Dio e così dobbiamo procurare con grande impegno di correggerci da questa specie di mancanze, costi quel che costi.
Credo che per questo la cosa migliore è separare le nostre mancanze per specie e per categorie ed intraprendere per ordine l’ammenda, cominciando con le mancanze contro la carità, poi con quelle di umiltà, mansuetudine, obbedienza, compimento dei nostri doveri, distrazioni nella preghiera, ecc, accusandoci sinceramente di tutte le mancanze che ci siamo accorti di aver commesso, specialmente di quelle che più ci umiliano, delle cause che ci hanno fatto cadere in tali mancanze e fare fermo proposito sopra le cause con ferma determinazione di evitarle.
Se faremo così, possiamo essere certi che ogni confessione sarà per noi un passo in avanti verso la perfezione e più ancora, se ci disponiamo ad un santo pentimento ed alla pena di aver offeso Dio. Infatti, il peccato, per quanto sia lieve, è sempre un’offesa che facciamo a Lui, una resistenza alla sua Divina Volontà, un’ingratitudine al Buon Gesù, Nostro Redentore e benefattore più grande e degno di essere amato. Tale ingratitudine gli dispiace molto più di quando viene da anime da Lui elette, costringendolo con ciò a volgersi verso di noi e dirci con voce triste ed appenata: "Se il mio nemico mi avesse offeso deliberatamente lo avrei sopportato, però tu mi hai offeso, anima teneramente amata, per la quale non ho segreti e a cui ero strettamente unito!
Piangiamo pieni di confusione e vergogna, pensando che, con i nostri peccati abbiamo amareggiato ancora di più il calice del Buon Gesù e dall’abisso della nostra miseria chiediamogli umilmente perdono e il suo aiuto per non tornare ad offenderlo né a disgustarlo. (Madre Speranza- El pan 16, 62-67)
GRADUALITA’
Chi pretende di bruciare le tappe e vuole arrivare alla contemplazione senza aver messo ordine nella sua vita, senza purificare il cuore, senza il dovuto distacco dalle creature, senza liberarsi dalla dipendenza dall’io… rischia grosse delusioni. Dio può operare prodigi nelle sue creature: estasi, bilocazioni, lettura dei cuori, miracoli, ma tutto questo solo in chi ha consegnato completamente a Lui la sua vita, altrimenti c’è da dubitare.
Dio può dare a tutti piccole manifestazioni della Sua presenza per incoraggiare l’anima a camminare, ma questo non deve inorgoglirci e pensare di aver raggiunto chissà quale grado di perfezione e di avere tutta la verità in tasca per sé e per gli altri: le piccole luci sono gli aiuti della grazia che Dio concede a chi ritiene ne abbia bisogno, ma piccoli fenomeni pseudo mistici li può ottenere anche il demonio per ingannarci e portarci alla superbia, quindi alla rovina.
L’anima saggia punta alla purificazione del cuore sempre più completa e mai raggiunta pienamente finché siamo quaggiù.
"TUTTO PER AMORE"
Il "Tutto per amore" di Madre Speranza ci fa valorizzare il quotidiano in tutte le sue sfumature: fatiche, piccole gioie, piccoli o grandi dolori, preoccupazioni, imprevisti, contatti con persone moleste, può darsi anche cattive nel corso della giornata non mancheranno; se l’anima sa trasformarli in atti d’amore umile, paziente, gentile, servizievole, misericordioso, la sua giornata sarà santa e tante giornate sante fanno la vita santa. Per questo è necessario educarci alla virtù.
"In un cuore che non ha pietà non ci può essere vera virtù. Il cuore dell’uomo può essere il tabernacolo di Dio o la città del diavolo.
Dobbiamo lottare per vincere la battaglia. Il cuore dell’anima religiosa deve essere il cuore di un martire, in esso vuole entrare Dio e il nemico e bisogna fare entrare Dio e allontanare il nemico. Bisogna lottare. Ci sono persone che non lottano dicendo: "Siccome io ho questo carattere…". La virtù dell’educazione nel mondo consiste nel mortificarsi per presentarsi bene, le virtù cristiana invece consiste nel mortificarsi per servire sempre meglio il Signore.
Il mondo critica i cristiani incoerenti, la virtù deve supplire all’educazione: se ho voglia di dare uno schiaffo, mi mortifico e non lo faccio, in questo caso ho fatto un atto di virtù e di buona educazione.
Alla presenza di Gesù dobbiamo essere educati, cioè mortificati perfino quando siamo soli in camera. Il nostro corpo deve essere sempre composto, perché è il tabernacolo di Dio.
Il Buon Pastore vuole pecore nobili ed educate. Copiamo il nostro modello, Gesù, nessuno più educato di lui, scompaiano le maniere brusche. Quando veniamo feriti, chiediamoci: "Ci hanno maltrattato come a Gesù? No? Allora non offendiamoci. Diciamo a Gesù: "Gesù, ecco qui la pecora indisciplinata, che dopo tanti anni di camino si trova ancora così ribelle: Benedici questa povera pecora e tienila ancora nel tuo ovile".
’anima sui passi di Madre Speranza
(Suor Rifugio Lanese eam)
"NON SONO PIU’ IO CHE VIVO"
La Madre Speranza, come ogni anima che anela a Dio e si lascia conquistare da Lui, come S. Paolo, alla fine della sua vita, poteva dire: "Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me".
Nel 1952 si registra nei suoi scritti un lampo di luce:
«Oggi posso dirti che mi sento felice, perché mi hai detto che finalmente ho acquisito quell’at-teggiamento che Tu desideri da me o, meglio detto, che Tu hai infuso in me ed è che io pensi sempre e solo a Te e che il mio cuore e la mia mente siano fissi sempre in Te e che niente e nessuno mai mi possa distrarre da Te».
La sponsalità è già consegna totale di sé all’Amato, ma l’umanità può ancora sussistere in qualche residuo di resistenza o in qualche particolare momento di prova difficile. Solo col stabilizzarsi del cammino di totale espropriazione può arrivare il momento in cui l’anima può fare sue le parole di S. Paolo.
23 marzo 1952: questa notte l’ho trascorsa distratta, ma senza coricarmi perchè non ne ho avuto il tempo. Il buon Gesù mi diceva che l’unione più vera, intima e profonda è quella esistente tra due volontà e che, conformandomi con la divina volontà, sottometterò la mia unendola alla sua, il cui cibo è stato sempre fare la volontà del Padre, ossia, padre mio, che la volontà di Gesù è consistita nella fusione di due voleri in uno solo e questo è ciò che Lui vuole da me.
Come arriverò a questo, padre mio? Io lo desidero, ma non posso ancora dire in verità "vivo, non io però, ma in me vive il mio Dio".
Devo dirle, padre, con grande pena, che, nonostante il mio proposito di far piacere al buon Gesù, nel momento della prova dimentico che nel dolore debbo unirmi sempre più al mio Dio e accrescere il mio amore per Lui e dimentico anche che, conformare la mia volontà alla sua, secondo Lui, è scambiare i cuori, accettare i suoi giudizi come legge per me, le sue prove come regola per la mia volontà. Come lo otterrò, Gesù mio?
Gesù mio, fa’ che l’amore e la sofferenza mi uniscano profondamente a te e possa dire, con verità, che non ho più volontà mia.
Anche per S. Paolo è stato necessario un cammino. Dopo la caduta da cavallo ha dovuto purificare il suo cuore, togliervi il vecchio lievito e mettervi il nuovo e questo ha richiesto anni di lavoro ma poi la sua fiducia in Gesù si è solidificata e ha potuto dire: "Io so in chi ho messo la mia speranza".
"Io so infatti a chi ho creduto e son convinto che egli è capace di conservare il mio deposito fino a quel giorno". (2Tim 1:1-14)
Dopo anni di impegno, di travagli, di pericoli e di difficoltà senza numero per diffondere la Buona novella della croce, ha capito che la grazia di Dio opera nella debolezza di chi ha buona volontà e ha potuto dire, quasi a mo’ di sfida: "Chi mi separerà dall’amore di Dio?"
"Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi"? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? (…) Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? (…) Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore". (cfr.Rm 8,31-39)
E’ un bellissimo traguardo quello raggiunto da Paolo, ma Dio voleva portare il suo apostolo ad un livello ancora più intimo con Lui e più vuoto di se stesso e, attraverso le vicende della vita, che lo hanno portato a Roma, prigioniero per Cristo, ha potuto finalmente consegnare completamente se stesso in sacrificio di olocausto per la diffusione del Vangelo e ha potuto dire: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me".
"Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me". (Gal.2,20)
VOTO DI VITTIMA
Gesù, fin dalle prime apparizioni a Madre Speranza le chiede il voto di vittima per riparare le offese che riceve dal suo amato clero
Questa notte 5 Novembre 1927 mi sono distratta e il buon Gesù mi ha detto, che non debbo desiderare altro che amarlo e soffrire, per riparare le offese che riceve dal suo amato clero. Debbo far sì che quanti vivono con me sentano questo desiderio di soffrire e offrirsi come vittime di espiazione per i peccati che commettono i sacerdoti del mondo intero. Devo adoperarmi con tutte le forze per cercare solo la sua gloria, anche se ciò comporterà il disprezzo di me stessa. Che vuol dirmi Gesù, con tutto questo, padre mio?
Questa offerta la Madre probabilmente la rinnovava tutti i giorni ma in modo speciale quando qualche difficoltà o persecuzione la tormentava; allora andava davanti al Santissimo e rinnovava il suo impegno a non lasciarsi sfuggire nessuna sofferenza senza santificarla unendola a quella di Gesù per il suo "amato clero".
"Oggi, 24 dicembre 1941, sento il trasporto a rinnovare l’offerta come vittima di espiazione in riparazione delle offese dei sacerdoti del mondo intero, fatta il 24 dicembre 1927 ricordando quanto ha sofferto e fatto Gesù per tutti noi, l’amore che continuamente ci dimostra, la poca riconoscenza delle anime consacrate e le numerose offese che riceve dai suoi sacerdoti. Dio mio, quello che ti do per una sì grande riparazione è ben poca cosa, ma tu uniscila al tuo amore e alla tua misericordia e tutto sarà saldato.
In questa circostanza la Madre stava subendo una vera persecuzione da parte del famoso Don Doroteo, che non sopportava che la signorina Maria Pilar de Arratia gli avesse tolto la direzione della Casa dell’Ave Maria per affidarla a Madre Speranza. L’ "Ave Maria", era un collegio da lei istituito per i bambini poveri e dove invece lui accoglieva bambini di famiglie ricche che potevano pagare.
Dopo aver rinnovato l’offerta vittimale, la Madre si ammala e giunge quasi in fin di vita… Era il prezzo da pagare per riparare le offese di quel povero sacerdote.
La Madre pregherà per lui non solo durante la vita ma anche dopo la sua morte, chiedendo al Signore di liberarlo dal purgatorio anche se non aveva completato la purificazione, dicendo che l’avrebbe completata lei dopo la sua morte.
