“Con lo Spirito Santo fissiamo lo sguardo sul nostro popolo”
21/febbraio/2007
Mercoledì delle ceneri
Cari fratelli e sorelle, il nostro peregrinare si fa più
intenso contemplando, il mistero che ha ridato vigore alla nostra vita, il
mistero della nostra riconciliazione con Dio per mezzo di Gesù Cristo, che ha
sofferto, è morto ed è risorto per i nostri peccati. Ci prepariamo camminando,
ed ogni cammino implica una partenza, ci chiede di uscire. La storia del popolo
di Dio e della chiesa è segnata fin dall’inizio dalla rottura, dalla partenza e
dagli spostamenti. L’intuizione, la risposta alla grazia di questi grandi, ha
reso feconde le loro vite e alimentato con il suo spirito il cammino della
chiesa per molti secoli. Questa caratteristica è fortemente simbolica: si
tratta di un invito a scoprire nella condizione di itineranza il movimento del
cuore che ha bisogno di uscire per poter rimanere, di cambiare per poter essere
fedele. Tuttavia, in questa tensione il nostro cuore continua a sentire le
conseguenze della paura. Non c’è dubbio che i tempi cambiano r che le
situazioni non si ripetono, ma i modi di affrontare la vita hanno
caratteristiche molto comuni questo può
diventare, per noi, una costante fonte di aspirazione e saggezza per affrontare
il nostro momento. Vi chiedo di vivere intensamente come chiesa orante, riflessiva,
penitente e adorante questo tempo, affinchè la grazia venga abbondantemente
riservata su tutti noi e su tutto il popolo santo di Dio. Dobbiamo rispondere
con più fedeltà evangelizzatrice alla sfide che questa città e la sua gente ci
presentano. Una fedeltà che stiamo cercando di scoprire nell’ambito di quello
che abbiamo chiamato alcuni anni fa “<<stato di assemblea”>>.
Durante questo cammino penso ora a Giona che Gesù stesso utilizzò per
annunciare la propria morte e la risurrezione. Credo che la figura di questo
profeta fuggitivo dissenziente, lamentoso ma alla fine fedele, possa aiutarci
nel nostro pellegrinaggio. Come Giova, anche noi troviamo difficile e
travolgente la realtà a cui siamo inviati. Emergono nuove esigenze che ci
chiedono risposte inedite. Mentre prima riuscivamo ad arrangiarci molto bene da
soli, facendo le cose a modo nostro, la frammentazione che la nostra società
sta subendo ci mette difronte all’esigenza evangelizzatrice di un’identità
ecclesiale che sgorghi da una maggiore comunione. Questo spirito di comunione rafforzerà
la nostra unità con l’armonia dello Spirito Santo e ci difenderà dalla
vertigine da cui siamo tentati quando vediamo vacillare le nostre sicurezze e
ci rendiamo conto che perfino il nostro sistema di lavoro pastorale, può essere
costretto ad assumere una forma nuova. Nel nostro cammino ecclesiale abbiamo
fatto e continuiamo a fare sforzi enormi
su diverse strade, abbiamo sostenuto e sosteniamo diversi modi di essere
pastori, abbiamo affrontato e continuiamo ad affrontare crisi e scossoni, abbiamo
visto e vediamo che molti dei progetti a cui dedichiamo tempo e sforzi si
rivelano incapaci di mantenere vivi i nostri desideri e le aspettative
evangelizzatrici mentre perdiamo tanta gente per strada. Dopo ogni tempesta,
tuttavia, prima o poi si ricomincia. Ma quando crediamo di essere tranquilli
nel ventre della balena, ci sorprende l’evidenza che tutto ciò che abbiamo
realizzato non era niente di più che una tappa, e che ora la balena ci ha
rigettato nella Ninive di un mondo in cui Dio sembra più assente di prima, un
mondo a cui noi, con le parole che diciamo, non interessiamo e che ritiene
irrilevanti e superati i valori che cerchiamo di annunciare. Questa realtà ci
ha chiamati a trovare il modo di accogliere di nuovo tutti, facendo delle
nostre parrocchie e geografiche pastorali santuari in cui fare esperienza della
presenza di Dio che ci ama, ci unisce e ci salva. La nostra identità e
autostima si sentono minacciate; ci si presentano problemi per i quali
apparentemente non abbiamo una risposta. Siamo una minoranza e opponiamo
resistenza all’idea di essere<< uno fra i tanti>>. Quando ci
lamentiamo dei problemi che abbiamo, forse facciamo resistenza a uscire da un
territorio che conoscevamo e riuscivamo a gestire. Tuttavia, le stesse difficoltà
possono essere come la tempesta, la balena, il verme che fece seccare il ricino
di Giova o il vento e il sole che gli scottarono la testa, e, come fu per lui,
possono avere la funzione di costringerci a ritornare dalle nostre evasive<<
Tarsis>> per avvicinarci a Ninive e, soprattutto, per superare la paura
di questo Dio che è tenerezza e che ci viene incontro per avvicinarci con la
sua grazia e guidarci in una itineranza costante e rinnovatrice. E come Giona,
anche noi possiamo ascoltare una chiamata persistente che ci invita a rivivere
l’avventura di Ninive, ad accettare il rischio di essere protagonisti di una
nuova evangelizzazione, frutto dell’incontro con Dio che è sempre una novità e
che ci spinge a fare una scelta decisiva, a muoverci per andare al di là di ciò
che conosciamo, dove c’è l’umanità più ferita e dove gli uomini, sotto
l’apparenza della superficialità e del conformismo, continuano a cercare la
risposta alla domanda del senso della vita. Aiutando i nostri fratelli a
trovare una risposta, anche noi ritroveremo
il senso di tutta la nostra azione, il luogo di tutta la nostra preghiera e il
valore di tutta la nostra dedizione. Facciamo in modo di camminare alzando lo
sguardo per vedere molto più in là e per trovare, in fondo a noi stessi, ciò
che dobbiamo lasciare affinchè Gesù evangelizzi come maestro; per poter
arrivare dove è arrivato il nostro sguardo partendo dallo spirito. Spostiamoci
senza paura verso tutte le periferie, verso tutti i confini, uniti nella
chiesa, assemblea unita e sostenuta dal Dio della vita. Che questo camminare
sappia discernere ciò di cui ha bisogno, e ad ogni nuovo passo ne faccia
seguire un altro, senza prevedibilità né ricette magiche, ma con apertura
generosa allo spirito, che guida la storia per le vie di Dio.
Vi chiedo, per favore, di pregare per me….. . con affetto
Papa Francesco
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