Alla fine il Signore accolse la sua preghiera e lo liberò dal purgatorio e la Madre fece festa insieme a tutte le sue figlie, perché il suo più grande persecutore si era salvato.
IL SIGNORE CHIEDE A OGNI ANIMA L’OFFERTA VITTIMALE
Ma il Signore ha detto alla Madre che tutti quelli che sono raggiunti dalla spiritualità dell’Amore Misericordioso devono arrivare a dire: "Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me", e fare l’offerta di tutte le sofferenze che la vita propone per riparare i peccati del clero del mondo intero. I sacerdoti sono i figli prediletti del Padre, il sacerdozio è il dono del Giovedì santo alla Chiesa e sono necessari al popolo di Dio, perciò dobbiamo proteggerli con la preghiera, la stima, la collaborazione, l’aiuto di cui hanno bisogno.
Gesù sapeva che stava per lasciare questo mondo per tornare al Padre, ma non voleva lasciarci soli. Per questo aveva istituito i sacramenti e, prima di salire al cielo, li consegnò alla Chiesa nascente.
I sacramenti sono azioni sacre, che Dio compie in favore di chi vuole accogliere la salvezza. Gli interventi sacri voluti da Gesù per le sue creature teneramente amate, e accompagnano l’uomo in tutte le sue necessità e in tutto il percorso della sua vita.
La vita dell’uomo comincia con la nascita, c’è poi la crescita fino allo sviluppo, l’età feconda, il tramonto. Ci sono poi gli incidenti di percorso, che possono menomare la vita, infine c’è bisogno di continuo nutrimento.
I sacramenti accompagnano questi eventi: per la nascita c’è il Battesimo, per lo sviluppo c’è la Cresima, per l’opzione fondamentale della vita ci sono il Matrimonio e l’Ordine sacro, per il tramonto c’è l’Unzione degli infermi, per le malattie spirituali c’è la Confessione o Riconciliazione, per il nutrimento c’è l’Eucaristia.
Ma la forma eucaristica è un mistero di fede più grande ancora dell’Incarnazione. Perché nell’Incarnazione vediamo il Figlio di Dio in forma umana, ammiriamo i suoi esempi, udiamo le Sue parole, contempliamo la sua immolazione e, anche se non riusciamo a dare ai nostri sentimenti lo spessore divino, almeno partecipiamo nei limiti che ci sono consentiti. L’Incarnazione è già una grande umiliazione per Dio, ma nella forma eucaristica Gesù addirittura si offre come un cibo ed occorre davvero tutta la fede per poter superare i nostri limiti legati alla sensibilità, unica forma per noi per poter entrare in relazione con il divino, per questo ogni sacramento ha la "materia sacramentale".
L’Eucaristia è un’azione sacra che ci permette di inserirci nell’infinito di Dio, nella sua eternità, nel suo presente eterno, in maniera soprannaturale, incomprensibile a noi, che viviamo una temporaneità in divenire inarrestabile, che non ci permette neanche di gustare gli eventi, ma ci travolge nel suo moto continuo, e comunque ci richiama alla nostra povera realtà.
Ma queste azioni sacre hanno bisogno di un mediatore visibile, che operi in nome e con l’autorità del Dio invisibile. Questo mediatore è il Sacerdote.
Il Sacerdote mediatore visibile del Dio invisibile
Dio sceglie i suoi sacerdoti tra gli uomini; avrebbe potuto sceglierli tra gli angeli, ma nella sua sapienza inoppugnabile ha disposto così; ed ecco che alcuni giovani, in tutto come gli altri, sentono di voler continuare la missione di Gesù sulla terra, facendosi, per un dono di predilezione divina, mediatori del "sacro".
La missione del sacerdote è santa, è grande, è inarrivabile. Tra i traguardi umani che si possono raggiungere, quella del sacerdozio è la più sublime. Neanche la missione della Madonna uguaglia quella del sacerdote. Il sacerdote, nell’esercizio delle sue funzioni è un alter Christus. quando lui battezza e dice: "Io ti battezzo…", a battezzare, a ridare la vita soprannaturale persa per il peccato originale, è Gesù; quando al confessionale dice: "Io ti assolvo", ad assolvere è Gesù; quando all’altare invoca lo Spirito sul pane e sul vino, la sua autorità, che è quella del Figlio di Dio, muove il cielo e lo Spirito ubbidisce e scende a transustanziare il pane e il vino nel "corpo donato e nel sangue versato" del Figlio di Dio, e quel pane e quel vino sono presenza viva di Gesù in mezzo a noi, sono pegno di redenzione efficace davanti al Padre, che perdona e usa misericordia al mondo intero per il prezioso dono del Figlio suo diletto, fattosi vittima di espiazione dei nostri peccati.
Da quanto detto si può capire l’importanza del sacerdote e la sua missione insostituibile nella Chiesa e nel mondo, perché l’azione liturgica, con il suo carico di grazia, non raggiunge solo i cristiani ma l’umanità intera.
Tutti i momenti importanti della vita sono sanciti dal sacerdote che, in nome di Dio ci apre ai traguardi a cui ci sentiamo chiamati. Anche il matrimonio cristiano è accolto da Gesù per mezzo del sacerdote che benedice le nozze. E’ vero che ci si può sposare anche al comune, ma quel matrimonio non ha valore salvifico perché i contraenti non chiedono al Cristo coniugale di accoglierlo e accompagnarlo.
I sacramenti ci sono offerti ma non ci sono imposti, Dio non vuole persone che forzatamente accolgono le sue offerte, vuole che liberamente ci offriamo a Lui e accogliamo i suoi doni di salvezza e di santificazione.
I VERI CRISTIANI NEL MONDO CONTEMPORANEO
I veri cristiani nel mondo contemporaneo, che sembra voglia fare a meno non solo della Chiesa ma di Dio stesso, devono andare contro corrente. E’ necessario che il mondo cambi rotta, la strada intrapresa non porta ad alcun porto felice e noi portiamo scritto dentro di noi un destino di felicità. Checché ne dica il mondo, l’uomo cerca Dio, l’anima non solo lo cerca ma lo brama e nulla può renderla felice. Sono tante le persone che umanamente non mancano di nulla, ma la felicità è un’altra cosa: la felicità si sperimenta non quando il portafogli è pieno ma quando l’anima è piena e la nostra anima si può riempire solo con Dio.
E’ l’esperienza già fatta da S. Agostino, che pure aveva attinto ad altre fonti nel tentativo di riempire il suo vuoto esistenziale e poi dovette ammettere: "Signore, ci hai fatti per Te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te".
Anche il semplice cristiano può ambire a raggiungere il più alto grado di perfezione, purché voglia farlo e voglia farlo come Madre Speranza "Costi quel che costi".
Inoltre ogni anima può dire; "Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me", e lo può dire senza timore di essere superbo perché ad ogni Eucaristia, ricevuta in stato di grazia, si verifica questo inserimento profondo in Dio.
La Madre Speranza narra una sua estati in cui Gesù le permise di penetrare il mistero eucaristico:
29 febbraio 1952: Non posso nasconderle, padre mio, che, nonostante tutto, sono felice, molto felice, poiché questa notte il buon Gesù mi ha invitato a soffrire insieme a Lui, facendomi vedere, in un modo misterioso che non saprei spiegarle, la sua immolazione come vittima nella celebrazione della santa cena o, meglio, nella prima messa celebrata nel mondo dal Santo dei santi. La messa che Lui ha santificato col suo sangue!
Gesù mi ha fatto vedere anche i doni di santità che ci ha propiziato nel Calvario, soprattutto la comunione che ci unisce alla fonte di ogni grazia. Io, padre mio, ho sofferto angosce di morte, ma mi sentivo così unita a Gesù, che mi pareva che il mio cuore fosse una cosa sola col suo…che commozione!
Non le nascondo che, questa notte, mi sono profondamente convinta che il buon Gesù mi chiede e mi impone l’obbligo di aspirare ad una maggiore perfezione, utilizzando tutti i mezzi e per prima cosa "che mi incoraggi verso grandi mete, costi quello che costi".
Poi la Madre ha avuto la bella esperienza di vedere una sua figlia, che aveva ricevuto Gesù in stato di grazia e lei non la riconosceva perché Gesù l’aveva trasfigurata con la sua presenza.
Questo avviene per ognuno di noi se facciamo la comunione in stato di grazia e perciò in quei momenti possiamo dire in verità: "Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me", anche se non abbiamo trasporti mistici particolari.
QUESTIONARIO DI REVISIONE PERSONALE
In questo anno di formazione ti sembra di aver fatto dei passi dietro Madre Speranza?
Hai allontanato dal tuo cuore il peccato grave?
Hai diminuito i peccati veniali e le imperfezioni?
Sei diventato più delicato, più gentile con tutti stando alla scuola di Gesù?
Sai valorizzare meglio la sofferenza in tutte le sue forme, trasformandola in offerta?
E’ cresciuto nel tuo cuore l’amore a Gesù e il desiderio di possedere la beatitudine eterna?
Quando preghi e ti sembra di non essere ascoltato, sai aspettare il tempo della purificazione?
Il mondo con le sue lusinghe ti inganna meno? Ti senti più libero dalle sue suggestioni?
Ricevi e vivi i sacramenti con più fede?
Sai vivere l’Eucaristia come vera esperienza di Gesù che vive in te?
Sei convinto di essere chiamato alla perfezione della vita cristiana, cioè alla santità?
Il tuo rapporto con Il Padre, il Figlio, Lo Spirito, con Maria è più confidenziale?
La tua fede è diventata certezza?
(Suor Rifugio Lanese eam)
"NON SONO PIU’ IO CHE VIVO"
La Madre Speranza, come ogni anima che anela a Dio e si lascia conquistare da Lui, come S. Paolo, alla fine della sua vita, poteva dire: "Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me".
Nel 1952 si registra nei suoi scritti un lampo di luce:
«Oggi posso dirti che mi sento felice, perché mi hai detto che finalmente ho acquisito quell’at-teggiamento che Tu desideri da me o, meglio detto, che Tu hai infuso in me ed è che io pensi sempre e solo a Te e che il mio cuore e la mia mente siano fissi sempre in Te e che niente e nessuno mai mi possa distrarre da Te».
La sponsalità è già consegna totale di sé all’Amato, ma l’umanità può ancora sussistere in qualche residuo di resistenza o in qualche particolare momento di prova difficile. Solo col stabilizzarsi del cammino di totale espropriazione può arrivare il momento in cui l’anima può fare sue le parole di S. Paolo.
23 marzo 1952: questa notte l’ho trascorsa distratta, ma senza coricarmi perchè non ne ho avuto il tempo. Il buon Gesù mi diceva che l’unione più vera, intima e profonda è quella esistente tra due volontà e che, conformandomi con la divina volontà, sottometterò la mia unendola alla sua, il cui cibo è stato sempre fare la volontà del Padre, ossia, padre mio, che la volontà di Gesù è consistita nella fusione di due voleri in uno solo e questo è ciò che Lui vuole da me.
Come arriverò a questo, padre mio? Io lo desidero, ma non posso ancora dire in verità "vivo, non io però, ma in me vive il mio Dio".
Devo dirle, padre, con grande pena, che, nonostante il mio proposito di far piacere al buon Gesù, nel momento della prova dimentico che nel dolore debbo unirmi sempre più al mio Dio e accrescere il mio amore per Lui e dimentico anche che, conformare la mia volontà alla sua, secondo Lui, è scambiare i cuori, accettare i suoi giudizi come legge per me, le sue prove come regola per la mia volontà. Come lo otterrò, Gesù mio?
Gesù mio, fa’ che l’amore e la sofferenza mi uniscano profondamente a te e possa dire, con verità, che non ho più volontà mia.
Anche per S. Paolo è stato necessario un cammino. Dopo la caduta da cavallo ha dovuto purificare il suo cuore, togliervi il vecchio lievito e mettervi il nuovo e questo ha richiesto anni di lavoro ma poi la sua fiducia in Gesù si è solidificata e ha potuto dire: "Io so in chi ho messo la mia speranza".
"Io so infatti a chi ho creduto e son convinto che egli è capace di conservare il mio deposito fino a quel giorno". (2Tim 1:1-14)
Dopo anni di impegno, di travagli, di pericoli e di difficoltà senza numero per diffondere la Buona novella della croce, ha capito che la grazia di Dio opera nella debolezza di chi ha buona volontà e ha potuto dire, quasi a mo’ di sfida: "Chi mi separerà dall’amore di Dio?"
"Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi"? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? (…) Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? (…) Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore". (cfr.Rm 8,31-39)
E’ un bellissimo traguardo quello raggiunto da Paolo, ma Dio voleva portare il suo apostolo ad un livello ancora più intimo con Lui e più vuoto di se stesso e, attraverso le vicende della vita, che lo hanno portato a Roma, prigioniero per Cristo, ha potuto finalmente consegnare completamente se stesso in sacrificio di olocausto per la diffusione del Vangelo e ha potuto dire: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me".
"Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me". (Gal.2,20)
VOTO DI VITTIMA
Gesù, fin dalle prime apparizioni a Madre Speranza le chiede il voto di vittima per riparare le offese che riceve dal suo amato clero
Questa notte 5 Novembre 1927 mi sono distratta e il buon Gesù mi ha detto, che non debbo desiderare altro che amarlo e soffrire, per riparare le offese che riceve dal suo amato clero. Debbo far sì che quanti vivono con me sentano questo desiderio di soffrire e offrirsi come vittime di espiazione per i peccati che commettono i sacerdoti del mondo intero. Devo adoperarmi con tutte le forze per cercare solo la sua gloria, anche se ciò comporterà il disprezzo di me stessa. Che vuol dirmi Gesù, con tutto questo, padre mio?
Questa offerta la Madre probabilmente la rinnovava tutti i giorni ma in modo speciale quando qualche difficoltà o persecuzione la tormentava; allora andava davanti al Santissimo e rinnovava il suo impegno a non lasciarsi sfuggire nessuna sofferenza senza santificarla unendola a quella di Gesù per il suo "amato clero".
"Oggi, 24 dicembre 1941, sento il trasporto a rinnovare l’offerta come vittima di espiazione in riparazione delle offese dei sacerdoti del mondo intero, fatta il 24 dicembre 1927 ricordando quanto ha sofferto e fatto Gesù per tutti noi, l’amore che continuamente ci dimostra, la poca riconoscenza delle anime consacrate e le numerose offese che riceve dai suoi sacerdoti. Dio mio, quello che ti do per una sì grande riparazione è ben poca cosa, ma tu uniscila al tuo amore e alla tua misericordia e tutto sarà saldato.
In questa circostanza la Madre stava subendo una vera persecuzione da parte del famoso Don Doroteo, che non sopportava che la signorina Maria Pilar de Arratia gli avesse tolto la direzione della Casa dell’Ave Maria per affidarla a Madre Speranza. L’ "Ave Maria", era un collegio da lei istituito per i bambini poveri e dove invece lui accoglieva bambini di famiglie ricche che potevano pagare.
Dopo aver rinnovato l’offerta vittimale, la Madre si ammala e giunge quasi in fin di vita… Era il prezzo da pagare per riparare le offese di quel povero sacerdote.
La Madre pregherà per lui non solo durante la vita ma anche dopo la sua morte, chiedendo al Signore di liberarlo dal purgatorio anche se non aveva completato la purificazione, dicendo che l’avrebbe completata lei dopo la sua morte.
Alla fine il Signore accolse la sua preghiera e lo liberò dal purgatorio e la Madre fece festa insieme a tutte le sue figlie, perché il suo più grande persecutore si era salvato.
IL SIGNORE CHIEDE A OGNI ANIMA L’OFFERTA VITTIMALE
Ma il Signore ha detto alla Madre che tutti quelli che sono raggiunti dalla spiritualità dell’Amore Misericordioso devono arrivare a dire: "Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me", e fare l’offerta di tutte le sofferenze che la vita propone per riparare i peccati del clero del mondo intero. I sacerdoti sono i figli prediletti del Padre, il sacerdozio è il dono del Giovedì santo alla Chiesa e sono necessari al popolo di Dio, perciò dobbiamo proteggerli con la preghiera, la stima, la collaborazione, l’aiuto di cui hanno bisogno.
Gesù sapeva che stava per lasciare questo mondo per tornare al Padre, ma non voleva lasciarci soli. Per questo aveva istituito i sacramenti e, prima di salire al cielo, li consegnò alla Chiesa nascente.
I sacramenti sono azioni sacre, che Dio compie in favore di chi vuole accogliere la salvezza. Gli interventi sacri voluti da Gesù per le sue creature teneramente amate, e accompagnano l’uomo in tutte le sue necessità e in tutto il percorso della sua vita.
La vita dell’uomo comincia con la nascita, c’è poi la crescita fino allo sviluppo, l’età feconda, il tramonto. Ci sono poi gli incidenti di percorso, che possono menomare la vita, infine c’è bisogno di continuo nutrimento.
I sacramenti accompagnano questi eventi: per la nascita c’è il Battesimo, per lo sviluppo c’è la Cresima, per l’opzione fondamentale della vita ci sono il Matrimonio e l’Ordine sacro, per il tramonto c’è l’Unzione degli infermi, per le malattie spirituali c’è la Confessione o Riconciliazione, per il nutrimento c’è l’Eucaristia.
Ma la forma eucaristica è un mistero di fede più grande ancora dell’Incarnazione. Perché nell’Incarnazione vediamo il Figlio di Dio in forma umana, ammiriamo i suoi esempi, udiamo le Sue parole, contempliamo la sua immolazione e, anche se non riusciamo a dare ai nostri sentimenti lo spessore divino, almeno partecipiamo nei limiti che ci sono consentiti. L’Incarnazione è già una grande umiliazione per Dio, ma nella forma eucaristica Gesù addirittura si offre come un cibo ed occorre davvero tutta la fede per poter superare i nostri limiti legati alla sensibilità, unica forma per noi per poter entrare in relazione con il divino, per questo ogni sacramento ha la "materia sacramentale".
L’Eucaristia è un’azione sacra che ci permette di inserirci nell’infinito di Dio, nella sua eternità, nel suo presente eterno, in maniera soprannaturale, incomprensibile a noi, che viviamo una temporaneità in divenire inarrestabile, che non ci permette neanche di gustare gli eventi, ma ci travolge nel suo moto continuo, e comunque ci richiama alla nostra povera realtà.
Ma queste azioni sacre hanno bisogno di un mediatore visibile, che operi in nome e con l’autorità del Dio invisibile. Questo mediatore è il Sacerdote.
Il Sacerdote mediatore visibile del Dio invisibile
Dio sceglie i suoi sacerdoti tra gli uomini; avrebbe potuto sceglierli tra gli angeli, ma nella sua sapienza inoppugnabile ha disposto così; ed ecco che alcuni giovani, in tutto come gli altri, sentono di voler continuare la missione di Gesù sulla terra, facendosi, per un dono di predilezione divina, mediatori del "sacro".
La missione del sacerdote è santa, è grande, è inarrivabile. Tra i traguardi umani che si possono raggiungere, quella del sacerdozio è la più sublime. Neanche la missione della Madonna uguaglia quella del sacerdote. Il sacerdote, nell’esercizio delle sue funzioni è un alter Christus. quando lui battezza e dice: "Io ti battezzo…", a battezzare, a ridare la vita soprannaturale persa per il peccato originale, è Gesù; quando al confessionale dice: "Io ti assolvo", ad assolvere è Gesù; quando all’altare invoca lo Spirito sul pane e sul vino, la sua autorità, che è quella del Figlio di Dio, muove il cielo e lo Spirito ubbidisce e scende a transustanziare il pane e il vino nel "corpo donato e nel sangue versato" del Figlio di Dio, e quel pane e quel vino sono presenza viva di Gesù in mezzo a noi, sono pegno di redenzione efficace davanti al Padre, che perdona e usa misericordia al mondo intero per il prezioso dono del Figlio suo diletto, fattosi vittima di espiazione dei nostri peccati.
Da quanto detto si può capire l’importanza del sacerdote e la sua missione insostituibile nella Chiesa e nel mondo, perché l’azione liturgica, con il suo carico di grazia, non raggiunge solo i cristiani ma l’umanità intera.
Tutti i momenti importanti della vita sono sanciti dal sacerdote che, in nome di Dio ci apre ai traguardi a cui ci sentiamo chiamati. Anche il matrimonio cristiano è accolto da Gesù per mezzo del sacerdote che benedice le nozze. E’ vero che ci si può sposare anche al comune, ma quel matrimonio non ha valore salvifico perché i contraenti non chiedono al Cristo coniugale di accoglierlo e accompagnarlo.
I sacramenti ci sono offerti ma non ci sono imposti, Dio non vuole persone che forzatamente accolgono le sue offerte, vuole che liberamente ci offriamo a Lui e accogliamo i suoi doni di salvezza e di santificazione.
I VERI CRISTIANI NEL MONDO CONTEMPORANEO
I veri cristiani nel mondo contemporaneo, che sembra voglia fare a meno non solo della Chiesa ma di Dio stesso, devono andare contro corrente. E’ necessario che il mondo cambi rotta, la strada intrapresa non porta ad alcun porto felice e noi portiamo scritto dentro di noi un destino di felicità. Checché ne dica il mondo, l’uomo cerca Dio, l’anima non solo lo cerca ma lo brama e nulla può renderla felice. Sono tante le persone che umanamente non mancano di nulla, ma la felicità è un’altra cosa: la felicità si sperimenta non quando il portafogli è pieno ma quando l’anima è piena e la nostra anima si può riempire solo con Dio.
E’ l’esperienza già fatta da S. Agostino, che pure aveva attinto ad altre fonti nel tentativo di riempire il suo vuoto esistenziale e poi dovette ammettere: "Signore, ci hai fatti per Te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te".
Anche il semplice cristiano può ambire a raggiungere il più alto grado di perfezione, purché voglia farlo e voglia farlo come Madre Speranza "Costi quel che costi".
Inoltre ogni anima può dire; "Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me", e lo può dire senza timore di essere superbo perché ad ogni Eucaristia, ricevuta in stato di grazia, si verifica questo inserimento profondo in Dio.
La Madre Speranza narra una sua estati in cui Gesù le permise di penetrare il mistero eucaristico:
29 febbraio 1952: Non posso nasconderle, padre mio, che, nonostante tutto, sono felice, molto felice, poiché questa notte il buon Gesù mi ha invitato a soffrire insieme a Lui, facendomi vedere, in un modo misterioso che non saprei spiegarle, la sua immolazione come vittima nella celebrazione della santa cena o, meglio, nella prima messa celebrata nel mondo dal Santo dei santi. La messa che Lui ha santificato col suo sangue!
Gesù mi ha fatto vedere anche i doni di santità che ci ha propiziato nel Calvario, soprattutto la comunione che ci unisce alla fonte di ogni grazia. Io, padre mio, ho sofferto angosce di morte, ma mi sentivo così unita a Gesù, che mi pareva che il mio cuore fosse una cosa sola col suo…che commozione!
Non le nascondo che, questa notte, mi sono profondamente convinta che il buon Gesù mi chiede e mi impone l’obbligo di aspirare ad una maggiore perfezione, utilizzando tutti i mezzi e per prima cosa "che mi incoraggi verso grandi mete, costi quello che costi".
Poi la Madre ha avuto la bella esperienza di vedere una sua figlia, che aveva ricevuto Gesù in stato di grazia e lei non la riconosceva perché Gesù l’aveva trasfigurata con la sua presenza.
Questo avviene per ognuno di noi se facciamo la comunione in stato di grazia e perciò in quei momenti possiamo dire in verità: "Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me", anche se non abbiamo trasporti mistici particolari.
QUESTIONARIO DI REVISIONE PERSONALE
In questo anno di formazione ti sembra di aver fatto dei passi dietro Madre Speranza?
Hai allontanato dal tuo cuore il peccato grave?
Hai diminuito i peccati veniali e le imperfezioni?
Sei diventato più delicato, più gentile con tutti stando alla scuola di Gesù?
Sai valorizzare meglio la sofferenza in tutte le sue forme, trasformandola in offerta?
E’ cresciuto nel tuo cuore l’amore a Gesù e il desiderio di possedere la beatitudine eterna?
Quando preghi e ti sembra di non essere ascoltato, sai aspettare il tempo della purificazione?
Il mondo con le sue lusinghe ti inganna meno? Ti senti più libero dalle sue suggestioni?
Ricevi e vivi i sacramenti con più fede?
Sai vivere l’Eucaristia come vera esperienza di Gesù che vive in te?
Sei convinto di essere chiamato alla perfezione della vita cristiana, cioè alla santità?
Il tuo rapporto con Il Padre, il Figlio, Lo Spirito, con Maria è più confidenziale?
La tua fede è diventata certezza?
...un corpo invece mi hai preparato... (Eb 3,1)
I luoghi dove la Madre - per quasi trenta anni - ha vissuto e operato per il Santuario, presso la Casa dell’Istituto in Collevalenza
Quando, dopo la morte della Madre, scegliemmo di rendere accessibili ai pellegrini i luoghi dove la Madre - per quasi trenta anni - aveva vissuto e operato per il Santuario, presso la Casa dell’Istituto in Collevalenza, decidemmo anche di riservare due stanze per raccogliere cose significative della sua vita: nella vecchia sala di lavoro delle suore mettemmo ricordi di luoghi e della sua attività; mentre nella vecchia sala di attesa dei pellegrini scegliemmo di mettere cose sue personali.
Proprio per questa ultima sala ci trovammo difronte a una sorpresa: tra le sue cose personali erano tantissime quelle che testimoniavano la sua vita austera, di penitenza, di sacrificio, di mortificazione, con cilizi (tanti!), "discipline" (tante! di corda, di sassi, di metallo, ecc.). Nel comporre le vetrine che avrebbero accolto questi ricordi si discusse molto e vinse l’idea di non mettere tutti gli strumenti di penitenza della Madre perché avrebbero presentato una santità non facile e non imitabile, perché sarebbero stati considerati come masochismo o come un san Girolamo penitente o, comunque, come una visione negativa di un corpo solo da punire e da castigare e non da amare. Prevalse questa tesi e molti oggetti non furono posti in vetrina e finirono in altri armadi.
Forse fu la scelta più opportuna in quel momento, ma decisamente non riflette affatto la scelta e il pensiero della Madre che ringraziava il Signore per averle "dato un cuore per amare e un corpo per soffrire"; quindi un corpo che - attraverso gli esercizi di vigilanza, di mortificazione e di controllo dei sensi - diventasse capace di essere utilizzato non per il piacere ma per "servire" e "salvare" gli altri; imparando ad amare come ama Dio; un corpo da poter offrire - come ha fatto Gesù - per dare tutto, anche la vita, per la persona che ama.
San Paolo nella Lettera agli Ebrei dice di Gesù: "Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà». Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre". (Ebrei 10, 1-10).
Di Gesù ci sono tante immagini, statue, riproduzioni: Gesù risorto, che cammina sulle acque, che risuscita Lazzaro, che parla alle folle, nel Cenacolo che istituisce l’Eucarestia, con i discepoli di Emmaus, … e mille altre. Nessuna è più diffusa del crocefisso e nessuna esprime di più l’amore di Dio per l’uomo: … un corpo invece mi hai preparato …. non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato ... allora ho detto: ecco, io vengo … per fare, o Dio, la tua volontà. Un corpo offerto sulla croce per amore, per salvare.
Madre Speranza è convinta che contemplare la Passione di Gesù significa voler imitare i sentimenti di Gesù.
… un corpo per soffrire e un cuore per amare…
Scrive la Madre il 17 febbraio1964: Una dice: ahi! Questo mi fa male… ahi! Mi duole questo… Ohé! Figlie mie! Vi siete dimenticate che abbiamo un corpo per soffrire e un cuore per amare? Ripetete con frequenza: "Ti ringrazio, Signore, perché mi hai dato un corpo per soffrire e un cuore per amare". E quando vi si presenta una qualche occasione di mortificarvi, alzate gli occhi al cielo per dire: "Signore, ti ringrazio perché oggi posso offrirti una piccola mortificazione". (El pan 21, 81).
… non voglio che passi un solo giorno senza sofferenza …
Quando la Madre aveva compiuto già i 70 anni, cosi scrive nel febbraio del 1965: « ... Settanta anni! Me ne mancano trenta. Io chiedo al Signore tutti i giorni che mi conceda altri trenta anni di vita e che possa arrivare a cento. Penso che, arrivando a cento, potrei finire tutto quello che devo fare e dopo che mi mettano in un angolo del Santuario e lì il mio corpo, divenuto cenere, che serva, come dire … per quello che il Signore vorrà. Hai compreso? Sta tranquillo … Io vorrei arrivare a cento anni … non è che lo voglio, ma se il Signore mi dicesse: fino a che età?... io Gli direi: Signore, fino a cento, però tutti questi anni che mi mancano sempre nel dolore, non voglio che passi un solo giorno senza sofferenza; poiché, siccome non ho forza per dare al Signore quello che mi chiede, questo glielo posso offrire perché è Lui che me lo da. Nella sofferenza di ogni giorno Gli dico: Signore, Te lo offro perché Tu me lo hai dato. («Oración» del 25.2.1965, El pan 22, 309.)
… voglio soffrire (come Gesù) … per dare la vita
Scrive il 15 aprile 1965: Aiutami, Signore, a essere come quella patata grossa, grossa che ho contemplato tante volte, consumata, disfatta e ridotta solo a pelle; anche io voglio darti figli buoni e forti; te lo dicevo già negli anni 40, 41 e 43, anni di grande prova, quando nell’orto di Roma vedevo quella patata grande ma vuota, consumata… ma che aveva prodotto buone numerose patate … (El pan 22, 336).
… voglio soffrire (come Gesù) non in riparazione dei miei peccati …
Scrive in diverse occasioni.
Gesù mio, perdona la mia vigliaccheria; non trattarmi come una debole bambina e fa’ che io viva sempre immersa nel dolore, per riparare in qualche modo le offese che il peccato ha inflitto al mio Dio; per me, ti prego, finché duri il mio pellegrinaggio terreno, di lasciarmi la pena e la vergogna per averti offeso, finché la morte non mi porti in purgatorio dove potrò soffrire per espiare le mie colpe senza più paura di offenderti; e allora ti ripeterò come il figliol prodigo: "Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te". Perdonami, Gesù mio, ancora una volta e purifica la mia povera anima, perché possa unirsi per sempre a te. (El pan 18, 1353)
Ti chiedo anche, Gesù mio, una e mille volte, che le mie sofferenze non servano a riparare le molte offese che disgraziatamente ti ho arrecato; questa espiazione ti chiedo di riservarmela per il purgatorio, mai per l’inferno, Dio mio, perché laggiù non potrei amarti. (El pan 18, 758)
Ma, Gesù mio, concedimi una cosa sola: che viva amandoti in un continuo dolore, per poter riparare in qualche modo le offese che ti recano le anime consacrate e che, dopo una lunga vita di lavoro e sofferenze, il mio corpo si consumi nella putredine per riparare le tante offese che ricevi con la concupiscenza della carne. Però, ti supplico, ancora una e mille volte, Gesù mio, che le mie sofferenze non siano in riparazione delle offese che disgraziatamente ti ho recato, questa riparazione, ti prego, riservarmela per il purgatorio, non per l’inferno, Dio mio, perché lì non ti potrei amare. (El pan 18, 1301)
Ti chiedo, come sempre, di non applicare quanto soffro o faccio in questo mondo, in riparazione delle offese che disgraziatamente ti ho arrecato io stessa; questa espiazione e riparazione, Gesù mio, conservamela per il purgatorio, poiché nell’eternità non potrò soffrire per i tuoi sacerdoti ed espiare in loro favore; ma ti prego, Dio mio, di avere pietà di me e di non mandarmi all’inferno che merito, perché lì non ti potrei amare e forse, addirittura, in quel luogo bestemmierei mio Padre, dimenticando le tenerezze del suo amore e quanto gli sono costata; non permetterlo, Dio mio! (El pan 18, 1309)
I luoghi dove la Madre - per quasi trenta anni - ha vissuto e operato per il Santuario, presso la Casa dell’Istituto in Collevalenza
Quando, dopo la morte della Madre, scegliemmo di rendere accessibili ai pellegrini i luoghi dove la Madre - per quasi trenta anni - aveva vissuto e operato per il Santuario, presso la Casa dell’Istituto in Collevalenza, decidemmo anche di riservare due stanze per raccogliere cose significative della sua vita: nella vecchia sala di lavoro delle suore mettemmo ricordi di luoghi e della sua attività; mentre nella vecchia sala di attesa dei pellegrini scegliemmo di mettere cose sue personali.
Proprio per questa ultima sala ci trovammo difronte a una sorpresa: tra le sue cose personali erano tantissime quelle che testimoniavano la sua vita austera, di penitenza, di sacrificio, di mortificazione, con cilizi (tanti!), "discipline" (tante! di corda, di sassi, di metallo, ecc.). Nel comporre le vetrine che avrebbero accolto questi ricordi si discusse molto e vinse l’idea di non mettere tutti gli strumenti di penitenza della Madre perché avrebbero presentato una santità non facile e non imitabile, perché sarebbero stati considerati come masochismo o come un san Girolamo penitente o, comunque, come una visione negativa di un corpo solo da punire e da castigare e non da amare. Prevalse questa tesi e molti oggetti non furono posti in vetrina e finirono in altri armadi.
Forse fu la scelta più opportuna in quel momento, ma decisamente non riflette affatto la scelta e il pensiero della Madre che ringraziava il Signore per averle "dato un cuore per amare e un corpo per soffrire"; quindi un corpo che - attraverso gli esercizi di vigilanza, di mortificazione e di controllo dei sensi - diventasse capace di essere utilizzato non per il piacere ma per "servire" e "salvare" gli altri; imparando ad amare come ama Dio; un corpo da poter offrire - come ha fatto Gesù - per dare tutto, anche la vita, per la persona che ama.
San Paolo nella Lettera agli Ebrei dice di Gesù: "Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà». Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre". (Ebrei 10, 1-10).
Di Gesù ci sono tante immagini, statue, riproduzioni: Gesù risorto, che cammina sulle acque, che risuscita Lazzaro, che parla alle folle, nel Cenacolo che istituisce l’Eucarestia, con i discepoli di Emmaus, … e mille altre. Nessuna è più diffusa del crocefisso e nessuna esprime di più l’amore di Dio per l’uomo: … un corpo invece mi hai preparato …. non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato ... allora ho detto: ecco, io vengo … per fare, o Dio, la tua volontà. Un corpo offerto sulla croce per amore, per salvare.
Madre Speranza è convinta che contemplare la Passione di Gesù significa voler imitare i sentimenti di Gesù.
… un corpo per soffrire e un cuore per amare…
Scrive la Madre il 17 febbraio1964: Una dice: ahi! Questo mi fa male… ahi! Mi duole questo… Ohé! Figlie mie! Vi siete dimenticate che abbiamo un corpo per soffrire e un cuore per amare? Ripetete con frequenza: "Ti ringrazio, Signore, perché mi hai dato un corpo per soffrire e un cuore per amare". E quando vi si presenta una qualche occasione di mortificarvi, alzate gli occhi al cielo per dire: "Signore, ti ringrazio perché oggi posso offrirti una piccola mortificazione". (El pan 21, 81).
… non voglio che passi un solo giorno senza sofferenza …
Quando la Madre aveva compiuto già i 70 anni, cosi scrive nel febbraio del 1965: « ... Settanta anni! Me ne mancano trenta. Io chiedo al Signore tutti i giorni che mi conceda altri trenta anni di vita e che possa arrivare a cento. Penso che, arrivando a cento, potrei finire tutto quello che devo fare e dopo che mi mettano in un angolo del Santuario e lì il mio corpo, divenuto cenere, che serva, come dire … per quello che il Signore vorrà. Hai compreso? Sta tranquillo … Io vorrei arrivare a cento anni … non è che lo voglio, ma se il Signore mi dicesse: fino a che età?... io Gli direi: Signore, fino a cento, però tutti questi anni che mi mancano sempre nel dolore, non voglio che passi un solo giorno senza sofferenza; poiché, siccome non ho forza per dare al Signore quello che mi chiede, questo glielo posso offrire perché è Lui che me lo da. Nella sofferenza di ogni giorno Gli dico: Signore, Te lo offro perché Tu me lo hai dato. («Oración» del 25.2.1965, El pan 22, 309.)
… voglio soffrire (come Gesù) … per dare la vita
Scrive il 15 aprile 1965: Aiutami, Signore, a essere come quella patata grossa, grossa che ho contemplato tante volte, consumata, disfatta e ridotta solo a pelle; anche io voglio darti figli buoni e forti; te lo dicevo già negli anni 40, 41 e 43, anni di grande prova, quando nell’orto di Roma vedevo quella patata grande ma vuota, consumata… ma che aveva prodotto buone numerose patate … (El pan 22, 336).
… voglio soffrire (come Gesù) non in riparazione dei miei peccati …
Scrive in diverse occasioni.
Gesù mio, perdona la mia vigliaccheria; non trattarmi come una debole bambina e fa’ che io viva sempre immersa nel dolore, per riparare in qualche modo le offese che il peccato ha inflitto al mio Dio; per me, ti prego, finché duri il mio pellegrinaggio terreno, di lasciarmi la pena e la vergogna per averti offeso, finché la morte non mi porti in purgatorio dove potrò soffrire per espiare le mie colpe senza più paura di offenderti; e allora ti ripeterò come il figliol prodigo: "Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te". Perdonami, Gesù mio, ancora una volta e purifica la mia povera anima, perché possa unirsi per sempre a te. (El pan 18, 1353)
Ti chiedo anche, Gesù mio, una e mille volte, che le mie sofferenze non servano a riparare le molte offese che disgraziatamente ti ho arrecato; questa espiazione ti chiedo di riservarmela per il purgatorio, mai per l’inferno, Dio mio, perché laggiù non potrei amarti. (El pan 18, 758)
Ma, Gesù mio, concedimi una cosa sola: che viva amandoti in un continuo dolore, per poter riparare in qualche modo le offese che ti recano le anime consacrate e che, dopo una lunga vita di lavoro e sofferenze, il mio corpo si consumi nella putredine per riparare le tante offese che ricevi con la concupiscenza della carne. Però, ti supplico, ancora una e mille volte, Gesù mio, che le mie sofferenze non siano in riparazione delle offese che disgraziatamente ti ho recato, questa riparazione, ti prego, riservarmela per il purgatorio, non per l’inferno, Dio mio, perché lì non ti potrei amare. (El pan 18, 1301)
Ti chiedo, come sempre, di non applicare quanto soffro o faccio in questo mondo, in riparazione delle offese che disgraziatamente ti ho arrecato io stessa; questa espiazione e riparazione, Gesù mio, conservamela per il purgatorio, poiché nell’eternità non potrò soffrire per i tuoi sacerdoti ed espiare in loro favore; ma ti prego, Dio mio, di avere pietà di me e di non mandarmi all’inferno che merito, perché lì non ti potrei amare e forse, addirittura, in quel luogo bestemmierei mio Padre, dimenticando le tenerezze del suo amore e quanto gli sono costata; non permetterlo, Dio mio! (El pan 18, 1309)
VOCAZIONE: VIVERE COME IL CHICCO DI GRANO
(M. Elvira eam e M. Graziella eam)
Traccia per la Celebrazione
Canto di esposizione
Pausa di Adorazione individuale
Guida:
Gesù dice: "In verità, in verità, vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24). Gesù è il chicco di grano che muore ed Egli chiamo noi a vivere così come Lui ha fatto.
Breve pausa
Guida:
Signore Gesù,
per noi hai accettato la sorte del chicco di grano
che cade in terra e muore per produrre molto frutto.
Tutti:
Tu ci inviti a seguirti su questa via quando dici:
"Chi ama la sua vita la perde, e chi odia la sua vita
in questo mondo la conserva per la vita eterna".
Lettore: Dal Vangelo di Giovanni 12,24-26
<<L’ora è venuta. Il Figlio dell’uomo sta per essere innalzato alla gloria. Se il seme di frumento non finisce sotto terra e non muore, non porta frutto. Se muore, invece, porta molto frutto. Ve l’assicuro. Chi ama la propria vita la perderà. Chi è pronto a perdere la propria vita in questo mondo, la conserva per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io ci saranno anche quelli che mi servono. E chi serve me sarà onorato dal Padre>>. Gesù disse ancora: << Sono profondamente turbato. Che devo fare? Dire al Padre: fammi evitare questa prova? Ma è proprio per quest’ora che sono venuto. Padre, glorifica il tuo nome!>>. Allora una voce disse dal cielo: << L’ho glorificato, e lo glorificherò ancora>>. Parola del Signore.
Breve pausa
Guida:
Noi siamo attaccati alla nostra vita. Non vogliamo abbandonarla, ma tenerla tutta per noi stessi.
Vogliamo possederla, non offrirla. Ma tu ci precedi e ci mostri che possiamo salvare la nostra vita soltanto donandola. Vuoi condurci sulla via del chicco di frumento, la via di una fecondità che giunge fino all’eternità. La croce, l’offerta di noi stessi, ci pesa molto. Ma tu hai portato anche la nostra croce, e non l’hai portata in un qualche momento del passato, perché il tuo amore è contemporaneo alla mia vita. La porti oggi con me e per me, e in modo mirabile, vuoi che adesso anch’io, come allora Simone di Cirene, porti con te la tua croce.
Pausa di Riflessione e Preghiera personale
Guida:
Le seguenti invocazioni verranno lette in modo spontaneo.
Gesù, aiutaci a seguirti non solo con nobili pensieri, ma a percorrere la tua via con il cuore, anzi, con i passi concreti della nostra vita quotidiana.
Breve pausa
Gesù, rendici forti e coraggiosi nel vivere come il chicco di grano, fa’ che camminiamo con umiltà sulla via della croce e rimaniamo per sempre fedeli a te.
Breve pausa
Liberaci dalla paura della croce, dalla paura di fronte all’altrui derisione, dalla paura di donare la nostra vita così come hai fatto tu.
Breve pausa
Signore, donaci la capacità di discernere il bene dal male, aiutaci a smascherare le tentazioni che promettono felicità ma le cui conseguenze sono soltanto vuoto e delusione.
Breve pausa
Canto
Guida:
Il servo sofferente e obbediente dà la sua vita per salvare tutta l’umanità.
Lettore: Dal Libro del Profeta Isaia 53,3-10
Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure Egli si è caricato delle nostre sofferenza, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua sorte? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno sulla sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrì se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Parola di Dio.
Pausa di Preghiera silenziosa
Canto di meditazione (seduti)
Guida:
La nostra Madre Fondatrice, Madre Speranza, così scriveva alle sue Figlie e Figli dell’Amore Misericordioso.
Lettore: Dagli Scritti di Madre Speranza
Basta uno sguardo alla Croce e subito si intende il Linguaggio con cui ci parla Gesù: lo comprendiamo tutti immediatamente, perché è il linguaggio dell’amore… per poter partecipare della vita e della salvezza che scaturiscono dalla Croce di Gesù, bisogna che ne condividiamo il dolore e il peso, in molteplici forme, e cioè: vivendo nel nostro cuore la Croce di Gesù con sentimenti di amore e di compassione; prendendo la nostra croce e portandola gioiosamente per amore al nostro Dio; inchiodando sulla croce la nostra volontà e i nostri desideri disordinati. È nella Croce che si impara ad amare Gesù… è lì che si apprende la lezione dell’amore.
Momento di silenzio
Tutti insieme:
Gesù mio, sii protezione e conforto all’anima mia; sii mia difesa contro ogni tentazione e coprimi con lo scudo della tua verità. Sii il mio compagno e la mia speranza; difesa e riparo contro tutti i pericoli dell’anima e del corpo. Guidami nel vasto mare di questo mondo e degnati di consolarmi in questa tribolazione. Mi sia di porto sicurissimo l’abisso del tuo amore e della tua misericordia, così potrò vedermi libero dalle insidie del demonio. (Preghiera Novena all'Amore Misericordioso VIII giorno)
Riflessione e preghiera personale
Guida:
Innalziamo al Signore la nostra preghiera per i bisogni di tutta la Chiesa e per la salvezza di tutta l’umanità. Ad ogni invocazione pregata liberamente rispondiamo: Padre misericordioso ascoltaci.
Perché nella contemplazione del Cristo sofferente e crocifisso la Chiesa possa annunciare la vittoria sul male e proclamare la fede nel Dio pieno di amore e di misericordia per tutta l’umanità. Preghiamo
Perché quanti soffrono nello spirito, nell’anima e nel corpo, ricevano la grazia di sentirsi uniti alla passione di Cristo per la salvezza del mondo. Preghiamo
Ti benediciamo, Signore perché da te proviene ogni carisma Tu hai ispirato Madre Speranza a rispondere con la preghiera, il sacrificio, la mortificazione, l’offerta di sé stessa e la carità verso il prossimo più bisognoso di amore e compassione. Preghiamo
O Dio che nella Tua immensa bontà hai ispirato Madre Speranza a seguire in tutto la via del tuo figlio amato, concedi anche a noi di perseverare in questa santa vocazione alla quale ci hai chiamato. Preghiamo
Salvatore nostro, tu hai voluto condividere con noi la tua croce, ti preghiamo per coloro che hai scelto a seguirti nella vita religiosa, sacerdotale e missionaria, fa che molti giovani corrispondano alla tua chiamata. Preghiamo.
Tutti:
Manda, o Dio Onnipotente, vocazioni sante, forti e coraggiose alla tua Chiesa e alla Famiglia Religiosa dell’Amore Misericordioso, te lo chiediamo nel nome di Cristo tuo Figlio e nostro Signore. Amen.
Padre Nostro
Canto finale
(M. Elvira eam e M. Graziella eam)
Traccia per la Celebrazione
Canto di esposizione
Pausa di Adorazione individuale
Guida:
Gesù dice: "In verità, in verità, vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24). Gesù è il chicco di grano che muore ed Egli chiamo noi a vivere così come Lui ha fatto.
Breve pausa
Guida:
Signore Gesù,
per noi hai accettato la sorte del chicco di grano
che cade in terra e muore per produrre molto frutto.
Tutti:
Tu ci inviti a seguirti su questa via quando dici:
"Chi ama la sua vita la perde, e chi odia la sua vita
in questo mondo la conserva per la vita eterna".
Lettore: Dal Vangelo di Giovanni 12,24-26
<<L’ora è venuta. Il Figlio dell’uomo sta per essere innalzato alla gloria. Se il seme di frumento non finisce sotto terra e non muore, non porta frutto. Se muore, invece, porta molto frutto. Ve l’assicuro. Chi ama la propria vita la perderà. Chi è pronto a perdere la propria vita in questo mondo, la conserva per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io ci saranno anche quelli che mi servono. E chi serve me sarà onorato dal Padre>>. Gesù disse ancora: << Sono profondamente turbato. Che devo fare? Dire al Padre: fammi evitare questa prova? Ma è proprio per quest’ora che sono venuto. Padre, glorifica il tuo nome!>>. Allora una voce disse dal cielo: << L’ho glorificato, e lo glorificherò ancora>>. Parola del Signore.
Breve pausa
Guida:
Noi siamo attaccati alla nostra vita. Non vogliamo abbandonarla, ma tenerla tutta per noi stessi.
Vogliamo possederla, non offrirla. Ma tu ci precedi e ci mostri che possiamo salvare la nostra vita soltanto donandola. Vuoi condurci sulla via del chicco di frumento, la via di una fecondità che giunge fino all’eternità. La croce, l’offerta di noi stessi, ci pesa molto. Ma tu hai portato anche la nostra croce, e non l’hai portata in un qualche momento del passato, perché il tuo amore è contemporaneo alla mia vita. La porti oggi con me e per me, e in modo mirabile, vuoi che adesso anch’io, come allora Simone di Cirene, porti con te la tua croce.
Pausa di Riflessione e Preghiera personale
Guida:
Le seguenti invocazioni verranno lette in modo spontaneo.
Gesù, aiutaci a seguirti non solo con nobili pensieri, ma a percorrere la tua via con il cuore, anzi, con i passi concreti della nostra vita quotidiana.
Breve pausa
Gesù, rendici forti e coraggiosi nel vivere come il chicco di grano, fa’ che camminiamo con umiltà sulla via della croce e rimaniamo per sempre fedeli a te.
Breve pausa
Liberaci dalla paura della croce, dalla paura di fronte all’altrui derisione, dalla paura di donare la nostra vita così come hai fatto tu.
Breve pausa
Signore, donaci la capacità di discernere il bene dal male, aiutaci a smascherare le tentazioni che promettono felicità ma le cui conseguenze sono soltanto vuoto e delusione.
Breve pausa
Canto
Guida:
Il servo sofferente e obbediente dà la sua vita per salvare tutta l’umanità.
Lettore: Dal Libro del Profeta Isaia 53,3-10
Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure Egli si è caricato delle nostre sofferenza, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua sorte? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno sulla sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrì se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Parola di Dio.
Pausa di Preghiera silenziosa
Canto di meditazione (seduti)
Guida:
La nostra Madre Fondatrice, Madre Speranza, così scriveva alle sue Figlie e Figli dell’Amore Misericordioso.
Lettore: Dagli Scritti di Madre Speranza
Basta uno sguardo alla Croce e subito si intende il Linguaggio con cui ci parla Gesù: lo comprendiamo tutti immediatamente, perché è il linguaggio dell’amore… per poter partecipare della vita e della salvezza che scaturiscono dalla Croce di Gesù, bisogna che ne condividiamo il dolore e il peso, in molteplici forme, e cioè: vivendo nel nostro cuore la Croce di Gesù con sentimenti di amore e di compassione; prendendo la nostra croce e portandola gioiosamente per amore al nostro Dio; inchiodando sulla croce la nostra volontà e i nostri desideri disordinati. È nella Croce che si impara ad amare Gesù… è lì che si apprende la lezione dell’amore.
Momento di silenzio
Tutti insieme:
Gesù mio, sii protezione e conforto all’anima mia; sii mia difesa contro ogni tentazione e coprimi con lo scudo della tua verità. Sii il mio compagno e la mia speranza; difesa e riparo contro tutti i pericoli dell’anima e del corpo. Guidami nel vasto mare di questo mondo e degnati di consolarmi in questa tribolazione. Mi sia di porto sicurissimo l’abisso del tuo amore e della tua misericordia, così potrò vedermi libero dalle insidie del demonio. (Preghiera Novena all'Amore Misericordioso VIII giorno)
Riflessione e preghiera personale
Guida:
Innalziamo al Signore la nostra preghiera per i bisogni di tutta la Chiesa e per la salvezza di tutta l’umanità. Ad ogni invocazione pregata liberamente rispondiamo: Padre misericordioso ascoltaci.
Perché nella contemplazione del Cristo sofferente e crocifisso la Chiesa possa annunciare la vittoria sul male e proclamare la fede nel Dio pieno di amore e di misericordia per tutta l’umanità. Preghiamo
Perché quanti soffrono nello spirito, nell’anima e nel corpo, ricevano la grazia di sentirsi uniti alla passione di Cristo per la salvezza del mondo. Preghiamo
Ti benediciamo, Signore perché da te proviene ogni carisma Tu hai ispirato Madre Speranza a rispondere con la preghiera, il sacrificio, la mortificazione, l’offerta di sé stessa e la carità verso il prossimo più bisognoso di amore e compassione. Preghiamo
O Dio che nella Tua immensa bontà hai ispirato Madre Speranza a seguire in tutto la via del tuo figlio amato, concedi anche a noi di perseverare in questa santa vocazione alla quale ci hai chiamato. Preghiamo
Salvatore nostro, tu hai voluto condividere con noi la tua croce, ti preghiamo per coloro che hai scelto a seguirti nella vita religiosa, sacerdotale e missionaria, fa che molti giovani corrispondano alla tua chiamata. Preghiamo.
Tutti:
Manda, o Dio Onnipotente, vocazioni sante, forti e coraggiose alla tua Chiesa e alla Famiglia Religiosa dell’Amore Misericordioso, te lo chiediamo nel nome di Cristo tuo Figlio e nostro Signore. Amen.
Padre Nostro
Canto finale
"SE IL CHICCO DI GRANO NON MUORE..."
(M. Elvira eam e M. Graziella eam)
Traccia per la Celebrazione
"Ricordiamoci bene questa grande verità: un’anima ...al servizio di Gesù si deve sforzare per perpetuare sulla terra gli stessi Suoi sacrifici in qualità di vittima immolata... al sacrificio deve unire un grande amore... lasciarsi umiliare come il chicco di grano che, per dar vita ad altri chicchi di grano, si lascia nascondere sotto la terra, per marcire e morire..." (El pan 2, 34). É quanto è accaduto alla nostra Madre che già dai primi anni della sua vita religiosa, ha sperimentato difficoltà e prove che hanno fortemente inciso sulla sua interiorità, determinando il suo progressivo innamoramento per Gesù crocifisso. Chiediamo al Signore di illuminarci con la sua grazia e misericordia, perché possiamo fare nostre queste parole: "...Gesù ci dice: se volete capire me, guardate il chicco di grano; se volete vedermi, guardate la croce. Il chicco di grano e la croce, due immagini come sintesi ardente dell'evento "Gesù". Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. «Per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce» (Karl Rahner).
Canto iniziale Esposizione del Santissimo
Preghiera
Attiraci a te Signore,
noi ti rendiamo grazie
perché ci attiri alla tua croce.
Attiraci a te troveremo il solco
in cui macerare.
Attiraci a te e ogni gioia,
ogni sofferenza avrà un senso,
un fine, attiraci a te e
senza paura afferrata
la tua mano, capiremo
che il dolore è il primo
necessario passo per
risorgere con te.
Lettore:
Quando Gesù parla del seme, parla di se stesso, della Sua morte che avverrà presto. Dalla sua morte però verrà la vita per noi. Anche noi possiamo essere il seme che dà la vita quando non pensiamo solo a noi stessi ma ci apriamo all’amore di Dio e lo doniamo agli altri: dalla morte di Cristo viene il frutto della Resurrezione, dalla morte di ciascuno a se stesso e al proprio egoismo, viene la vita dell'amore donato che dà luce e speranza al mondo.
Lettura dal Vangelo secondo Giovanni 12, 20-33
Gesù rispose: "È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Parola del Signore
Pausa di silenzio
Riflessione Personale
"Se il chicco di grano non cade in terra e non muore, rimane solo; se invece muore, porta molto frutto". Non è il solo insegnamento che Gesù trae dalla vita dei contadini. Il Vangelo è pieno di parabole, immagini e spunti tratti dall’agricoltura che era a suo tempo (ed è ancora oggi per diversi popoli) la professione che occupa il maggior numero di persone. Egli parla del seminatore, del lavoro dei campi, della mietitura, di grano, vino, olio, del fico, della vigna, della vendemmia...
Ma Gesù non si fermava naturalmente al piano agricolo. L’immagine del chicco di grano gli serve per trasmetterci un sublime insegnamento che getta luce, prima di tutto, sulla sua vicenda personale e poi anche su quella dei suoi discepoli.
Il chicco di grano è, infatti, anzitutto Gesù stesso. Come un chicco di frumento, egli è caduto in terra nella sua passione e morte, è rispuntato e ha portato frutto con la sua risurrezione. Il "molto frutto" che egli ha portato è la Chiesa che è nata dalla sua morte, il suo corpo mistico.
Potenzialmente, il "frutto" è tutta l’umanità, non solo noi battezzati, perché egli è morto per tutti, tutti sono stati da lui redenti, anche chi ancora non lo sa. Il brano evangelico si conclude con queste significative parole di Gesù: "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me".
Ma la storia del piccolo chicco di grano aiuta anche, per un altro verso, a capire noi stessi e il senso della nostra esistenza. Dopo aver parlato del chicco di grano, Gesù aggiunge: "Chi ama la sua vita la perde e chi odia (un altro evangelista dice perde) la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna" (cfr. Mt 16, 25). Cadere in terra e morire, non è dunque solo la via per portare frutto, ma anche per "salvare la propria vita", cioè per continuare a vivere! Che succede al chicco di grano che rifiuta di cadere in terra? O viene qualche uccello e lo becca, o inaridisce e ammuffisce in un angolo umido, oppure viene ridotto in farina, mangiato e tutto finisce lì. In ogni caso, il chicco, come tale, non ha seguito. Se invece viene seminato, rispunterà e conoscerà una nuova vita, come in questa stagione vediamo che è avvenuto dei chicchi di grano seminati in autunno.
Sul piano umano e spirituale ciò significa che se l’uomo non passa attraverso la trasformazione che viene dalla fede e dal battesimo, se non accetta la croce, ma rimane attaccato al suo naturale modo di essere e al suo egoismo, tutto finirà con lui, la sua vita va ad esaurimento. Giovinezza, vecchiaia, morte. Se invece crede e accetta la croce in unione con Cristo, allora gli si apre davanti l’orizzonte dell’eternità.
Ci sono situazioni, già in questa vita, sulle quali la parabola del chicco di grano getta una luce rasserenante. Hai un progetto che ti sta sommamente a cuore; per esso hai lavorato, era diventato lo scopo principale nella vita, ed ecco che in breve lo vedi come caduto in terra e morto. Fallito, oppure tolto a te e affidato a un altro che ne raccoglie i frutti. Ricordati del chicco di grano e spera. I nostri migliori progetti e affetti devono passare per questa fase di apparente buio e di gelido inverno, per rinascere purificati e ricchi di frutti. Se resistono alla prova, sono come l’acciaio dopo che è stato immerso in acqua gelida e ne è uscito "temprato". Come sempre, costatiamo che il Vangelo non è lontano, ma vicinissimo alla nostra vita. Anche quando ci parla con la storia di un piccolo chicco di grano.
Alla fine, questi chicchi di grano che cadono in terra e muoiono, saremo noi stessi, i nostri corpi affidati alla terra. Ma la parola di Gesù ci assicura che anche per noi ci sarà una nuova primavera. Risorgeremo da morte e questa volta per non morire più.
Lettore:
Qual è la gloria del chicco di frumento? Un chicco di frumento è poco glorioso, è solo un chicco di frumento. Se te lo mangi, hai mangiato un chicco di frumento. Se invece il chicco di frumento cade nella terra e muore, porta molto frutto. La gloria del seme è morire per portare vita e frutto.
Lettura dagli scritti di Madre Speranza (Diario 14 maggio del 1949)
Gesù dice alla Madre: ".....Però tu devi tenere ben presente che Io sempre mi sono servito delle cose più povere e inutili per fare quelle più grandi e magnifiche; a Balaam parlai per mezzo di un asino mentre avrei potuto farlo per mezzo di un angelo; e per ottenere un grande raccolto di grano è necessario gettare a terra la semente, ricoprirla di terra, sottoporla all'azione dell'acqua, del sole, del freddo, della neve; infine questa semente deve imputridire e scomparire per poter fruttificare e produrre grande quantità di grano. Tutto ciò non è ancora sufficiente perché il frutto possa servire di sostentamento all'uomo; infatti occorre ancora che il grano sia triturato, macinato e trasformato in farina, che passata al setaccio viene separata dalla crusca, e quindi è pronta per essere impastata con l'acqua e ben cotta. Allora potrà servire di principale alimento per l'uomo. Così tu, devi passare attraverso tutta questa elaborazione per poter arrivare ad essere ciò che Io desidero, cioè che Io possa servirmi di te come alimento per molte anime, e i figli e le figlie prendano da te questa sostanza elaborata e mi diano tanta gloria in questo Santuario con il soave profumo del sacrificio, della preghiera, dell'abnegazione e con l'esercizio continuo della mia carità e amore verso i più bisognosi" .
Pausa di silenzio
Lettore:
"Non è degno del Vangelo chi non è disposto a lasciarsi umiliare come il chicco di grano che, per dare vita a molti altri chicchi, si nasconde sotto terra, marcisce e muore...è nella Croce che si impara ad amare Gesù è lì che si apprende la lezione dell’amore...Senza Croce non v’è redenzione, se non passiamo per questa scuola di virtù non giungeremo alla perfezione dell’amore". (Madre Speranza)
Dal Magistero: Evangelica Testificatio 29-31
«La croce sia per voi, come è stata per il Cristo, la prova dell'amore più grande. Non esiste forse un rapporto misterioso tra la rinuncia e la gioia, tra il sacrificio e la dilatazione del cuore, tra la disciplina e la libertà spirituale?
Ammettiamolo, figli e figlie in Gesù Cristo: nel momento presente, è difficile trovare uno stile di vita che sia in armonia con questa esigenza. Troppe sollecitazioni contrarie vi spingono a cercare, anzitutto, una azione umanamente efficace. Ma non tocca a voi dare l'esempio di un'austerità gioiosa ed equilibrata, accettando le difficoltà inerenti al lavoro e ai rapporti sociali e sopportando pazientemente le prove della vita con la sua angosciosa insicurezza, quali rinunzie indispensabili per la pienezza della vita cristiana? In mezzo a queste pene, grandi o piccole, il vostro fervore interiore vi fa scoprire la croce di Cristo e vi aiuta ad accoglierle con fede ed amore.
A questa condizione voi darete la testimonianza che il Popolo di Dio attende: uomini e donne capaci di accettare l'incognita della povertà, di essere attratti dalla semplicità e dall'umiltà, amanti della pace, immuni da compromessi, decisi all'abnegazione totale, liberi ed insieme obbedienti, spontanei e tenaci, dolci e forti nella certezza della fede: questa grazia vi sarà data da Gesù Cristo in proporzione del dono completo che avrete fatto di voi stessi, senza più riprenderlo ».
Pausa di silenzio
Per un confronto personale
E’ bello sapere Signore che il chicco di grano che muore porta molto frutto! Quante volte ci sentiamo schiacciati dal peso della croce e tutto ci sembra senza senso assurdo. Accresci in noi il dono della fede che ci fa credere che ogni nostra sofferenza offerta per amore può portare grandi frutti grazie al tuo Amore.
La storia del chicco di grano è quella di morire per moltiplicarsi; la sua funzione è quella di un servizio alla vita. L'annientamento di Gesù è paragonabile al seme di vita sepolto nella terra. Nella vita di Gesù amare è servire e servire è perdersi nella vita degli altri, morire a se stessi per far vivere. Ogni discepolo, se vuole essere tale, deve imitare il Maestro (Gv.12,25-26) entrando in questo dinamismo. Sei disponibile a vivere la logica del chicco di grano?
La tua vita esprime il dono di te stesso? È una semina di amore che fa nascere amore? Sei consapevole che per essere seme di gioia, perché ci sia la gioia nel campo di frumento è necessario il momento della semina?
Puoi dire di aver scelto il Signore se poi non abbracci con Lui la croce? Quando si scatena in te la dura lotta tra il «si» e il «no», tra il coraggio e la paura, tra la fede e l'incredulità, tra l'amore e l'egoismo, ti senti smarrito pensando che tali tentazioni non si addicono a chi segue Gesù?
Canto
Preghiere spontanee
Preghiera
Grazie Signore perché hai preso su di te ogni nostro dolore per trasfigurarlo con il tuo amore. Grazie perché tu che sei la via hai voluto percorrere la via della croce perché il non senso della sofferenza potesse essere riempito di senso. Grazie al tuo immenso amore la croce è diventata via per il Paradiso e in te troviamo quel cireneo che rende leggero e dolce ogni nostro giogo. Grazie perché tu ci hai rivelato che "il chicco di grano se muore porta frutto" ed ora sappiamo che la sofferenza non è un assurdo insopportabile peso che ci prostra a terra e ci fa perdere la gioia di vivere, in te con te ogni dolore offerto per amore porta grandi frutti! Certo la sofferenza resta per tutti noi un grande mistero difficile da accettare e da comprendere ma sappiamo che tu hai scelto la via della croce per renderci partecipi della tua gloria ed ora ogni sofferenza vissuta in te ci dischiude nuovi orizzonti di Cielo. Amen
Canto Eucaristico
Benedizione o deposizione del Santissimo
Canto
(M. Elvira eam e M. Graziella eam)
Traccia per la Celebrazione
"Ricordiamoci bene questa grande verità: un’anima ...al servizio di Gesù si deve sforzare per perpetuare sulla terra gli stessi Suoi sacrifici in qualità di vittima immolata... al sacrificio deve unire un grande amore... lasciarsi umiliare come il chicco di grano che, per dar vita ad altri chicchi di grano, si lascia nascondere sotto la terra, per marcire e morire..." (El pan 2, 34). É quanto è accaduto alla nostra Madre che già dai primi anni della sua vita religiosa, ha sperimentato difficoltà e prove che hanno fortemente inciso sulla sua interiorità, determinando il suo progressivo innamoramento per Gesù crocifisso. Chiediamo al Signore di illuminarci con la sua grazia e misericordia, perché possiamo fare nostre queste parole: "...Gesù ci dice: se volete capire me, guardate il chicco di grano; se volete vedermi, guardate la croce. Il chicco di grano e la croce, due immagini come sintesi ardente dell'evento "Gesù". Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. «Per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce» (Karl Rahner).
Canto iniziale Esposizione del Santissimo
Preghiera
Attiraci a te Signore,
noi ti rendiamo grazie
perché ci attiri alla tua croce.
Attiraci a te troveremo il solco
in cui macerare.
Attiraci a te e ogni gioia,
ogni sofferenza avrà un senso,
un fine, attiraci a te e
senza paura afferrata
la tua mano, capiremo
che il dolore è il primo
necessario passo per
risorgere con te.
Lettore:
Quando Gesù parla del seme, parla di se stesso, della Sua morte che avverrà presto. Dalla sua morte però verrà la vita per noi. Anche noi possiamo essere il seme che dà la vita quando non pensiamo solo a noi stessi ma ci apriamo all’amore di Dio e lo doniamo agli altri: dalla morte di Cristo viene il frutto della Resurrezione, dalla morte di ciascuno a se stesso e al proprio egoismo, viene la vita dell'amore donato che dà luce e speranza al mondo.
Lettura dal Vangelo secondo Giovanni 12, 20-33
Gesù rispose: "È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Parola del Signore
Pausa di silenzio
Riflessione Personale
"Se il chicco di grano non cade in terra e non muore, rimane solo; se invece muore, porta molto frutto". Non è il solo insegnamento che Gesù trae dalla vita dei contadini. Il Vangelo è pieno di parabole, immagini e spunti tratti dall’agricoltura che era a suo tempo (ed è ancora oggi per diversi popoli) la professione che occupa il maggior numero di persone. Egli parla del seminatore, del lavoro dei campi, della mietitura, di grano, vino, olio, del fico, della vigna, della vendemmia...
Ma Gesù non si fermava naturalmente al piano agricolo. L’immagine del chicco di grano gli serve per trasmetterci un sublime insegnamento che getta luce, prima di tutto, sulla sua vicenda personale e poi anche su quella dei suoi discepoli.
Il chicco di grano è, infatti, anzitutto Gesù stesso. Come un chicco di frumento, egli è caduto in terra nella sua passione e morte, è rispuntato e ha portato frutto con la sua risurrezione. Il "molto frutto" che egli ha portato è la Chiesa che è nata dalla sua morte, il suo corpo mistico.
Potenzialmente, il "frutto" è tutta l’umanità, non solo noi battezzati, perché egli è morto per tutti, tutti sono stati da lui redenti, anche chi ancora non lo sa. Il brano evangelico si conclude con queste significative parole di Gesù: "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me".
Ma la storia del piccolo chicco di grano aiuta anche, per un altro verso, a capire noi stessi e il senso della nostra esistenza. Dopo aver parlato del chicco di grano, Gesù aggiunge: "Chi ama la sua vita la perde e chi odia (un altro evangelista dice perde) la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna" (cfr. Mt 16, 25). Cadere in terra e morire, non è dunque solo la via per portare frutto, ma anche per "salvare la propria vita", cioè per continuare a vivere! Che succede al chicco di grano che rifiuta di cadere in terra? O viene qualche uccello e lo becca, o inaridisce e ammuffisce in un angolo umido, oppure viene ridotto in farina, mangiato e tutto finisce lì. In ogni caso, il chicco, come tale, non ha seguito. Se invece viene seminato, rispunterà e conoscerà una nuova vita, come in questa stagione vediamo che è avvenuto dei chicchi di grano seminati in autunno.
Sul piano umano e spirituale ciò significa che se l’uomo non passa attraverso la trasformazione che viene dalla fede e dal battesimo, se non accetta la croce, ma rimane attaccato al suo naturale modo di essere e al suo egoismo, tutto finirà con lui, la sua vita va ad esaurimento. Giovinezza, vecchiaia, morte. Se invece crede e accetta la croce in unione con Cristo, allora gli si apre davanti l’orizzonte dell’eternità.
Ci sono situazioni, già in questa vita, sulle quali la parabola del chicco di grano getta una luce rasserenante. Hai un progetto che ti sta sommamente a cuore; per esso hai lavorato, era diventato lo scopo principale nella vita, ed ecco che in breve lo vedi come caduto in terra e morto. Fallito, oppure tolto a te e affidato a un altro che ne raccoglie i frutti. Ricordati del chicco di grano e spera. I nostri migliori progetti e affetti devono passare per questa fase di apparente buio e di gelido inverno, per rinascere purificati e ricchi di frutti. Se resistono alla prova, sono come l’acciaio dopo che è stato immerso in acqua gelida e ne è uscito "temprato". Come sempre, costatiamo che il Vangelo non è lontano, ma vicinissimo alla nostra vita. Anche quando ci parla con la storia di un piccolo chicco di grano.
Alla fine, questi chicchi di grano che cadono in terra e muoiono, saremo noi stessi, i nostri corpi affidati alla terra. Ma la parola di Gesù ci assicura che anche per noi ci sarà una nuova primavera. Risorgeremo da morte e questa volta per non morire più.
Lettore:
Qual è la gloria del chicco di frumento? Un chicco di frumento è poco glorioso, è solo un chicco di frumento. Se te lo mangi, hai mangiato un chicco di frumento. Se invece il chicco di frumento cade nella terra e muore, porta molto frutto. La gloria del seme è morire per portare vita e frutto.
Lettura dagli scritti di Madre Speranza (Diario 14 maggio del 1949)
Gesù dice alla Madre: ".....Però tu devi tenere ben presente che Io sempre mi sono servito delle cose più povere e inutili per fare quelle più grandi e magnifiche; a Balaam parlai per mezzo di un asino mentre avrei potuto farlo per mezzo di un angelo; e per ottenere un grande raccolto di grano è necessario gettare a terra la semente, ricoprirla di terra, sottoporla all'azione dell'acqua, del sole, del freddo, della neve; infine questa semente deve imputridire e scomparire per poter fruttificare e produrre grande quantità di grano. Tutto ciò non è ancora sufficiente perché il frutto possa servire di sostentamento all'uomo; infatti occorre ancora che il grano sia triturato, macinato e trasformato in farina, che passata al setaccio viene separata dalla crusca, e quindi è pronta per essere impastata con l'acqua e ben cotta. Allora potrà servire di principale alimento per l'uomo. Così tu, devi passare attraverso tutta questa elaborazione per poter arrivare ad essere ciò che Io desidero, cioè che Io possa servirmi di te come alimento per molte anime, e i figli e le figlie prendano da te questa sostanza elaborata e mi diano tanta gloria in questo Santuario con il soave profumo del sacrificio, della preghiera, dell'abnegazione e con l'esercizio continuo della mia carità e amore verso i più bisognosi" .
Pausa di silenzio
Lettore:
"Non è degno del Vangelo chi non è disposto a lasciarsi umiliare come il chicco di grano che, per dare vita a molti altri chicchi, si nasconde sotto terra, marcisce e muore...è nella Croce che si impara ad amare Gesù è lì che si apprende la lezione dell’amore...Senza Croce non v’è redenzione, se non passiamo per questa scuola di virtù non giungeremo alla perfezione dell’amore". (Madre Speranza)
Dal Magistero: Evangelica Testificatio 29-31
«La croce sia per voi, come è stata per il Cristo, la prova dell'amore più grande. Non esiste forse un rapporto misterioso tra la rinuncia e la gioia, tra il sacrificio e la dilatazione del cuore, tra la disciplina e la libertà spirituale?
Ammettiamolo, figli e figlie in Gesù Cristo: nel momento presente, è difficile trovare uno stile di vita che sia in armonia con questa esigenza. Troppe sollecitazioni contrarie vi spingono a cercare, anzitutto, una azione umanamente efficace. Ma non tocca a voi dare l'esempio di un'austerità gioiosa ed equilibrata, accettando le difficoltà inerenti al lavoro e ai rapporti sociali e sopportando pazientemente le prove della vita con la sua angosciosa insicurezza, quali rinunzie indispensabili per la pienezza della vita cristiana? In mezzo a queste pene, grandi o piccole, il vostro fervore interiore vi fa scoprire la croce di Cristo e vi aiuta ad accoglierle con fede ed amore.
A questa condizione voi darete la testimonianza che il Popolo di Dio attende: uomini e donne capaci di accettare l'incognita della povertà, di essere attratti dalla semplicità e dall'umiltà, amanti della pace, immuni da compromessi, decisi all'abnegazione totale, liberi ed insieme obbedienti, spontanei e tenaci, dolci e forti nella certezza della fede: questa grazia vi sarà data da Gesù Cristo in proporzione del dono completo che avrete fatto di voi stessi, senza più riprenderlo ».
Pausa di silenzio
Per un confronto personale
E’ bello sapere Signore che il chicco di grano che muore porta molto frutto! Quante volte ci sentiamo schiacciati dal peso della croce e tutto ci sembra senza senso assurdo. Accresci in noi il dono della fede che ci fa credere che ogni nostra sofferenza offerta per amore può portare grandi frutti grazie al tuo Amore.
La storia del chicco di grano è quella di morire per moltiplicarsi; la sua funzione è quella di un servizio alla vita. L'annientamento di Gesù è paragonabile al seme di vita sepolto nella terra. Nella vita di Gesù amare è servire e servire è perdersi nella vita degli altri, morire a se stessi per far vivere. Ogni discepolo, se vuole essere tale, deve imitare il Maestro (Gv.12,25-26) entrando in questo dinamismo. Sei disponibile a vivere la logica del chicco di grano?
La tua vita esprime il dono di te stesso? È una semina di amore che fa nascere amore? Sei consapevole che per essere seme di gioia, perché ci sia la gioia nel campo di frumento è necessario il momento della semina?
Puoi dire di aver scelto il Signore se poi non abbracci con Lui la croce? Quando si scatena in te la dura lotta tra il «si» e il «no», tra il coraggio e la paura, tra la fede e l'incredulità, tra l'amore e l'egoismo, ti senti smarrito pensando che tali tentazioni non si addicono a chi segue Gesù?
Canto
Preghiere spontanee
Preghiera
Grazie Signore perché hai preso su di te ogni nostro dolore per trasfigurarlo con il tuo amore. Grazie perché tu che sei la via hai voluto percorrere la via della croce perché il non senso della sofferenza potesse essere riempito di senso. Grazie al tuo immenso amore la croce è diventata via per il Paradiso e in te troviamo quel cireneo che rende leggero e dolce ogni nostro giogo. Grazie perché tu ci hai rivelato che "il chicco di grano se muore porta frutto" ed ora sappiamo che la sofferenza non è un assurdo insopportabile peso che ci prostra a terra e ci fa perdere la gioia di vivere, in te con te ogni dolore offerto per amore porta grandi frutti! Certo la sofferenza resta per tutti noi un grande mistero difficile da accettare e da comprendere ma sappiamo che tu hai scelto la via della croce per renderci partecipi della tua gloria ed ora ogni sofferenza vissuta in te ci dischiude nuovi orizzonti di Cielo. Amen
Canto Eucaristico
Benedizione o deposizione del Santissimo
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